Chiesa

di Tommaso Ciccotti

Il Papa ai sacerdoti: cuore e porte aperte a tutti

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“La Chiesa è una casa dalle porte aperte”, così Papa Francesco nel discorso rivolto a un gruppo di sacerdoti ispanici negli Stati Uniti ricevuti in udienza oggi, 16 novembre, in Vaticano. Condendosi molte aggiunte a braccio, rispetto al testo preparato, usa molte immagini evocative per ribadire l’importanza di vivere in un costante spirito di servizio per la cura soprattutto dei più fragili.

Mentre raccomanda di fare attenzione alla tentazione della “raffinatezza ecclesiastica” priva di apertura al popolo - “questo non va bene”, afferma - il Pontefice invita a guardare a Cristo, aldilà di ogni altro libro di riferimento. Con le parole di Santa Teresa di Gesù, precisa che è Lui il “libro vivente”, ed è dunque la persona di Gesù “il libro” a cui ispirarsi di continuo nell’apostolato. Quindi insiste sulla necessità di spendere tempo meditando le Scritture, soprattutto recuperando il senso dell’adorazione:

Dobbiamo trovare il Signore nel silenzio dell’adorazione. Se io domando ora – non lo chiederò per non far arrossire nessuno – ma se io domandassi ora quante ore di adorazione fate ogni settimana, sarebbe un buon test. Butto lì la domanda ma ognuno risponde dentro di sé. No, perché è troppa fatica, perché qui, perché là... Se tu non preghi, se tu non adori, la tua vita vale poco.

Alcuni tra i santi “eccelsi” che si sono specializzati nel “leggere questo libro vivente”, in silenzio davanti al tabernacolo, sono il beato Carlo Acutis e san Manuel Gonzáles, le due figure che sono state scelte come patrone del Congresso eucaristico nazionale statunitense, in preparazione per l’anno prossimo. Proprio da una catechesi di san Manuel, Francesco prende spunto per la sua riflessione in risposta alle domande poste al Pontefice da questi preti circa il proprio apostolato contemporaneo. Il modello è quello delle donne presso la croce di Gesù: il Papa invita a immergersi nel loro stato d’animo.

La stessa impotenza, lo stesso desiderio di agire contro l’ingiustizia, che vissero le sante donne in quei momenti, possiamo provarli noi di fronte alla problematica degli immigranti, alla chiusura di certe autorità civili e religiose, alle sfide dell’interculturalità, alla complessità dell’annuncio, tante cose. Il Vangelo deve incarnarsi nell’oggi, nel qui ed ora. Poiché Gesù non smette di soffrire nei fratelli e enlle sorelle. L’esortazione del Papa è chiara: In ogni tabernacolo, in ogni calice consacrato, vediamo ergersi la croce, e ci chiede: “Possiamo fare qualcosa per alleviare il Cristo sofferente di oggi? Fatelo, avanti al più presto” ma fatelo consapevoli che “la Passione sarà la compagna del Gesù dei vostri tabernacoli” in ogni fratello e sorella che soffre, e ciò che Dio vi chiede è di non lasciarli soli. Non lasciate soli quanti soffrono, non lasciate solo il Signore del Tabernacolo, convincetevi che non potete fare nulla con le mani se non lo fate con le ginocchia. E poi il servizio. Ma è come il ping pong, una cosa tira l’altra, una cosa tira l’altra. Il Pontefice invita inoltre i sacerdoti a non “accomodarsi” in un lavoro “impiegatizio”, imprigionato in orari fissi. Per favore, prima la gente, poi l’orario, non diventate “impiegati” del sacro, che è il pericolo di questa cultura, rivedete la vostra dedizione alla gente, la vostra apertura del cuore. Francesco esorta a non fermarsi dinanzi all’appartente ingenuità di certe espressioni dello stesso giovane Acutis che parlava di “autostrada per il cielo”, così come, tornando ancora al modello delle opere sociali e apostoliche di san Gonzáles, rassicura quanti sarebbero portati a spaventarsi. In fondo, afferma il Papa, bastano fedeltà e costanza e fiducia in quel Dio che completa l’opera dei suoi figli. Portare avanti l’opera pastorale senza riserve, senza risparmio, senza schemi preconfezionati: “Ciò che un prete può fare inizia oggi, con la preghiera semplice, la parola vicina, l’accoglienza fraterna e il lavoro perseverante”, cita ancora Gonzáles. E qui racconta di un prete che in un quartiere povero si barricava in casa per non essere importunato fuori dagli orari canonici. “Speriamo che seminiate molto - chiosa - e speriamo che non dobbiate prendere pasticche per dormire perché arrivate stanchissimi a sera”. E aggiunge: Fratelli, non riponete la vostra fiducia solo nelle grandi idee, né in proposte pastorali ben delineate, mi fanno paura quando vengono con tutti quei programmi pastorali perché li realizzino altri e non io, no. Non cercate colpevoli. “Non ha funzionato perché è colpa sua, io non ho fatto nulla”. Cercate voi stessi nell’umiltà pastorale. Abbandonatevi al Signore che vi ha chiamati a donarvi, e vi chiede solo solamente fedeltà e costanza. Ancora una immagine per dire ai preti di tenersi alla lontana dalla tentazione di fare l’arrampicatore sociale, ecclesiale: quella delle “unghie sporche”. Non abbiate le unghie sporche, ma le unghie pulite, perché le unghie si sporcano quando il prete inizia a scalare. E scalatori per quell’incarico, per quella parrocchia, per quel canonicato, e allora la promozione umana supplisce alla gratitudine dell’annuncio. E se perdete questo, sarete poveri preti che hanno perso la speranza della loro vita. Recuperate sempre la chiamata di Gesù a servire, a disposizione degli altri. Non abbiate le unghie sporche per scalare, no. Perché poi quando uno arriva in alto, quello che si vede è abbastanza indecente, non lo voglio dire!

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17/11/2023
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