Società
di Gabriele Alfredo Amadei
A scuola con la tenda
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E’ stata sufficiente la notizia di una studentessa universitaria che, per protestare per il costo dell’affitto, si fosse fatta un selfie ll’ingresso con una tenda da bivacco per scatenare una ridda di interventi sia a livello di media che politico.
Passi per le manifestazioni sui social, che, come si sa, sono sempre risonanti ed inutili, ma quello che stupisce sono gli interventi politici anche di alto livello.
Si passa da critiche feroci a proclami roboanti, ma sempre senza cogliere la reale dimensione del problema e tanto meno proporre soluzioni efficaci e realistiche.
Sostanzialmente si possono distinguere gli interventi da parte della sinistra da quelli più liberali.
La sinistra, ovviamente, sposa immediatamente l’appello accorato della studentessa, proponendo le solite soluzioni, perché anche se ormai orientata ad una certa borghesia (quella da ZTL, per intenderci), non rinnega adottare soluzioni da soviet supremo: sequestro di immobili sfitti, imposizione di affitti calmierati (alla faccia del libero mercato), fino a sparate sull’uso del PNRR, che nel caso non c’azzeccherebbe nulla (e dimostrando ancora una volta l’ignoranza di certi politici, essendo un fondo per opere strutturali e non per la spesa corrente!).
Ovviamente si propone di fornire agli studenti fuori sede un appartamento, magari anche gratis, per la durata (anche per i fuori-corso?) dello studio. Una specie di “Affitto di studio” magari elargito a scapito di proprietari di immobili, a carico degli italiani, senza limitazioni e sicuramente esposto a qualsiasi abuso (magari con la sola iscrizione ad un corso di laurea, per 5 e più anni hai la casa gratis! O almeno a prezzo minimo).
Opposta, ma anche questa cieca e insensata, la voce dei liberali (il sito de “La zuppa di Porro” ha letteralmente adottato il problema), che inveiscono per la scarsa iniziativa dei giovani, con il confronto della loro storia personale che si sono caricati di ogni disagio pur di studiare, del paragone con chi è costretto a stare in affitti costosi pur di lavorare (paragone che non è per nulla adatto: lo studente non guadagna nulla). Ma soprattutto rinfacciando che già lo Stato gli paga lo studio e quindi è immorale chiedere altro.
Bisogna, ovviamente, fare un po’ di chiarezza.
Prima di tutto lo studio è uno dei (pochi) pilastri su cui lo stato (uno stato veramente intelligente) dovrebbe investire e soprattutto pretendere un risultato tangibile. E’ la scuola (e l’università) che
dovrebbero garantire la formazione di quelle che saranno non solo il gruppo dirigente, ma anche la forza di lavoro qualificato, necessari per il nostro paese e per il nostro futuro. Quindi la
partecipazione dello stato alla spesa per lo studio, non è una elargizione liberale, ma un vero investimento futuro. Negare un aiuto anche economico nel percorso formativo (ovviamente a chi ha bisogno e lo meriti), consisterebbe nel tagliare ad una grande parte della popolazione (per cui lo studio sarebbe un peso economico insostenibile) e privando lo stato e la società del vantaggio di soggetti che potrebbero veramente dare un contributo.
Chiaramente la scuola, e il percorso universitario, non devono essere il dispensatore di un patentino tanto per accontentare giovani e genitori, ma veramente il posto dove educazione e formazione devono essere i criteri fondamentali che ne giustificano la spesa e l’esistenza.
Fatta questa necessaria precisazione, come si potrebbe impostare il problema degli affitti per i fuori sede? Senza imporre nulla, senza atti di prevaricazione sulla proprietà immobiliare, e senza spendere una fortuna con i soliti provvedimenti costosi a pioggia, basterebbe istituire una vera, severa e giusta forma di borsa di studio che sarebbe in grado di evidenziare coloro che, nella reale esigenza economica, avrebbero mostrato serietà di affrontare gli studi e che rappresenterebbero veramente quella promessa di impegno lavorativo e sociale di cui l’Italia ha un disperato bisogno.
Il problema, semmai, sarebbe riuscire a formare, oggigiorno, commissioni in grado di svolgere una tale analisi per attribuire preziosi fondi economici alle persone giuste. E soprattutto, ancora più a monte, creare una scuola che sia in grado di fornire quella formazione utile per gli studenti, e
necessaria per il paese.
Bisognerebbe che tutti si rimboccassero le maniche, e senza gli inutili, e dannosi, proclami, comincino a lavorare per il bene della comunità e della società.