Politica
di Fabio Torriero
Vogliono il mondo di Frankenstein e usano i bambini
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Maschietti-streghe e femminucce-cavalieri? Genitale Pippo e genitale Lucilla? E’ successo a Trieste. Stiamo parlando di un gioco che non è un gioco, ma una sperimentazione ideologica ben precisa che sta scatenando la legittima reazione di genitori e associazioni cattoliche: un progetto (scandaloso) “ludico-educativo” al quale ha aderito il Comune e che dovrebbe essere operativo in ben 45 scuole d’infanzia. Il suo titolo è purtroppo emblematico: “Gioco del rispetto”, l’occhiello altrettanto: “Pari e dispari”.
L’iniziativa è stata infiocchettata e confezionata culturalmente col solito accattivante buonismo, spirito umanitario e sdolcinato, e mira, secondo i suoi organizzatori, a “verificare le conoscenze e credenze di bambini e bambine su cosa significhi essere maschi e femmine; a rilevare la presenza di stereotipi di genere e attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri, offrendo ai bambini anche un punto di vista alternativo rispetto a quello tradizionale”.
E come se non bastasse, è stato predisposto, preparato, un kit da distribuire agli istituti che aderiscono, con tanto di materiale di supporto, per facilitare la pratica pedagogica. Tra i suggerimenti, un po’ di attività fisica per far notare le sensazioni e le percezioni provate dai piccini. Lo scopo? Lo spiegano gli ideatori: “Rinforzare le sensazioni esplorando il proprio e altrui corpo, riconoscendo le differenze e nominando senza timore i genitali femminili e maschili”.
Dulcis, in fundo, la possibilità di travestimento per invertire i ruoli, preparandosi all’elasticità mentale. In fondo, chi può avere paura e timore di un gioco modello-Carnevale? Che insegna ad essere elastici, svegli, aperti, inclusivi?
Giornalisticamente si può riassumere il gioco usando alcune parole-chiave: rispetto, travestimento, anagrafe dei genitali. Si potrebbe comodamente scherzare (Pippo vs Lucilla), ma l’ironia qui, non basta. Non serve. E non si tratta di drammatizzare, ma di tenere gli occhi aperti e la coscienza vigile.
Decodificando, ci troviamo di fronte all’ennesimo tentativo di inversione pedagogica e antropologica della vita, scegliendo il terreno fertile e innocente dell’infanzia, cioè la “controrivoluzione della vita”, la de-formazione mentale di quelli che saranno gli uomini e i cittadini di domani. E’ la dittatura del pensiero gender che si presenta con la veste rassicurante, usa parole condivise, come rispetto, tolleranza e gioco, col fine, però, di creare a tavolino una nuova razza che dovrà abitare nuove società, in un nuovo mondo. Quale razza? E’ facile intuirlo: l’indistinto, l’indifferenziato, che “divinamente” abrogherà il Creato. Deviando i piccoli, il valore altamente educativo del fattore ludico, fondamentale nei primi anni di esistenza.
Siccome il male non è sempre il contrario del bene, ma quasi sempre un bene rovesciato, deviato, ecco che pure il gioco, cosa positiva di per sé, può diventare cosa negativa, come nel caso di Trieste. Può diventare un laboratorio gender. E così la scuola da agenzia di senso diventa velocemente agenzia di non-senso, o di senso contrario. Naturalmente, nel nome e nel segno della strategia “ludico-educativa”.
Basta analizzare in profondità il portato subdolo, nascosto tra le righe degli organizzatori triestini del “Gioco del rispetto-Pari e dispari”, per rendersene amaramente conto. Per smascherarne la sostanza.
Cerchiamo di rispondere colpo su colpo, con qualche modesta domanda. Perché bisogna “verificare le conoscenze e credenze”? Perché bisogna ridiscutere millenni di storia umana? Dove la vita è scaturita dall’uomo e dalla donna? Perché bisogna sempre ripartire da zero? L’identità sessuale, poi, è una convinzione, o peggio, una credenza – come riporta con apparente leggerezza l’opuscolo – o piuttosto una realtà naturale? E’ evidente che si intenda propagandare de facto una concezione basata sull’identità in progress e percepita “di volta in volta”. E su ciò rimandiamo i tanti articoli de La Croce sulle categorie gender eternamente in movimento (cisgender, transgender, fluidgender).
Una guerra aperta alla Creazione, al suo ordine naturale e alla distinzione antropologica tra maschio e femmina, che il nuovo pensiero unico cerca di relegare, emarginare, soffocare, nella soffitta della “credenza”, dello “stereotipo”, della “visione tradizionale” e quindi, antica, arcaica, superata. Come se la tradizione fosse un delitto e la vita naturale un reperto archeologico da cancellare, mentre la nuova umanità è sinonimo di progresso e civiltà.
Infatti, la definizione successiva dell’opuscolo che spiega il progetto in questione, usa il termine “stereotipo di genere”, non diversità naturale, ma pregiudizio vecchio. L’essere femmina e l’essere maschio è dunque, uno stereotipo di genere. Non siamo di fronte ad una religione rovesciata?
Mostruoso poi, l’accostamento fittiziamente logico tra il “toccarsi” e la riorganizzazione mentale dei pensieri. Al di là dell’inquietudine scandalosa che genera il fatto che dei piccini possano toccarsi e chiamare per nome i loro genitali. Anche qui, c’è una trappola, un inganno palese: il toccarsi non serve a differenziarsi, ma a “indifferenziarsi”. Serve a riorganizzare i pensieri sulla base del sesso percepito. A dimostrare che maschi e femmine hanno le stesse sensazioni ed emozioni (visione già facilmente confutabile solo facendo riferimento agli ormoni). Quindi sono interscambiabili, sovrapponibili. E diventa tutto chiaro quando si parla di “elasticità” che sarebbe il contrario dell’identità. Ancora una volta lo schema dogmatico che si tende ad imporre nelle menti dei giovani: l’identità, da quella storica, familiare, culturale, a quella religiosa, sessuale è la causa della prevaricazione, della violenza, dell’ intolleranza, di ogni chiusura. L’indistinto, l’indifferenziato, invece, sono simbolo di democrazia, apertura.
La verità è solo una: Il progetto mira a operare una terribile sperimentazione sulla pelle dei piccoli: la società Frankenstein. Come la si giri, dal finto rispetto nasce la peggiore e innaturale dittatura.