Politica
di Mario Adinolfi
Renzi perde, il PDF vince
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Si possono consegnare agli archivi le elezioni amministrative 2017 con un titolo su cui certamente possiamo essere tutti d’accordo: Matteo Renzi le ha perse. Il centrosinistra a trazione Pd, un Pd che si è dissanguato in scissioni e malumori per via delle manie assolutistiche del suoi leader, proprio non funziona. Perde clamorosamente la sfida di Genova consegnando la rossa Liguria nelle mani del centrodestra perdendo anche La Spezia, ma ancora più nettamente viene sconfitto il povero Tosi a Verona, a cui l’avvicinarsi a Renzi porta malissimo, visto che la fidanzata lasciata a rappresentarlo prende una scoppola da quindici punti di distacco da Sboarina. Il centrosinistra si lecca le ferite anche a Parma e a Piacenza, con sconfitte nettissime impensabili alla vigilia. La débacle si fa pesante persino in terra toscana, dove il trio Renzi-Boschi-Lotti consegna Pistoia al centrodestra (alle precedenti amministrative il centrosinistra aveva sfiorato il 60%), mentre in Lombardia il partito di Renzi deve consegnare ai rivali del centrodestra le fasce tricolori anche di Como e Lodi.
La riflessione renziana è stata già anticipata: sarà tutto relegato a “voto amministrativo locale” tenendo lontana la riflessione politica generale, che dice invece a sorpresa che ad essere in salute è il centrodestra (e che ora per Salvini e Meloni la strada “autonoma” da Berlusconi si fa in salita) mentre i grillini arrancano e il centrosinistra è sostanzialmente a pezzi, diviso in mille fazioni rissose che ovviamente in una legge elettorale a doppio turno con ballottaggio finiscono per danneggiarsi l’una con l’altra.
Ma. C’è un ma. La legge elettorale per le politiche non è un doppio turno con ballottaggio. Lo era l’Italicum, ma per una serie di ragioni costituzionalmente poco serie, è stato dichiarato incostituzionale, in realtà temendo che potessero approfittarsene i grillini. La legge elettorale per le politiche è un proporzionale puro con sbarramento al 3%. Questo vuol dire che i risultati delle amministrative 2017, se fossero quelle delle politiche 2018, consegnerebbero il Paese a un governo di coalizione centrodestra-centrosinistra a polarità opposta rispetto alle politiche 2013. Se infatti allora per pochi voti fu il Pd a dare le carte e ad esprimere il presidente del Consiglio, la crisi renziana di raccolta del consenso (alcuni candidati sindaco non l’hanno voluto in campagna elettorale perché convinti che facesse perdere voti) tramuterebbe l’arrogante Matteo in un portatore d’acqua per un governo a trazione berlusconiana che potrebbe puntare su un presidente del Consiglio a sorpresa. Quel Calenda ora ministro di Gentiloni? La Meloni? O addirittura un Gentiloni bis con l’attuale presidente del Consiglio totalmente de-renzizzato e reso autonomo nella leadership?
Vedremo. Di certo la tentazione di Renzi di andare subito al voto dopo queste amministrative si raffredderà, mentre Berlusconi capisce di essere ancora alla guida di una coalizione ammaccata, potenzialmente molto divisa, ma vincente.
Il Popolo della Famiglia come è noto guarda ai giochi tra le coalizioni con grande distacco. I nostri dirigenti hanno presentato le liste autonome in tutta Italia, valutando sempre le ipotesi di entrare in coalizione se fossero stati accettati i nostri punti programmatici e se il candidato sindaco altrui fosse coerente con i nostri principi, quindi nella stragrande maggioranza dei casi finendo per convenire che l’unica strada possibile fosse la presentazione di liste autonome del Popolo della Famiglia con un proprio candidato sindaco. Ci siamo spesi già in passato nel raccontare come sono andate per noi queste amministrative che chiudiamo con sedici eletti del Popolo della Famiglia. In coalizione abbiamo collaborato con un gran lavoro del coordinatore nazionale Nicola Di Matteo a eleggere al primo turno il sindaco di Avola, in Sicilia e abbiamo partecipato e vinto al ballottaggio di Riccione, per Renata Tosi sindaco.
Il caso di Riccione è particolarmente emblematico, perché la scelta di entrare in coalizione con Renata Tosi, coordinata da Mirko De Carli e Massimiliano Fiorin, è derivata proprio da una conoscenza del candidato sindaco, di grandissimo coraggio e spessore, assolutamente coerente con i nostri principi non negoziabili, che ha partecipato personalmente alle iniziative dello splendido gruppo del Popolo della Famiglia di Riccione che sono andato ad incontrare personalmente in campagna elettorale traendone la sensazione refrigerante di un gruppo di amici che si batteva con coraggio e senza secondi fini. Bene, il gruppo Pdf Riccione, nato davvero poche settimane prima del voto, non solo ha preso più voti di un partito blasonato e strutturato come Fratelli d’Italia, ma ora va al governo di una città nevralgica e anche simbolica per le nostre battaglie, dove evidentemente non a caso la serata con il segretario nazionale Gianfranco Amato e Povia l’11 maggio scorso è stata affollatissima. Con un gran lavoro sul territorio, abbiamo centrato il risultato.
Il Popolo della Famiglia insomma vince ancora: è al governo ora in tre città con popolazione superiore ai 15mila abitanti (Cordendons, Avola, Riccione), è presente con propri eletti nelle municipalità di importanti città (Verona, Bolzano, Ravenna, Faenza), ha consiglieri eletti in sei regioni: Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Sicilia. A ottobre vivremo la sfida per le municipali a Roma, per Ostia e il municipio VIII, dove abbiamo buone speranze di ottenere altri eletti. Poi nel 2018 la sfida delle elezioni politiche in cui però partiamo con un buon allenamento svolto alle amministrative 2016 e 2017.
Davvero complimenti alle migliaia di militanti del Popolo della Famiglia che in questi quindici mesi di vita, dall’assemblea costituente dell’11 marzo ad oggi, consentendoci di presentare le liste del Pdf in 35 comuni comprendenti tutte le città più importanti d’Italia, raccogliendo decine di migliaia di firme e poi di voti, hanno reso possibile il concretizzarsi di un’offerta politica che ribadisce la sua ambizione: rappresentare un popolo che vuole difendere i principi essenziali e quindi non negoziabili facendo ripartire la politica dai bisogni della famiglia naturale e farlo andando in Parlamento autonomamente e successivamente al governo del Paese per garantire che non sia fatto ulteriore male all’Italia. Questa è la promessa, questo faremo se tutti voi ci darete una ulteriore concreta mano, uscendo dalla lamentazione ed entrando in una dimensione di fattibilità progettuale. Insieme, questa lotta condurrà ad altri successi.
A noi la battaglia, a Dio la vittoria.