Chiesa
di Claudia Cirami
Il dramma della grazia onnipotente cui resistiamo
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Parlare di resistenze alla Grazia è parlare di Grazia. La meditazione del Primo Dicembre, a Santa Marta, è stata occasione per Papa Francesco di trattare un tema fondamentale per la fede cristiana, quello della Grazia. Che l’uomo – nella libertà – può scegliere di accogliere o rifiutare, di rendersi ad essa docile o, appunto, di opporre resistenza. Come il beato Charles de Foucauld – di cui ieri ricorreva la memoria liturgica – seppe vincere le sue resistenze alla Grazia, così il cristiano deve chiedere la forza per superarle.
Per comprendere fino in fondo le implicazioni dell’omelia del Santo Padre, partiamo dalla definizione di Grazia. Per il Catechismo della Chiesa Cattolica, la Grazia è «il favore, il soccorso gratuito che Dio ci dà perché rispondiamo al suo invito: diventare figli di Dio» (n. 1996); è «una partecipazione alla vita di Dio; ci introduce nell’intimità della vita trinitaria» (n.1997) e l’ingresso nella vita di Grazia avviene con il Battesimo. Nell’Antico Testamento, non esiste un termine univoco per definirla: del resto, Israele – nelle Sacre Scritture – non offre una riflessione sistematica sulla Grazia, ma sperimenta la misericordia, la benevolenza, l’amicizia, la fedeltà di Dio negli eventi di cui si compone la storia della salvezza, definendo questo agire di Dio in suo favore con diversi termini, tra cui hesed. La Grazia di Dio ha origine nella libera e gratuita iniziativa di Dio. Lo vediamo, per esempio, in Abramo: quando è chiamato in scena, nella Storia della Salvezza, di lui non ci viene detto nulla. Non sappiamo del suo carattere, non sappiamo il motivo per cui Dio lo ha scelto. Sappiamo soltanto che riceve una chiamata inattesa e una benedizione che andrà al di là di quello che egli avrebbe potuto sperare: «Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12, 2-3).
Il termine con cui il Nuovo Testamento esprime la Grazia sarà invece karis, dal greco, con cui, tuttavia, Paolo e gli altri non esprimono solo il favore di Dio nei confronti dell’uomo, ma la persona in cui i contemporanei di Gesù hanno sperimentato, in modo pieno, questo chinarsi misericordioso e gratuito di Dio nell’umanità, cioè Cristo. La Grazia allora è Gesù Cristo, che ha rivelato in pienezza l’amore del Padre per l’umanità. In Gesù che guarisce, soccorre, libera, e dona la sua stessa vita per noi, Dio si è fatto tutto per l’uomo affinché l’uomo possa essere – conformandosi a Cristo – tutto per Dio. «La grazia di Cristo – dice il Catechismo – è il dono gratuito che Dio ci fa della sua vita, infusa nella nostra anima dallo Spirito Santo per guarirla dal peccato e santificarla» (n. 1999). Questo ci fa comprendere che la Grazia non è qualcosa che ci viene attaccato addosso come un’etichetta. Lo Spirito Santo è protagonista nell’azione di grazia: «La grazia è innanzitutto e principalmente il dono dello Spirito che ci giustifica e ci santifica. Ma la grazia comprende anche i doni che lo Spirito ci concede per associarci alla sua opera, per renderci capaci di cooperare alla salvezza degli altri e alla crescita del Corpo di Cristo, la Chiesa» (n.2003). Da tutto questo comprendiamo allora che la Grazia non può mai essere concepita come un’aggiunta, ma è un evento in cui l’uomo – se l’accoglie – viene profondamente coinvolto nella vita divina.
Ci possono tuttavia essere delle resistenze a quest’azione della Grazia in noi. Tornando all’omelia di Santa Marta, il Papa è stato colpito, nella sua meditazione, dalla preghiera della colletta del giorno che così recitava: “Ridesta la tua potenza, Signore, e con grande forza soccorri i tuoi fedeli; la tua grazia vinca le resistenze del peccato e affretti il momento della salvezza”. Ma quali sono queste resistenze che la Grazia di Dio deve vincere? Il Santo Padre ha distinto tra resistenze aperte e resistenze nascoste. Le prime «nascono dalla buona volontà» e ha citato l’esempio di San Paolo che, pur resistendo alla Grazia e perseguitando i cristiani, pensava di fare la volontà di Dio. Incontrando Gesù Cristo, però, si converte: vuol dire che la sua è stata una “resistenza aperta”. Queste resistenze, ha detto il Papa, «sono sane, perché tutti siamo peccatori ed è naturale che vengano» e la loro sanità consiste nel fatto che sono aperte alla Grazia.
Ci sono, però, le resistente che il Papa ha definito «più pericolose» perché nascoste. Riguardano tutti: «ognuno di noi ha il proprio stile di resistenza nascosta alla grazia: dobbiamo cercarlo, trovarlo e metterlo davanti al Signore, affinché Lui ci purifichi». Qui ha citato poi il passo in cui Stefano ha sferzato verbalmente i dottori della Legge: «Voi e i vostri padri resistete sempre allo Spirito Santo». La pericolosità di queste resistenze per Francesco è situata nell’immobilismo che causano. Se, infatti, la Grazia fa riferimento al dinamismo con cui l’uomo viene coinvolto nella vita trinitaria, la resistenza ad essa blocca questo dinamismo. Eppure, secondo il Papa, la presenza di queste resistenze ha in qualche modo un valore positivo: «se non ci fossero la cosa non sarebbe di Dio – ha spiegato – quando ci sono queste resistenze è il diavolo che le semina, perché il Signore non vada avanti».
Il Papa ha dato un nome a queste resistenze nascoste. Sono di tre tipi: quella delle “parole vuote, quella delle “parole giustificatorie”, quella delle “parole accusatorie”. La prima è stata incisivamente definita del “gattopardismo spirituale”: è quel tipo di resistenza passiva costituita da parole vuote. Richiamandosi alla parabola del padre che invita ai due figli ad andare nella vigna, Francesco ha ricordato che il no del primo è in realtà un sì, mentre il sì del secondo – capolavoro di diplomazia – è in realtà una resistenza passiva al padre. Proprio quello che accade a quelli che soffrono di “gattopardismo spirituale” in cui l’apparente sì a tutto è in realtà un no che esprime immobilità.
Ancora più severo il Papa è stato con la resistenza delle parole giustificatorie. Che – letteralmente – frenano la Grazia. «Quando ci sono tante giustificazioni non c’è il buono odore di Dio, c’è il brutto odore del diavolo», ha detto lapidario. Opporre troppe giustificazioni è resistere. «Il cristiano non ha bisogno di giustificarsi: è stato giustificato dalla parola di Dio, l’unica che ci giustifica».
C’è poi un terzo tipo di resistenza: quella delle parole accusatorie. Tipica di coloro che «accusano gli altri per non guardare se stessi». Qui ha fatto ricorso al brano evangelico del fariseo che ringrazia di non essere come il pubblicano. Ed è forse una delle tentazioni peggiori a cui è sottoposto il cristiano: quella di considerarsi giusto. Il riferimento a questa terza resistenza ci permette di ricordare che la ribellione dell’uomo al progetto che Dio aveva su di lui è nata dalla superbia: l’uomo che, da creatura, volle farsi Creatore. La superbia di considerarsi giusti è, ancora oggi, l’ostacolo più forte che l’uomo peccatore pone contro l’azione di Grazia di Dio in lui. Per questo, più volte Francesco, in vari momenti del pontificato, ha bacchettato coloro che si sentono arrivati nella vita di fede.
«La resistenza – ha detto il Papa – cerca sempre di cambiare il reale nel formale, nascondersi nel formale e con le formalità delle parole vuote, delle parole giustificatorie, delle parole accusatorie e tante altre, cerca di rimanere dov’è e non lasciarsi portare avanti dal Signore». La resistenza ha origine anche nel timore della croce. «Non è sempre facile – ha spiegato il Papa – c’è sempre una croce: dove c’è il Signore ci sarà una croce, piccola o grande». Il grande esempio di resistenza alla Croce – scelto dal Papa – è proprio Pietro che si rifiuta, inizialmente, di accettare la sofferenza che la Croce comporta. Egli «resisteva alla grazia, resisteva al piano di Dio sull’umanità e su ciascuno di noi».
Come superare le resistenze alla Grazia? Riconoscerle prima di tutto e poi chiedere a Dio aiuto: «dire questa parola tanto bella: “Signore, con grande forza, soccorrimi; la tua grazia vinca le resistenze del peccato”», ha ricordato il Papa richiamandosi di nuovo alla preghiera della colletta. Se avere delle resistenze è normale, fermarsi nelle resistenze è sbagliato perché è frenare l’agire di Dio in noi ed è «prenderle come difesa dalla grazia del Signore».
Leggendo l’omelia del Santo Padre, può venire una domanda: se, come dice il Catechismo, «mediante il Battesimo il cristiano partecipa alla grazia di Cristo» (n. 1997) perché queste resistenze? Il cristiano in realtà sa che, in tutta la sua vita, è chiamato a progredire nella fede. Il suo cammino si snoda tra il già di quello che Dio gli ha donato in Cristo e il non ancora di quello che vivrà in pienezza nella Vita Eterna, se si sarà conformato a Cristo. La lotta contro le resistenze alla Grazia continua. Ma in Dio abbiamo tutto l’aiuto necessario per la vittoria.