Storie

di Roberto Signori

C’è posto per tutti, venite

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Nelle ultime settimane in Italia si è assistito a un incremento elevato degli arrivi, in particolare a Lampedusa, figli dell’aumento delle partenze dalla Tunisia che, stando ai rapporti del Viminale, hanno superato quelle dalla Libia. Sui barchini, spesso in metallo, che lasciano le coste di Sfax e di altre città costiere prospicienti la piccola isola italiana non ci sono solo tunisini ma si tratta per la maggior parte di migranti subsahariani. Nelle chat dei facilitatori di “convogli” non sono rari gli annunci in cui si specifica che non sono ammessi tunisini a bordo delle carrette del mare, probabilmente in risposta a quanto sta accadendo nel Paese di Kaïs Saïed.

In una di queste chat, impegnato in una discussione su quale sistema di guida sia meglio a bordo dei barchini, abbiamo incrociato anche un migrante che, almeno stando alle sue parole, ora si trova in Italia. Sarebbe arrivato a Lampedusa con gli sbarchi degli scorsi giorni e sembra entusiasta di quello che ha trovato nel nostro Paese. Con gli altri partecipanti alla chat, che a differenza sua si trovano ancora in Tunisia in attesa del “convoglio” giusto per raggiungere l’Italia discute del miglior modo per non farsi tracciare dalla marina tunisina in acque territoriali e di come non perdere l’orientamento durante la navigazione per arrivare rapidamente in Italia. Nel corso di quella conversazione si è interfacciato anche con un partecipante che ha raccontato di non essere riuscito a partire ma di voler raggiungere l’Italia.

A lui, con grande semplicità, il migrante già in Italia replica: “Preghiamo per voi che siete rimasti lì. C’è posto per tutti, venite”. Davanti alle immagini che arrivano dall’hotspot di Lampedusa al collasso e agli sforzi immani che sta compiendo il nostro Paese tra navi e aerei militari impiegati per i trasferimenti, oltre che personale dislocato per le emergenze, stona leggere che uno dei migranti che ne sta usufruendo inviti gli altri a partire perché in Italia “c’è posto per tutti”. In questi giorni fervono i preparativi per nuove partenze, che ritardano solo per le non ottimali condizioni meteo.

Da quanto abbiamo avuto modo di appurare, i facilitatori raggruppano i migranti pronti a partire in abitazioni, spesso fatiscenti, non lontane dalla costa in cambio di qualche centinaio di dinari, finché non sopraggiungono le condizioni per la partenza. Qui vengono anche ospitate le donne, che se non dispongono del denaro sufficiente per la traversata, se vogliono imbarcarsi devono concedersi carnalmente ai facilitatori. “Smettila di voler dormire con tutte le ragazze solo perché organizzi il viaggio. Non è degno, cerca una donna, è meglio”, scrive un utente rivolgendosi all’organizzatore che, senza fare una piega, replica: “Questo ha fumato erba stamattina [...] finché non è stupro è legale davanti alla legge”. Tra chi lo difende perché “è uomo ed è fatto di carne” e chi lo implora perché “per favore, ho anche mia moglie che viene lì”, c’è chi mette in guardia: “Le ragazze evitino di andare a Sousse senza i soldi per il movimento, altrimenti il loro corpo ne soffrirà”. Abbiamo anche scoperto che ci sono casi in cui le camere d’aria o, per chi se li può permette, i giubbotti di salvataggio vengono venduti a parte. Al costo della partenza, per avere quella minima percezione in più di sicurezza, i migranti devono quindi aggiungere ulteriori costi da versare ai trafficanti e a tutto l’indotto che specula su questo business della morte.

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16/03/2023
2903/2023
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