Società
di Mario Adinolfi
Giulia e le fondamenta
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Titolo a tutta pagina sul Corriere della Sera: Giulia è morta a causa della “idea patriarcale del possesso”. Per Michele Serra su Repubblica è “la malattia del maschio” e ovviamente Concita De Gregorio approfitta della tragedia per emettere la stessa sentenza originata dal commento al film della Cortellesi: “Le fondamenta sono da buttare. Scavare, buttare, rifare da capo”. Ovviamente le fondamenta “patriarcali” di quelle odiose “famiglie normali”, scrive l’editorialista di Repubblica, che finiscono sul banco degli imputati come complici di questa tragedia: “Genitori di sesso diverso, bianchi, premurosi coi figli”. Concita (odia essere chiamata per nome, è “sessismo”) le definisce “famiglie conformi”. Tutte colpevoli e facenti parte chiaramente di quelle “fondamenta da buttare”.
Io ho una regola: non commentare mai fatti di cronaca nera, nell’immediatezza della tragedia. Il rispetto per Giulia, per il suo corpo massacrato per ragioni così imbecilli e futili, l’astio fisico che provo per il suo assassino, mi porterebbero a confermare la mia regola e tacere, perché quando il tasso di emotività è alto si alza anche il rischio di scrivere idiozie. Ma la obnubilante valanga di stupidità e anche di malafede che ho letto ed ascoltato in queste ore mi obbliga a offrire una lettura corretta di questi tragici fatti perché se c’è chi vuole avvelenare i pozzi del rapporto tra uomini e donne, solo nell’immediatezza può funzionare l’assunzione di un antidoto.
Giulia è morta perché ha incontrato sulla sua strada un ragazzo pericoloso e violento. Questa tragedia è accaduta, simile, qualche decine di volta anche quest’anno in ambito familiare o sentimentale. Anche una volta sarebbe troppo, bisogna azzerare questo tipo di violenza contro le donne, sono d’accordissimo. Lo si fa martellando gli italiani su una presunta radice maligna che sarebbe presente nell’intera società (le “fondamenta da distruggere” di Concita, appunto) basata sulle “famiglie conformi”? Lo si fa alimentando l’idea che la nostra sia una società patriarcale fondata sull’idea del “possesso” della donna e che questa sarebbe una generalizzata “malattia del maschio” italiano? Lo si fa, insomma, proclamando ossessivamente (Concita nel suo articolo ammette di essere ossessionata dall’argomento e di ripeterlo non solo in ogni articolo, ma anche in ogni conversazione privata) che la donna italiana deve liberarsi dal giogo della sopraffazione maschile, in una contrapposizione frontale di affermazione di sé che è ancora la vecchia solfa femminista dell’autodeterminazione?
No, non date retta a questa marea di commenti tutti uguali, tutti conformi, qui sì che l’aggettivo regge, quindi anche conformisti. Accendete le sinapsi: è la falsa contrapposizione donna soggiogata-maschio dominante a generare il veleno, lo squilibrio e nei casi più estremi la tragedia. Giulia è un inno alla vita, all’intelligenza, alla grazia, alla mitezza e sì, anche alla famiglia che l’ha amorevolmente cresciuta nelle difficoltà. Non sminuitela, non raccontatela come vittima di un’immaginaria società patriarcale perché è la fotografia stessa della donna libera e padrona di sé, colta e splendidamente capace di laurearsi a soli 22 anni in ingegneria biomedica, grazie alle sue doti e al supporto di una famiglia in cui ognuno si prendeva cura dell’altro. Ha incontrato sulla sua strada un assassino rispetto al quale non era in alcun modo subalterna. Le scintille della violenza nascono da chi vuole per forza contrapporre questa bella libertà della donna ad una progressiva umiliazione del maschio, raccontato come malato e figlio di una società malata, che esiste solo nelle ossessioni degli editorialisti.
Non bisogna contrapporre il maschio alla femmina, le donne agli uomini, in un perenne racconto ossessivo di una società patriarcale che in tutta evidenza non esiste. Persino sui dati dei cosiddetti “femminicidi” l’Italia occupa gli ultimi posti nelle tristi classifiche mondiali del sangue versato delle donne, negli Stati Uniti ne vengono uccise più di diecimila l’anno, dove nel 2022 le vittime da violenza armata sono state 39.816, purtroppo la metà sono under 35.
I dati ci dicono che la violenza esiste, la violenza omicida purtroppo esiste, ma proprio le “fondamenta” che qualcuno vorrebbe distruggere salvaguardano l’Italia da un’onda di morte che travolge tutto il mondo. Da noi in Italia complessivamente in un anno si contano meno di 300 omicidi perché abbiamo una cultura della vita che resiste tramandata da madre e padre ai figli. Esiste una cultura di rispetto della donna che fa sì che ognuna ci sia in qualche modo madre, moglie, sorella che non si toccano “neanche con un fiore”. Se siamo una società sostanzialmente mite è proprio per questo tessuto complessivo di solidarietà che viene insegnato in famiglia, dove ognuno si prende cura dell’altro gratuitamente per puro amore. Questa è la nostra salvezza rispetto a un mondo sempre più incattivito e violento, anche in Occidente e non sto a raccontare della considerazione che si ha della donna in società come quelle per cui alcuni editorialisti, schizofrenicamente, parteggiano rispetto ai conflitti bellici ora in atto.
Volete oltraggiare la storia di Giulia raccontandola come vittima di un’Italia patriarcale e violenta? Non lo fate per Giulia, lo state facendo per le vostre ossessioni e così facendo avvelenate i pozzi. Giulia è stata una splendida donna che merita l’omaggio per gli straordinari traguardi che la sua vita, ormai irrimediabilmente spezzata ma che non va ulteriormente calpestata, le ha permesso di raggiungere, anche con il sostegno di quella famiglia che ora è distrutta dal dolore. Il suo assassino deve pagare e pagherà, la responsabilità del suo insano gesto dovrà pienamente assumerla. Noi dobbiamo evitare che accadano altre storie come quelle di Giulia. Per favore, per ottenere questo smettiamola con la contrapposizione delle ragazze ai ragazzi, delle donne agli uomini: sono nate, siamo nati, per amarci e non per odiarci in una competizione, quella sì sessista, che è senza senso. Non ci sono fondamenta da distruggere. C’è da edificare sempre meglio, buttando giù l’opportunismo cinico degli editorialisti senz’anima.