Storie
di Fabio Annovazzi
VINCENZO IO TI AMMAZZERO’, SEI TROPPO STUPIDO PER VIVERE
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I muri locali delle frazioni in alto al paese portano ancora i segni delle sue scorribande con pennello e vernice in mano. In alcune circostanze l’attento visitatore venuto da fuori mi ha posto la domanda canonica sul perché vi siano i simboli della cristianità dipinti qui e là anche nei posti più inverosimili, tipo anfratti nascosti, fontane in disuso, o muraglie decadenti. La risposta dovuta mi riporta alla memoria l’incauto pittore, il personaggio che con barba nera folta e stempiatura possente coperta da un buffo cappello è stato autore noto e convinto, oltre trent’anni orsono, dei vari patiboli di Cristo ora quasi del tutto scoloriti. Oddio, molti sono stati inghiottiti dalle intemperie, e dall’incedere possente del tempo e si fa fatica a notarli, altri rimangono invece lì in bella vista come
biglietto da visita quasi permanente. Vincenzo è stato l’ultimo abitante della frazione Bastianelli, una porzione del paese ora completamente in rovina ma che decenni orsono aveva un fascino
magnetico e una bellezza architettonica possente. Cosa stiamo perdendo amici miei con l’abbandono della montagna! Il bello che va a sfracellarsi in un ammucchiamento verso centri urbani intasati, tenebrosi e senza cuore. Un uomo buono, di una mitezza evangelica, sempre pronto e disponibile verso tutti e con… tariffa fissa, questo, detto in una riga, era Vincenzo. Non aveva bisogno di assemblee, deliberazioni, programmi per dare apertamente una mano, il suo incondizionato assenso era pressoché certo. Se gli chiedevano un preventivo per una rinfrescata alle barriere, o per qualsiasi opera di alta manovalanza, voleva solo e sempre diecimila lire del rimpianto conio, fossero una due o cento ore di lavoro non importava, la sua richiesta di onorario non cambiava dalla modica cifra a prezzo fissa. In pochissimi paesani però si sono approfittati della sua incredibile magnanimità e hanno saldato ben oltre l’esigua parcella di routine. Il problema era quando aveva colori e pennelli in mano, la croce variopinta te la dipingeva persino sulla macchina nuova se non prestavi massima attenzione. Vincenzo aveva lavorato nelle cave di gesso vicino al paese per un lunghissimo periodo, lì facendo l’autista aveva assistito ad un incidente mortale che gli aveva sconvolto e segnato la vita in maniera permanente, lasciandogli turbe psichiche evidenti.
Spesso borbottava tra se e se farfugliando frasi incomprensibili ad alta voce, oppure rideva di gusto per un nonnulla. L’orologio nella mente si era evidentemente inceppato in quei frangenti drammatici, il dolore e lo spavento avevano avuto il sopravvento scavandogli l’anima ferocemente.
Ma la sua bontà non ha risentito dello choc subito, è rimasta praticamente intatta e genuina, a dimostrazione di un animo gentile e bonario nel profondo. Beati i miti perché erediteranno la terra.
La sua presenza collaborativa e quasi gratuita, ben lo ricordo, è stata fondamentale sia durante i lavori di ristrutturazione della chiesa parrocchiale, sia nei frangenti di restauro della chiesina
dedicata a San Pantaleone nella frazione di Redivo. Stravagante e coi vestiti sgualciti, badava più alla sostanza che all’eleganza, dipingendo dovunque fuori, appena vi era l’occasione propizia, le
grandi croci che portava dentro. Ogni tanto la sorella faceva capolino nell’aiutarlo a disbrigare le faccende domestiche, ma ha vissuto sempre e comunque in maniera più che dignitosa senza
disturbare nessuno e aiutando con tutto se stesso il prossimo. Nei dintorni della sua umile dimora, qui e là tra la vegetazione, aveva costruito persino degli altarini, esponendo anche esternamente in
maniera visibile una palese e rocciosa fede. Spesso e volentieri si ha la malaugurata idea di giudicare con spocchia le persone che hanno atteggiamenti fuori dal comune o risultano piuttosto
bizzarre nel modo di fare. Un errore madornale che non tiene conto di quante menomazioni potrebbe avere sofferto nel passato una persona, quanti traumi possa portare nel suo cuore, quante
ferite esistenziali brucino nel profondo dell’io. Lo scrivente è il primo della lista che cade in questa trappola di giudizio altrui frettoloso e lapidario, mi prenderei a schiaffi ogni volta che mi accorgo di avere gettato involontariamente, con fare incauto, sale sulle ferite altrui. Sono peccati gravi e mortali, spine conficcate sulla fronte di tanti poveri cristi. Queste persone per giunta sono sempre
più scartate dalla liquida società moderna che bada solo all’efficienza; qualcuno in un non lontano passato e in un futuro quasi prossimo potrebbe anche pensare di eliminarli con la scusa del loro “maggiore interesse”. E non è una mia fantasia bieca, semplice constatazione, non amichevole, di questa crudele e decadente Europa che vuole uccidere i Vincenzo perché a loro dire sono troppo stupidi per vivere. Vediamo di non diventare complici di un omicidio efferato. Queste grandi persone sono invece quei sassi, scartati dagli stolti costruttori di case senza fondamenta, che devono divenire pietra angolare per edificare una società più umana, realmente inclusiva, e a misura di persona. Usiamole però queste pietre, non gettiamole via lasciandole in disparte, se no crolla tutto fragorosamente. Vincenzo percorse il tratto finale e doloroso del suo calvario senza una gamba in ospedale a causa del diabete. E’ stato l’ultimo chiodo conficcato nella sua carne, deve avergli fatto un male terribile lontano dal suo amato paese e dalle sue creazioni funamboliche. Mi ricordo che l’agonia durò brevemente, pochi giorni, e il passaggio verso le Alte sfere veloce quanto una pennellata a forma di Croce sui muri del Paradiso.