Chiesa
di Raffaele Dicembrino
Papa Francesco pellegrino in Africa
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C’è il dialogo ecumenico, con la partenza insieme a due leader di altre confessioni cristiane. C’è il tema della pace, in due terre sconvolte da violenze, attacchi terroristici, cambiamenti climatici, sfollamenti. C’è il ricordo dei martiri e dei missionari. C’è l’incoraggiamento alla comunità cristiana, tra le più vive e giovani del mondo. C’è anche una nuova dimostrazione d’affetto con l’‘ostinazione’ del Papa – come fu per la Repubblica Centrafricana del 2015 – a non voler rinunciare a un viaggio in Paesi in cui, tra difficoltà logistiche e minacce per la sicurezza, non è mai facile viaggiare. Tra meno di una settimana Papa Francesco sarà in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, tappa, quest’ultima, desiderata dal 2017 ma sempre rimandata a causa della recrudescenza delle violenze, e che ora si realizza insieme al primate della Chiesa anglicana Justin Welby e il moderatore della Chiesa di Scozia, Ian Greenshields. È il 40.mo viaggio del pontificato, sarebbe dovuto essere il 37.mo prima di Kazakhstan e Bahrein perché programmato nel luglio 2022. Ma i problemi di salute legati al ginocchio e le terapie portate avanti nei mesi precedenti, hanno costretto il Papa a rimandare la visita. Per non far mancare comunque la sua vicinanza ai due popoli, Francesco aveva inviato in quei luoghi il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, che in ogni appuntamento pubblico ha sempre voluto ribadire di non essere venuto “in sostituzione ma ad aprire la strada al Santo Padre”. E pure la gente, dai vescovi ai politici e i fedeli, non ha mai detto “se il Papa verrà…”, ma “quando il Papa verrà…” certa che la promessa sarebbe stata mantenuta. Così sarà dal 31 gennaio al 5 febbraio prossimi, con la prima trasferta internazionale di Francesco del 2023, primo Papa dopo 37 anni dal viaggio di Giovanni Paolo II a ritornare nella Repubblica Democratica del Congo, primo in assoluto a toccare il suolo del Sud Sudan, il Paese più giovane del mondo dalla dichiarazione di indipendenza del 2011. “Un viaggio bello” per portare “una parola di pace”, ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, in un briefing di presentazione in Sala Stampa vaticana, durante il quale, in risposta alle domande dei cronisti sulla sicurezza, ha chiarito che “non c’è nessuna minaccia specifica”. “Grande è lo sforzo delle autorità locali per garantire la sicurezza”.
Il timore è riferito ai recenti attacchi nei pressi di Kinshasa, l’ultimo in una Chiesa pentecostale di Kasindi che ha provocato diversi morti. Le ferite non curate da anni nel Paese hanno allargato un conflitto che oggi vede circa cento gruppi di guerriglia impegnati negli scontri, con una situazione drammatica all’est del Paese orientale “al centro di molti interessi, teatro di conflitti e violenze di varia natura”. In Sud Sudan, nonostante gli accordi di pace del 2018, la violenza non è mai cessata e dal 2013, a due anni dall’indipendenza, si sono alternati sforzi e ottimismo a drammatici episodi legati alle violenze. Anche lì, migliaia di morti. Ad aggravare il tutto, crisi alimentari, siccità e alluvioni.