Storie

di Gabriele Alfredo Amadei

Il fallimento delle banche

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La clamorosa notizia del fallimento di una grande, anche se non grandissima, banca americana, la Silicon Valley Bank - SVB - (16° fra le principali banche americane, con un bilancio di 250 - 300 miliardi di $), seguita dalla Signature Bank dopo un paio di giorni, genera una giusta preoccupazione considerando gli effetti catastrofici del fallimento della Lehman Brothers nel 2008.

Le cause tuttavia sono differenti, e gli esperti giornalisti economisti (Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, il 13 marzo u.s.) le hanno chiarite bene.
L’origine del fallimento si deve attribuire all’aumento dell’inflazione cui stiamo assistendo da ormai quasi un anno. L’inflazione ha generato l’emissione di nuovi titoli di investimento (bonds), soprattutto pubblici, con interessi di rendimento più vantaggiosi rispetto a quelli emessi negli ultimi 10-20 anni. Siamo passati da rendimenti del 1%, ma anche del 0%!, a rendimenti intorno al 2 –2,5%. Queste nuove emissioni hanno praticamente “svalutato” i bonds precedenti.
E’ importante notare che in realtà, i vecchi bonds saranno comunque rimborsati nei limiti previsti, senza alcuna perdita economica per chi li ha acquistati, a parte il minore rendimento rispetto alle nuove emissioni. Ma in caso di vendita anticipata del titolo, prima della scadenza, chiaramente il cliente si vedrà ridotto il ricavato rispetto a quanto aveva speso per acquistarli. Si parla di un deprezzamento del 20-30%!
Le banche avevano acquistato massicciamente questi titoli, anche per la sicurezza dell’investimento (in Europa soprattutto grazie alle manovre di Draghi), il cui valore tuttavia non rappresenterebbe un danno reale se conservati fino a scadenza. E appunto questo è il sistema adottato, sempre, dalle banche, per evitare di far figurare nel bilancio un deficit più o meno grave.
La SVB aveva appunto oltre 91 miliardi di $ investiti in tali bonds a 10-20 anni (su un bilancio di 200 -300 miliardi), e tutto sarebbe andato liscio, se la crisi economica non avesse indotto molti correntisti (soprattutto grandi aziende) a richiedere liquidità per far fronte alle nuove esigenze economiche. La SVB, per far fronte alla richiesta di liquidità, ha dovuto quindi mobilitare una parte di tali titoli svendendoli con un danno iniziale di oltre 1,8 miliadi di $.
Ciò ha comportato in breve tempo un allarme fra i correntisti che hanno cercato di recuperare quanto depositato nella SVB con il conseguente completo fallimento della banca.
Il problema economico che deve essere risolto, sia a livello finanziario, sia a livello regolatorio, sarà quello di stabilire se gli interventi sui tassi di interesse dovranno essere alzati per contrastare l’inflazione, danneggiando ulteriormente le banche, o cercare di salvare più possibile la tenuta delle banche.
È quanto è accaduto, con tutte le limitazioni di una sintesi, e sicuramente accadrà, nel mondo della finanza, del credito, dell’economia, e dei nostri conti correnti nel prossimo futuro.
Quello che non si dice, e soprattutto non si mette in evidenza, è il motivo per cui l’inflazione, soprattutto in Europa, sia cresciuta tanto negli ultimi 12-18 mesi. Una tendenza inflazionistica si era
già lentamente evidenziata da oltre un anno, ma con valori inferiori allo 0,1%. Poi, è andata sempre più crescendo, determinando i recenti interventi delle banche centrali che hanno iniziato ad alzare i tassi di interesse, nel tentativo di frenarne l’avanzata (maggiore l’inflazione, minore deve essere la disponibilità di soldi, scoraggiandone la richiesta).
Uno dei principali motivi dell’inflazione è stato l’aumento del costo dell’energia. Avventate politiche continentali per scoraggiare l’uso dei carburanti fossili (carbone, petrolio, gas) senza una valida alternativa disponibile (anche il nucleare è bandito), ha impedito a molti governi l’adozione di contratti a lungo termine per garantirsi approvvigionamenti a costi contenuti. L’effetto ha comportato un continuo rialzo del costo delle principali fonti energetiche. Questo aumento non si è tradotto solo nella rinuncia al riscaldamento delle case, ma nel fallimento di numerose piccole medie imprese, e soprattutto un ovvio rialzo di tutti i beni e servizi. E’ facile immaginare quanto possa incidere un rialzo dei carburanti sulla produzione agricola, industriale, artigianale, sui trasporti, fino anche alle stesse spese sanitarie e sui costi della pubblica amministrazione.
Inizialmente questi aumenti del costo dell’energia sono stati anche visti, da alcuni dei nostri “tecnocrati”, in modo favorevole per costringere la “conversione green” verso fonti alternative, la cui applicazione e disponibilità è ancora molto lontana.
La guerra in Ucraina è stata solo il passo successivo a questa crisi che comunque si sarebbe sviluppata: le sanzioni al commercio del gas e petrolio russo non erano solo una reazione all’invasione di quello stato, ma soprattutto l’obiettivo delle politiche adottate dalla comunità europea per la conversione verde tanto agognata. E quando al mercato si sottrae una considerevole percentuale di un prodotto, dal 25 al 30%, è naturale che il costo di quel prodotto aumenti considerevolmente.
E’ importante che sia ben chiara l’origine, le cause e soprattutto le responsabilità di coloro che in questo modo hanno determinato (su tutti, non solo sulle banche interessate) gli effetti di scelte azzardate e incaute forzando la direzione dell’economia, della produzione e delle risorse, per conseguire obiettivi utopistici, per non dire immaginari. In economia sono le scelte individuali che, sommandosi in grandi numeri, indirizzano il mercato a scegliere un prodotto piuttosto che un altro.
E’, dovrebbe essere, la “base” – gli utilizzatori - a determinare il successo o il fallimento di un prodotto. Quando le scelte sono calate dall’alto, o peggio, quando il “potere” (politico od economico) vuole forzare la mano sulle scelte, indirizzando gusti o preferenze, si ottengono sempre disastri. Eppure i tentativi del secolo passato, di realizzare mondi perfetti disegnati a tavolino,
avrebbero dovuto suggerire scelte più avvedute, e soprattutto più vicine alla persona, ai suoi bisogni reali.

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15/03/2023
2903/2023
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