Società

di Mario Adinolfi

Hanno ucciso Charlie Gard

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Tutto quel che c’è da dire è nel fatto nudo e crudo: hanno ucciso Charlie Gard. No, non oggi staccando il respiratore e lasciando che restasse senz’aria nei polmoni, soffocandolo (e a poco valgono le immagini palliative che rendiamo a noi stessi, pensandolo sedato e sereno, la morte non è mai faccenda indolore anche quando vogliamo farla sembrare tale per l’impossibilità di sopportarne la dura verità). Hanno ucciso Charlie a gennaio, quando i genitori hanno cominciato a parlare di cura sperimentale possibile negli Stati Uniti organizzandosi per rendergliela praticabile e i medici del Great Ormond Street Hospital si sono opposti dicendo fin da allora che non c’era nulla da fare e portando la questione in tribunale e trovando ‘sto giudice Francis dell’Alta Corte britannica a dar ragione ai medici e poi la Corte d’Appello e poi la Corte Suprema e poi la Corte Europea dei Diritti Umani e poi di nuovo il giudice Francis, in un tragico gioco dell’oca che aveva un solo traguardo prefissato: l’uccisione di Charlie Gard, per la quale tutti unanimemente si sono pronunciati per mesi, medici del GOSH e giudici di ogni corte.

Sono loro ad aver ucciso il piccolo e ad averlo voluto uccidere per una ragione molto semplice: i disabili gravi inguaribili ma curabili sono un costo pesantissimo per la sanità britannica, che ai costi è estremamente attenta, e Charlie era un caso perfetto perché non poteva parlare e non aveva un passato. Uccidevano un bambino senza amici, senza mogli, senza figli che soffriva di una malattia devastante che subiva in maniera silente e così potevano costruire un precedente giuridico che in un sistema di Common Law come quello britannico tornerà utile vedrete in quanti altri casi. Pensavano che i genitori non avrebbero lottato più di tanto, questo ormai è il mondo in cui i bambini vengono abortiti e centinaia di migliaia l’anno in ogni nazione “civile”, praticamente quasi sempre in caso di malanni riscontrati dalle varie forme di diagnosi prenatale, se poi nasce un bambino “handicappato” la società lo dipinge come “una disgrazia” e fior di accademici ne teorizzano la soppressione in vita in una moderna edizione della Rupe Tarpea.

Invece Chris e Connie hanno resistito, hanno lottato con le unghie e con i denti, si sono battuti come genitori che verrebbe da definire “d’altri tempi”, con le loro grida e il loro dolore non esibito ma evidente. Poi s’è mobilitato il mondo e forse chi poteva fare tanto ha fatto poco, ci siamo innamorati delle solite inutili petizioni on line e davanti al Great Ormond Street Hospital a protestare erano in trenta, anche dalle autorità politiche e religiose ci si poteva attendere altro che non fosse un paio di frasi (comunque utili a far piombare il caso in prima pagina). Magari il poco, che comunque ha coinvolto l’anima e la commozione sincera di milioni di persone prevalentemente in Italia e negli Stati Uniti, sarebbe stato sufficiente in un tempo normale, ma questo è il tempo in cui gli assassini hanno un’ostinazione fuori dal comune, il parallelo con i nazisti che ogni volta ripeto davvero non è forzato. Non si potevano sfidare le SS con le petizioni on line, prima o poi dovremmo arrivare a capirlo: serve organizzazione, presenza di piazza, forza politica, rappresentanza nelle istituzioni e nei luoghi dove si decide. Altrimenti decideranno sempre contro la vita e la prova è nel cadavere di Charlie su cui noi oggi piangiamo.

Alla fine, di tutto questo, resta la forza di una mamma e di un papà a cui noi oggi rendiamo omaggio nel momento del massimo dolore. A Chris e Connie, che avevano capito quel che i medici non avevano capito e che cioè una cura sperimentale per Charlie poteva esserci, non l’hanno perdonata e hanno davvero fatto di tutto fino a negare loro l’ultimo desiderio di far morire loro figlio a casa sua, dopo averlo stretto tra le braccia e avergli “fatto il bagnetto”. Questo dettaglio commuove davvero (anche chi ne scrive, ora) e solo la disumanità degli assassini ostinati ha potuto negare a quella mamma e a quel papà almeno questo ultimo momento di vita familiare insieme.

Il caso Charlie Gard è un punto di non ritorno, ma anche un punto di partenza se vogliamo rendere efficace la difesa di un diritto alla vita che altrimenti sarà sempre più circoscritto al campo opinabile dei “sani e produttivi”. Ma ci sarà occasione per parlare e scrivere di questo. Oggi non possiamo che pregare Dio di accogliere questo bambino innocente ucciso da mani che sapevano quel che facevano e che Maria gli canti materna la ninna nanna, facendolo dormire libero, ora che sicuramente libero è.

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03/08/2017
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