Società

di Mario Adinolfi

L’ERRORE DI ASSISI

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Nelle scorse ore ad Assisi il clou delle “tavole”, in cui si affideranno gli esiti delle lodevoli riflessioni su aborto e dintorni di Miriano, Frullone, Pillon e degli esponenti di ProVita ai soliti interlocutori: la destra di governo e l’ultradestra di Gianni Alemanno in formazione. È l’errore che noi del Popolo della Famiglia sottolineiamo da sempre: se alla fine di una riflessione culturalmente forte e decisiva, che prevede un programma d’azione per far sì che i cattolici in politica con i loro temi siano rilevanti, deleghi ad agire partiti culturalmente incapaci di comprendere quanto prioritari siano quei temi, otterrai una pacca sulla spalla, due candidature in posizione non eleggibile e tutti i giornali che parleranno solo dei politici a cui hai consegnato le luci per la loro passerella. Se la riflessione compiuta è culturalmente forte e decisiva, e lo è, i cattolici che vi si impegnano devono caricarsi anche la croce organizzativa (ben più faticosa da portare) e rassegnarsi al fatto che finché non ci sarà un soggetto politico autonomo che ha i temi della vita (il tema della guerra ne è un corollario) e della difesa della famiglia naturale, con tutto ciò che questo comporta, come prioritari la battaglia non solo non potrà mai essere vinta, ma neanche combattuta.

L’errore di Assisi è l’errore dei Family Day: affidarsi ai politici, quelli che affollavano le nostre manifestazioni del 2015 e 2016, ve li ricordate, da Maurizio Lupi a Giorgia Meloni? Lupi ci tradì subito perché stava già al governo e fece passare la legge Cirinnà e il testamento biologico (il primo passo verso suicidio assistito e eutanasia) per tenersi le poltrone; la Meloni si è sfilata più lentamente, i ProVita continuano ad averla come stella di riferimento, salvo poi trovarsela in campagna elettorale a gridare “non toccherò la legge 194, non toccherò le unioni gay”, poi una volta al governo con la Roccella a proporre “la sanatoria per i figli delle famiglie arcobaleno” e Fratelli d’Italia con tutta la maggioranza a votare nel gennaio 2023 a favore della mozione Pd-M5S che definisce l’aborto come “diritto intangibile della donna”. Nelle scuole dilaga la carriera alias, i leghisti fanno a gara su chi è più “moderno” con Zaia che ormai è un testimonial di aborto, suicidio assistito e eutanasia, su quel che resta di Forza Italia stendiamo un velo. Vannacci appena ha provato ad affermare qualcosa di sgradito al mondo Lgbt è stato destituito, in 24 ore, da questo governo. Non dimentichiamolo.

Assisi è la reiterazione dell’errore compiuto mille volte, Gianni Alemanno basta averlo conosciuto un minimo per sapere che dei nostri temi se ne fotte (chiedere informazioni a Isabella Rauti, che gli è stata moglie). È scaltro e ad Assisi li userà bene e sarà applaudito forte e incasserà la delega, prometterà il solito paio di candidature da non eleggibili alle europee di giugno e noi avremo spostato, senza alcun incasso, ancora più a destra l’asse delle nostre rivendicazioni.

Credo che la sfida per i temi pro-life, per l’ambizione più complessiva di un ritorno del cattolicesimo politico in un ruolo da protagonista del cambiamento tumultuoso della società, sia decisamente più ampia e trasversale. La segreteria Schlein mette in crisi moltissimi cattolici che votano Pd, la morte di Berlusconi scongela tanti voti di anziani, il ridicolo spettacolo del sedicente terzo polo produce ribrezzo a chi ha votato Renzi e Calenda. Dobbiamo costruire una casa in cui ogni cattolico che la domenica va a messa (e voglia essere conseguente ai cardini della fede che professa) possa sentirsi a proprio agio. L’ultimo rapporto Istat mette nero su bianco la cifra: i giornali hanno titolato che “solo” il 21% degli italiani va a messa. Bene, sono dodici milioni di persone. Ammesso che la metà sia ormai fregata dal voto ai partiti tradizionali, per incoerenza (voti a sinistre e M5S) o convenienza (voto all’area di governo chiamato “voto utile”), esistono almeno sei milioni di cattolici che sono arruolati stabilmente nella sempre più vasta area dell’astensione. Ad ogni elezione noi del Popolo della Famiglia ne convinciamo alcuni a dare il voto all’idea di costruzione della casa sopra indicata. Qualcuno la chiamava “cattedrale” e ci spiegava che sarebbero serviti anni e pazienza per edificarla. Poi si è subito spazientito e ha lasciato il progetto. Noi lo teniamo in piedi e senza aver paura di incontrare compagni di viaggio (lo abbiamo fatto con Alternativa popolare, con Exit, con altre associazioni e partiti in ambito locale), ma a una condizione decisiva: programma e priorità li dettiamo noi. E teniamo l’asset organizzativo. Non deleghiamo.

Faremo così anche alle europee. Se tutto il mondo pro-life si unisse in questa battaglia, senza delegare alla solita destra disinteressata ai nostri temi, ma costruendo una casa comune e autonoma, questa sarebbe la vera novità politica del 2024. Noi del Popolo della Famiglia, con la nostra nota virtù della tenacia, continuiamo ad edificare con pazienza quella che prima o poi vedremo completata e chissà che davvero non sia una cattedrale.

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11/09/2023
0410/2023
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