Società
di Giuseppe Udinov
Gli adolescenti e gli psicofarmaci
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«Gli adolescenti che in Italia fanno uso di psicofarmaci sono l’11% del totale». Con il caso della 18enne di Monza morta dopo una festa per un mix di alcol e farmaci, torna la preoccupazione per un crescente disagio giovanile post pandemico. Giulio Costa, psicologo e psicoterapeuta familiare, autore del saggio “La disciplina dell’imperfezione” (Sperling & Kupfer), fa parlare i numeri «La percentuale di chi fa uso di farmaci tra i 15 e i 19 anni è passata dal 7 all’11% in un solo anno».In che modo riguarda la cronaca? «Questo episodio ci permette di riflettere sull’aumento dell’uso di psicofarmaci tra gli adolescenti: alcune recenti statistiche relative al 2022 riportano che circa 300 mila adolescenti in Italia hanno fatto uso di psicofarmaci senza prescrizione medica. Se a questi si aggiungono quelli che ne fanno uso con prescrizione medica, i numeri diventano alti in termini quantitativi e drammatici in termini qualitativi».In che senso?«C’è una diffusione di psicofarmaci con le modalità dello spaccio. La quota più massiccia è quella degli antidolorifici oppioidi, l’ossicodone, per esempio. Chi lo prende vuole anestetizzare un dolore psichico. Accanto alla diffusione illecita, c’è anche quella “familiare”. In ambienti domestici dove l’uso dell’antidepressivo ha funzionato con un genitore è più facile che l’adolescente vi si affidi. Succede, quindi, che il genitore diventi un prescrittore interno».Perché i giovani sentono la necessità degli antidepressivi?«Per tre motivi. Aggirare le code per accedere a servizi di assistenza psicologica. Dopo la pandemia, la richiesta di aiuto è aumentata e il sistema pubblico non riesce a gestirla. Quello privato è troppo costoso per un adolescente. La vergogna nei confronti dei genitori, - non dei coetanei, questa generazione ha sdoganato il tabù della salute mentale - non voler dar loro preoccupazioni o deluderli. Il terzo motivo è la pressione sociale dell’essere sempre performanti e per esserlo occorre “anestetizzare” le fragilità e le frustrazioni».L’alcol è “passato di moda”?«Assolutamente no. Resta la prima causa di morte negli adolescenti. Rientra anche in una fisiologica predisposizione adolescenziale di sfidare il limite. Il problema è quando quella sfida diventa disfunzionale e le conseguenze sfuggono di mano».Cos’è che preoccupa tanto i ragazzi, insomma?«L’aspettativa sociale: quello che pensano i genitori, i professori, l’allenatore. Ma anche la consapevolezza di dover diventare adulti: per esempio la scelta del proprio futuro dopo la maturità».