Politica
di Davide Vairani
Come Stefano Parisi si trovò a metà del guado
Abbonati agli albi cartacei de La Croce e all’archivio storico del quotidiano
ARTICOLO TRATTO DALLA VERSIONE PER ABBONATI, SOSTIENI LA CROCE ABBONANDOTI QUI http://www.lacrocequotidiano.it/abbonarsi-ora
Povero Stefano Parisi. Mi fa quasi compassione. Un uomo lanciato in una missione senza capo né coda: la caccia spasmodica ai “moderati”. La parola magica per la politica italiana: i moderati. A parte che oggi come oggi – onestamente - fatico a capire chi acciderba siano i moderati. Mi pare ormai una classificazione da vecchia Repubblica. Superata. Ma, a parte questo, Parisi mi sembra sempre di più un don Chisciotte contro i mulini a vento. Ieri il suo burattinaio Berlusconi lo ha scomunicato: cartellino giallo. “Parisi? Sta cercando di avere un ruolo all’interno del centrodestra, ma avendo questa situazione di contrasto con Salvini credo che questo ruolo non possa averlo”, ispe dixit Silvio Berlusconi nella trasmissione di ieri a Radio Anch’io. Fedele alla sua linea dell’importanza di tenere unita la coalizione “stante questa legge elettorale”, Berlusconi dice sì che la guerra tra Salvini e Parisi è dovuta a “scontri personali” e non a “rotture”, ma indica la strada da percorrere almeno fino al 5 dicembre, quando dopo il referendum si apriranno (se vincerà il No) diversi scenari: “Tutti i partiti che fanno parte della coalizione sanno che, se la rompono, si condannano all’irrilevanza. Stiamo lavorando a un programma condiviso, il resto appartiene al teatrino delle schermaglie e delle ambizioni personali”. Tradotto dal politichese: che nessuno nel centro-destra dia l’impressione di essere divisi. Mascheriamo tutto. È l’immagine quello che conta. Già. Salvini da Firenze aveva lanciato poco prima l’opa per la premiership del centro-destra. A Berlusconi sarà venuto un coccolone. E infatti Parisi a sera, tornando da Londra dove era andato a sostenere le ragioni del No, parla a “Porta a Porta” ed esprime tutta la delusione di chi si sente tradito, ma non china il capo né fa retromarce: “Io vado avanti, nessun passo indietro. Se Berlusconi vuole Salvini leader, il centrodestra perde, perché la maggioranza degli italiani non è lepenista. Se vuole qualcuno che metta d’accordo la Lega con FI, dentro il suo partito è pieno, ma perdono le elezioni. Non credo Berlusconi si voglia far guidare da Salvini, credo che mi sosterrà, ma bisogna essere stabili, o la gente non capisce”. Le reazioni? Se fra gli azzurri in tanti gioiscono per la caduta di quello che appariva il pupillo dell’ex premier, Salvini è sferzante: “Parisi? Finito, discorso chiuso che non merita neanche tre secondi di discussione. Dice che siamo estremisti e pensa ad Alfano e Verdini, se li tenga e se li goda”. Ma è anche lo stesso Alfano a prendere le distanze dall’ex ad di Fastweb, interpretando l’uscita di Berlusconi come un “avanti un altro” rivolto a Parisi, ma incalzando Berlusconi: “Ora è campagna elettorale, ma prima o poi anche lui dovrà scegliere”. In mezzo a tutto questo c’è stato il casus belli della caduta del Sindaco leghista Bitonci a Padova: congiure trasversali tra i partiti e i capoccia del centro-destra hanno portato la maggioranza dei consiglieri comunali a dimettersi e, quindi, a fare cadere Bitonci.
Se questo è il quadretto grottesco che il centro-destra offre agli italiani, bhè, Renzi è destinato a correre ancora molto a lungo. Che vinca o perda il SI al Referendum costituzionale del 4 dicembre. Parliamoci chiaro: il centro-destra non esiste. Esistono colonnelli, generali e caporali che cercano di sopravvivere in uno scenario politico molto precario. E che se ne infischiano di coalizione, programmi, restare uniti. Non esiste una guida carismatica nel centro-destra (per favore, Berlusconi ritirati una volta per tutte perché non se ne può più): tutti personaggi in cerca d’autore. Ma non c’è tempo. In politica il tempo corre ad una velocità sonica e non è permesso fare i giochini attendistici da prima repubblica, perché non funzionano più. Ci sono due uomini forti dall’altra parte: Renzi e Grillo. Non li abbatti con una tattica attendistica, fare melina. Parisi uomo nuovo e Parisi uomo scomunicato (per ora). Bhè. Parisi non è né un uomo nuovo e nemmeno uno che può fare risorgere il centro-destra. Parisi, 60 anni, laureato alla Sapienza in Economia e Commercio, ha cominciato la sua attività professionale nell’ufficio studi della CGIL. Negli anni Settanta è stato anche vicesegretario del Nucleo universitario socialista a Roma. A meno di trent’anni venne scelto come capo della segreteria tecnica del ministero del Lavoro, incarico che mantenne dal 1984 al 1988. Nei due anni successivi lavorò alla vicepresidenza del Consiglio dei ministri durante il governo De Mita (1988-1989) e poi, per altri due anni, come capo della segreteria tecnica di Gianni De Michelis, all’epoca ministro degli Esteri del Partito socialista. Negli anni Novanta Parisi fu a capo del dipartimento per gli Affari economici della presidenza del Consiglio dei ministri, prima con Giuliano Amato e poi con Carlo Azeglio Ciampi. Nel 1994, dopo la famosa “discesa in campo” di Silvio Berlusconi, si parlò di lui come segretario generale della presidenza del Consiglio di Berlusconi, ma l’incarico venne alla fine viene affidato a Franco Frattini. Nel 1997 Parisi si trasferì a Milano e venne scelto come segretario comunale – il cosiddetto city manager – dal nuovo sindaco Gabriele Albertini: durante quella giunta venne approvato il “patto per Milano” sulla flessibilità, che aveva come obiettivi la lotta al lavoro nero e alla disoccupazione. Il patto però ruppe i rapporti del comune con la CGIL milanese, perché prevedeva di introdurre contratti a termine e retribuzioni ridotte in deroga ai contratti nazionali, per alcuni tipi di lavoro.Nel 2000 Parisi divenne direttore generale di Confindustria durante la presidenza di Antonio D’Amato che, appoggiato dal secondo governo Berlusconi, cominciò a parlare dell’abolizione dell’articolo 18. “Abolire per tutti l’articolo 18 sarebbe un atto di civiltà”, disse D’Amato nel 2003. Un anno dopo, nel 2004, Parisi diventò amministratore delegato di Fastweb e fu coinvolto nello scandalo Fastweb-Telecom sulle finte fatturazioni. All’inizio del 2007 l’allora presidente di Fastweb Silvio Scaglia fu indagato a Roma per false comunicazioni sociali: l’inchiesta era stata avviata su un presunto traffico telefonico gonfiato per produrre crediti IVA irregolari. Nel 2010, nell’ambito del processo Telecom Italia Sparkle-Fastweb (riciclaggio transnazionale per 2 miliardi di euro e evasione fiscale da 400 milioni), Scaglia venne arrestato con altre 55 persone e accusato di associazione a delinquere. Nel 2013 fu assolto con formula piena. Anche Parisi ricevette un avviso di garanzia, fu costretto a dimettersi, ma nel 2013 venne scagionato da ogni accusa. Nel 2012 ha fondato Chili Tv, società italiana di streaming on line di film e serie tv che sta per fare un aumento di capitale di 20 milioni di euro. Alcuni giornali hanno scritto che nell’operazione sarebbe potuto entrare il gruppo Mediaset tramite Infinity, la tv in streaming del gruppo Berlusconi, ma Parisi l’ha negato dicendo che “Mediaset e Chili sono concorrenti”. Il nome di Parisi come candidato sindaco a Milano aveva cominciato a circolare lo scorso dicembre. Parisi ha raccontato al Corriere della Sera di averlo scoperto dai giornali: “La mia prima risposta a Berlusconi fu che non potevo, per motivi di lavoro”. Dopo aver trovato una soluzione organizzativa per la nuova società di cui è presidente (e dopo il consenso ampio da parte della coalizione che lo sosterrà) Parisi ha deciso di accettare la proposta. Quando gli è stato chiesto se il suo profilo non fosse troppo simile a quello di Giuseppe Sala – entrambi sono stati manager di successo e apprezzati dirigenti del comune di Milano – Parisi ha risposto: “Veniamo da esperienze di lavoro in parte simili, lo stimo ed è possibile trovare punti in comune nei nostri programmi. Ma c’è una differenza fondamentale. Il nostro disegno di una città libera e aperta trova l’appoggio e il consenso pieno della mia maggioranza. Sala invece dovrà fare i conti con il radicalismo di sinistra e la forte subalternità a Roma”. Ha vinto Sala. Punto. Ma a Parisi viene affidato da Berlusconi il compito di riorganizzare i moderati. E Parisi si lancia a tutto campo. Milano, via Watt, 16 e 17 settembre: questa la sede e le date della prima convention programmatica del centrodestra presentata da Stefano Parisi nel corso di una riunione organizzativa al Teatro San Carlo. Un confronto tra professionisti: “Megawatt. Energie per l’Italia” è il titolo dell’evento, con un sottotitolo altrettanto didascalico: “Idee per riaccendere il Paese”. Per raccogliere le quali si sono alternati sul palco professionisti dei settori più diversi (incluse persone che a un incontro di partito non avrebbero probabilmente partecipato), chiamati appunto ad avanzare proposte e confrontarsi con la platea. Nel segno del 1994. “Non sta nascendo un nuovo soggetto politico, non stiamo costruendo un partito. Non siamo contro i partiti che ci sono e non vogliamo togliere spazio a nessuno. La politica rischia di morire se guarda a se stessa, è auto-referenziale e teme il rapporto con la società e con la realtà”, ha sottolineato Parisi. Che ha poi aggiunto: “Riteniamo che serva una stagione che rafforzi, rilanci e aggiorni le idee di Silvio Berlusconi nel 1994. E’ da quelle radici che si parte. Non vogliamo essere un punto di raccolta dei partiti che in questi anni si sono separati da Forza Italia”.
Parisi è in fondo il simbolo del caos che regna nel centro-destra. Caos che ho l’impressione durerà a lungo. Troppo a lungo. Berlusconi incrocia le dita e spera che l’Italicum venga cambiato in nome di una legge elettorale di stampo proporzionalista. Con l’Italicum infatti il centro-destra sarebbe spazzato via del tutto e ridotto all’insignificanza politico-parlamentare: Renzi e Grillo si giocherebbero la partita elettorale senza altri rivali competitivi. Se vincesse il NO al Refendum (cosa per la quale Berlusconi accende un cerone al giorno) molto probabilmente si arriverà ad una legge elettorale basata sul proporzionale. Aldilà del fatto che Renzi rimanga o meno Presidente del Consiglio. Ma anche qui la vedo dura: il trio Belusconi-Salvini-Meloni non riesce a trovarsi d’accordo su nulla, Parisi non avrebbe alcuna autorevolezza per incidere nella triade. Come metti insieme una armata brancaleone così? Destinata a perdere ogni confronto.
Povero Parisi. Ma chi te lo ha fatto fare? Sei d’accordo con le unioni gay e con l’utero in affitto e ti definisci un moderato? Poi te la prendi perché Berlusconi non sconfessa il populista Salvini. Berlusconi a favore delle unioni gay, Salvini totalmente contrario. Berlusconi nicchia sulla questione migranti, Salvini spara a zero con gli slogan che tutti conosciamo (e che onestamente hanno anche un po’ stancato perché sono triti e ritriti e non risolvono concretamente un bel nulla). C’è qualcosa che non quadra. Troppo.
E se in mezzo a questo marasma avanzasse alla chetichella, piano piano, senza disturbare i manovratori un piccolo movimento che si chiama Popolo Della Famiglia? Almeno non dovremo turarci il naso nell’andare a votare. Una legge elettorale di stampo proporzionale darebbe la possibilità di costruire una lista indipendente, fatta con donne e uomini scelti senza dover negoziare con nessuno e potrebbe presentarsi da sola con il vessillo bianco blu. E perché no? Per paura di perdere? E chissenefrega se si perde. Almeno le nostre coscienze saranno tranquille: io onestamente sono stufo di andare a votare turandomi il naso per il meno peggio. Anche perché, dati cause e pretesti, se questa è l’offerta partitica, senza la presenza del PdF forse sarebbe la prima volta che rinuncerei ad andare a votare.