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di Mario Adinolfi
Scalfari e Papa Francesco
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Abbiamo letto con interesse le due pagine di intervista di Eugenio Scalfari a Papa Francesco, e abbiamo capito che ancora una volta il fondatore di Repubblica si è recato al colloquio con il Santo Padre sprovvisto di registratore e persino di taccuino per gli appunti, come dichiarò essere sua abitudine fare per interviste del passato. Alcune frasi del Papa risultano, in effetti, semplicemente incomprensibili: «Cristo ha parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a decidere. Non i demagoghi, non i Barabba, ma il popolo».
Noi siamo dei sinceri democratici, ma non ci risultano nel Nuovo Testamento frasi di Cristo che istituiscano la democrazia, anzi, l’unico momento in cui il popolo è chiamato a decidere, sceglie Barabba al posto di Gesù. In una domanda, poi, Scalfari afferma anche che il Papa vorrebbe cambiare il precetto evangelico (già nel Levitico) “ama il prossimo tuo come te stesso”, per farlo diventare “più di te stesso”. Scalfari vagheggia di un Papa comunista e Francesco risponde: «Sono i comunisti che la pensano come i cristiani». Questa equiparazione pare quantomeno ardita. Complessivamente si ha l’impressione che la memoria del quasi novantaquattrenne giornalista abbia giocato qualche brutto scherzo. A monsignor Viganò l’umile suggerimento di far arrivare una nota di precisazione al quotidiano diretto da Mario Calabresi, perché è una intollerabile mancanza di rispetto non riportare correttamente e con precisione le parole di un Papa.