Politica
di Marcello Protto
Scuola, Appendino ideologica e autoritaria
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Il sindaco pentastellato di Torino Chiara Appendino nonostante tutte le proteste e le numerose prese di posizioni della diocesi e delle associazioni del settore (AGESC dei genitori, FIDAE e DISAL dei dirigenti) non recede dal severo e discriminatorio taglio di bilancio ai contributi per le materne paritarie (25 % in meno). Promette che, in sede di assestamento di bilancio, una volta cioè approvato il conto consuntivo 2016 in cui spera di avere un avanzo positivo o di ricevere i trasferimenti spettanti dal governo, integrerà i fondi mancanti alle scuole FISM (Federazione italiana scuole materne, di ispirazione cristiana). Si è svolto lunedì 10 l’incontro decisivo con qualche giorno di ritardo per impegni del sindaco rispetto alla prevista data iniziale di giovedì 5 aprile e con un chiaro segnale negativo premonitore, in un clima definito tuttavia “franco e cordiale” dai protagonisti. Da una parte Chiara Appendino con l’assessora all’istruzione arch. Federica Patti, con la presenza del capo di gabinetto Paolo Giordana (l’ex seminarista uscito per seguire il proprio “fidanzato” gay e trovarsi una setta dove poter ufficiare), dall’altra il presidente provinciale della FISM, Luigi Vico, il rappresentante della materna ebraica della città e due coordinatrici, che per l’occasione hanno consegnato la richiesta di rivedere i tagli, firmata da tutti i responsabili delle 56 scuole.
L’Appendino ha purtroppo confermato che non varierà il bilancio preventivo, come uscito dalla riunione di Giunta del 24 marzo e oggetto di approvazione in Consiglio Comunale nei prossimi giorni a partire dal 18 aprile, nonostante le richieste di emendamento che hanno presentato i consiglieri comunali di opposizione, fra cui quelli del PD, il capogruppo dei Moderati per Fassino Silvio Magliano e di Osvaldo Napoli di Forza Italia. La prima cittadina ha però assicurato: <
< Per trovare le risorse mancanti siamo già impegnati su un fronte interno ed uno esterno. Da una parte rivediamo le economie classiche, anche rivedendo i contratti di servizio e i capitoli di spesa>>. Ma soprattutto la sindaca spera che vada a buon fine il duro confronto con il governo Gentiloni, più politico che fiscale per la verità, per i famosi 61 milioni di euro, a suo tempo richiesti dall’ex sindaco Fassino (PD), perequativi delle entrate IMU-ICI venute meno con l’abolizione delle tasse sulla prima casa. Fondi sui quali l’Appendino ha annunciato, in un intervista di qualche giorno fa, che è pronta a far nominare un commissario ad acta, per far eseguire due sentenze della giustizia amministrativa, del TAR Piemonte prima e del Consiglio di Stato dopo, che avevano dato ragione al Comune. Il governo Gentiloni invece, attraverso le parole di Maria Elena Boschi, non vuol sentirne parlare ed anzi afferma che i soldi non sono dovuti, contraddicendo i dirigenti locali del PD, fino a maggio 2016 al governo della città, i quali erano appunto passati alle vie legali.
Quindi per l’Appendino le priorità al momento sono le palizzate delle aree verdi, la manutenzione delle scuole, (non possono aspettare qualche mese queste cose?), ma non le persone, le circa 5.280 famiglie con i figli iscritti alle scuole FISM, che rischiano un aumento delle rette di 130 euro all’anno e i 550 dipendenti che temono una riduzione di personale, se non si troveranno i fondi integrativi, passati da 3 mil. a 2 e 250.000 euro in un solo anno.
A Torino, secondo gli ultimi dati ufficiali, ci sono 20.373 bambini iscritti alla scuola dell’infanzia (3-5 anni) e tra questi, ben 5.280 sono iscritti alle 57 scuole paritarie convenzionate, cioè un quarto del totale. Iscritto a una paritaria c’è pure un figlio del sindaco, che uscirà quest’anno, mentre l’altra figlia entrerà il prossimo anno.
Contro questi tagli si era stata recapitata la lettera che l’arcivescovo Cesare Nosiglia e i 14 parroci, responsabili delle scuole paritarie quasi tutte situate nelle periferie, avevano scritto all’Appendino chiedendo <
< ...di non dare corso a un provvedimento che, oltre che ingiusto, ci sembra ben lontano dalla scelta da Lei più volte ribadita di privilegiare le periferie >>. Ricordo che proprio nei seggi elettorali delle periferie i torinesi decretarono la debacle di Fassino in sede di ballottaggio, come il no al referendum costituzionale. I parroci si dicono <
>. E qui bisogna fare qualche passo indietro. Il presidente della FISM provinciale, Luigi Vico, aveva incontrato la candidata Appendino durante la campagna elettorale, ricevendo rassicurazioni che il contributo alle materne non sarebbe stato abbassato. Qualche mese dopo l’insediamento della giunta, a fine ottobre 2016, c’era stato un primo incontro con l’assessora all’istruzione, Federica Patti, e poi l’incontro a febbraio di nuovo con l’assessora e la prima cittadina. Allora era stato promesso che nonostante i buchi di bilancio, derivanti dalla precedente amministrazione (Fassino, PD), spese sociali e contributo alle paritarie non avrebbero subito riduzioni o che, se fossero stati inevitabili per problemi di quadratura del bilancio, sarebbero stati lineari e cioè sia alle scuole paritarie comunali sia a quelle paritarie private. Promesse analoghe furono pronunciate anche all’arcivescovo. Infine i parroci hanno sottolineato che le scuole FISM hanno una funzione di grande ammortizzatore sociale, in quanto, contrariamente all’opinione pregiudiziale di molti, non sono scuole per ricchi borghesi, ma accolgono spesso gratuitamente bambini poveri o stranieri o di famiglie in difficoltà economiche o relazionali.
Sabato primo aprile si erano poi riuniti in assemblea i rappresentanti delle scuole materne paritarie della FISM che avevano deliberato alcune azioni di lotta: una lettera firmata da tutte le coordinatrici delle scuole con richiesta di incontro all’assessorato, una raccolta firme dei genitori e dipendenti, la presenza in Consiglio comunale di rappresentanti delle scuole nelle giornate di votazione del bilancio preventivo, mentre sono allo studio l’apertura di una pagina Facebook e soprattutto l’indizione di una manifestazione pubblica, poi rientrata in seguito alle promesse dell’Appendino.
Il 31 marzo l’assessora all’istruzione del Comune di Torino, la grillina Federica Patti, per cercare di limitare il clamore suscitato dalla decisione del colpo d’ascia sui finanziamenti alle scuole materne paritarie, aveva rilasciato un’intervista a Paola Pintus dove fa affermazioni di una tale leggerezza da lasciare veramente stupiti. Dopo aver fatto una premessa corretta in cui afferma che la Legge Berlinguer n. 62/2000 istitutiva della parità scolastica, ha previsto un sistema di istruzione nazionale fondato sulle scuole statali e su quelle paritarie, che sono le comunali e le private, afferma che : <
< Lo Stato dà in egual misura i contributi sia a noi sia alle FISM.In seconda battuta c’è la Regione che dà contributi, ma contributi la Regione non li dà agli Enti locali, ma esclusivamente alle FISM>>.Qui c’è un primo errore: La Regione dà i contributi solo alle scuole paritarie non profit che applicano una retta scolastica con la finalità di calmierarla, visto che lo Stato non è in grado di soddisfare tutta la domanda. Le paritarie comunali non applicano rette per cui non è possibile che accedano ai contributi della legge regionale 28/2007. Non è vero l’esempio che fa la Patti che allora le comunali prendono 100 mentre le scuole FISM 100 più altri 50 dalla Regione e che dunque non << siamo pari come dice la legge>>. Le Comunali non fanno pagare le rette ma a loro arrivano i soldi derivanti dalla tassazione generale alla quale contribuiscono anche i genitori che iscrivono i figli alle scuole FISM. Non solo, in tutta l’intervista l’assessore fa varie volte contrapposizioni tra la possibilità di chiusura per le scuole comunali, da tutelare privilegiatamente non abbassando i finanziamenti e la chiusura o aumento delle rette per le paritarie private, cioè le << Scuole che fanno capo a qualcun altro>> . La politica grillina oblitera ideologicamente il dato della legge per cui : “Il sistema nazionale di istruzione… è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. (art 1 comma 1) e che “ Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti… a partire dalla scuola per l’infanzia” (art.1 comma 2). Soprattutto dimentica che suo compito è quello di garantire tutti i genitori e tutti gli alunni della città, che dunque sono pari di fronte alla legge e non devono essere discriminati perché frequentano una scuola di ispirazione cristiana, dove tutti sono accolti. Suo compito è quella di amministrare la polis tutta non la fazione da cui proviene. Questa contrapposizione tra noi e gli altri è indicativa di una visione ideologica che non riconosce la sussidiarietà orizzontale educativa dei genitori e delle scuole paritarie private. Infatti, prima di tutto lo Stato “riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (art 29 della Costituzione), alla quale compete il diritto-dovere dei genitori di “mantenere, istruire ed educare i figli” (art. 30). Ne deriva la conseguenza che il compito dello Stato democratico (a differenza di quello assoluto di matrice hegeliano, come tradottosi nelle varie forme dittatoriali di stampo socialista, fascista e liberale) non è quello di educare ma quello di mettere le famiglie in grado di educare i figli. Semmai è riservato alla scuola il ruolo di elaborare una proposta educativa ma tenendo conto che la famiglia deve essere interlocutrice della scuola. Inoltre alla facile obiezione della base grillina (e non solo) secondo la quale la Carta costituzionale vigente, all’art. 33, comma 3, prevede sì la facoltà per privati ed enti di istituire scuole ed istituti di educazione ma “senza oneri per lo Stato”, si deve replicare che la Costituzione non ha prospettato un divieto assoluto di disporre finanziamenti pubblici alle scuole private che hanno chiesto ed ottenuto la parità; tale esclusione riguarda solo la fase iniziale dell’iniziativa privata e non anche la realizzazione dell’offerta scolastica, in alcuni casi presente da secoli. Inoltre l’assessora parla di aumento delle rette di circa 130 euro all’anno per le famiglie ma non dice che le scuole paritarie NON possono aumentarle, proprio perché hanno aderito alla convenzione con il Comune, anche se ammette che la Convenzione dovrà essere rivista a maggio. Altro errore: la convenzione può essere rivista solo se si ridiscute la Legge regionale n 28/2007.
Cosa si può dire allora di un’assessora che fa queste affermazioni? Ignora la materia? Finge di ignorarla per tenere a bada chi l’ha scelta tra gli iscritti al Movimento 5 Stelle? Si è dimenticata di quanto le hanno detto i dirigenti e i funzionari del Settore Scuole? O non piuttosto di una preclusione ideologica statalista e anche anticlericale, comunque discriminatoria. Senza contare che paradossalmente se venissero “privatizzate” o date in concessione tutte le scuole paritarie comunali, il Comune vedrebbe ridotti di due terzi i costi di gestione delle scuole dell’ infanzia, data l’efficenza delle paritarie private, che per di più non hanno scopo di lucro.
Manterrà l’Appendino le promesse, anche se già una volta non le ha onorate? Per ora le FISM hanno confermato tutte le iniziative decise il primo di aprile tranne la manifestazione pubblica in piazza, che invece il Popolo della Famiglia Piemonte aveva caldeggiato anche con il conforto di alcune associazioni amiche. È probabile che se ci fosse stata più convinzione, il risultato dell’incontro con la prima cittadina avrebbe potuto essere diverso.
Che San Giovanni Bosco protegga veramente la città e le scuole e aiuti ad aprire gli occhi ai cattolici che hanno votato i grillini, sicuramente non migliori di coloro che li hanno preceduti nel governo della città.