Società

di Giuseppe Udinov

Canne, ictus ed infarto

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Droghe leggere, conseguenze pesanti. Brutte notizie per i supporter - anche politici - dello spinello libero. Uno studio di ampia portata ha confermato quel che gli esperti già supponevano e osservavano da tempo: esiste una correlazione tra malattie cardiovascolari e consumo di cannabis, con un aumento del rischio di patologie direttamente proporzionale alla frequenza di assuzione. E per chi fa uso quotidiano di marijuana, la probabilità di coronaropatie negli anni successivi aumenta addirittura del 34%. L’indagine, presentata durante il recente convegno annuale dell’American College of Cardiology a New Orleans, ha così demolito le teorie di quanti miminizzano (o addirittura negano) gli effetti negativi della cannabis, proponendone invece la legalizzazione “a uso ludico”. Lo studio, coordinato dal’università di Stanford in California, ha analizzato i dati di 175mila persone in 340 centri statunitensi, partecipanti all’All of Us Research Program dei National Institutes of Health. I ricercatori hanno valutato la correlazione tra l’assunzione di prodotti derivati dalla cannabis e la frequenza di comparsa di coronaropatie negli anni successivi, verificando che esiste un effetto dose-risposta per cui, all’aumentare dell’impiego di marijuana, sale anche la probabilità di problemi cardiovascolari. I risultati dell’indagine hanno appunto evidenziato un incremento del 34% di rischio coronaropatie in chi fa uso quotidiano di cannabis, mentre il consumo sporadico mensile non è associato a un incremento significativo.“Le droghe, di qualsiasi natura, sono state più volte associate a conseguenze cardiovascolari serie: questi dati mostrano che anche una sostanza ritenuta a torto ‘leggera’ può comportare un maggior rischio di coronaropatie e, nel tempo, contribuire alla comparsa di eventi come l’infarto o l’ictus”, ha spiegato il professor Pasquale Perrone Filardi, presidente della Società Italiana di Cardiologia, spiegando come le risultanze della ricerca abbiano evidenziato aspetti degni di approfondimento. I riscontri scientifici mettono di fatto a tacere quanti sostengono la necessità di legalizzare le cosiddette droghe leggere, facendo appunto una distinzione rispetto a quelle classificate invece come pesanti. Di recente, rispondendo a un’intervista sui social, anche la deputata dem Elly Schlein si era detta “decisamente favorevole alla legalizzazione della cannabis. Lo stesso aveva fatto l’ex sardina Mattia Santori. Chissà se i recenti studi li indurranno a rivedere certe posizioni in materia.

I medici stessi, infatti, invitano ad andarci molto cauti. Se i danni cardiovascolari “frequenti e gravi” provocati da droghe come la cocaina erano già noti, quelli prodotti da sostanze più leggere sono ancora in fase di studio. “Queste nuove evidenze preoccupano, perché indicano che qualcosa di analogo potrebbe avvenire con l’uso di droghe ancora più diffuse come la marijuana o l’hashish derivati dalla cannabis”, ha affermato il profesor Perrone Filardi. Del resto - ha proseguito - “sappiamo che in cuore e vasi ci sono recettori per i tetraidrocannabinolo, il mediatore degli effetti psicoattivi della cannabis, che proprio interagendo con tali recettori sembra in grado di indurre infiammazione locale e quindi favorire la comparsa di placche aterosclerotiche che possono provocare coronaropatie”.

Da qui, e alla luce dei recenti studi, la Società Italiana di Cardiologia ha evidenziato la necessità di “studiare meglio i meccanismi che potrebbero sottostare al danno cardiovascolare da cannabis”. I nuovi dati - hanno concluso i professori Perrone Filardi e Indolfi - “preoccupano e impongono di diffondere una maggiore informazione sulle conseguenze dell’uso di queste droghe”. Secondo i due esperti, chi fa utilizzo di cannabis dovrebbe quindi parlarne al proprio medico per monitorare la propria salute cardiovascolare, mettendo eventualmente in campo strategie di riduzione del rischio in caso di disturbo da abuso di cannabis.

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07/03/2023
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