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di Mario Adinolfi
DIALOGO FRANCO TRA IL PDF E AVVENIRE
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QUI http://www.lacrocequotidiano.it/abbonarsi-ora L’intervento che ho inviato ad Avvenire è stato pubblicato sul numero del 5 agosto del quotidiano della Conferenza episcopale italiana, con una lunga e articolata risposta del direttore Marco Tarquinio. Si tratta delle prima occasione di confronto tra posizioni che sono senza dubbio diverse, ma che non hanno nulla da temere nel vedere innescato un dialogo franco. Qui di seguito il mio intervento come presidente del Popolo della Famiglia, a cui risponde Tarquinio come direttore di Avvenire. Troverete infine una mia inedita controreplica, mentre il botta e risposta sul cartaceo lo trovate a pagina 2 del giornale.
Caro Direttore,
sono stato amico di Giovanni Bianchi con cui ho condiviso fianco a fianco i pochi anni di vita del Partito Popolare Italiano dalla rifondazione nel 1993 come più giovane costituente chiamato da Mino Martinazzoli, fino al Consiglio nazionale che ne determinò lo scioglimento dieci anni dopo (e fui l’unico consigliere nazionale Ppi a votare contro la proposta dell’allora segretario Pier Luigi Castagnetti di confluire nella Margherita). Ricordo di Giovanni, insieme, fermezza e candore: due qualità che non sempre marciano insieme in una persona. Per conoscerlo bene andavano letti i suoi libri di poesie, davvero stupefacenti. Colgo l’occasione fornita da Franco Monaco per accennare a qualche considerazione sul futuro dei cattolici in politica, partendo dall’esperienza che con Gianfranco Amato e molti altri amici abbiamo compiuto alle amministrative del 2016 e 2017 in decine di città, presentando agli elettori l’opportunità di votare per un partito autonomo di ispirazione cristiana denominato Popolo della Famiglia.
Ci siamo confrontati con molte difficoltà, ma non con quella di determinare il nostro orizzonte programmatico: siamo ispirati dalla dottrina sociale della Chiesa e ad essa facciamo diretto riferimento. Questo non fa del Popolo della Famiglia un movimento confessionale. Chi legge la nostra quotidiana elaborazione di contenuti, anche attraverso il quotidiano La Croce, sa che ad essa collaborano personalità provenienti non solo dal mondo cattolico, ma anche evangelici, persino islamici, così come agnostici e non mancano gli atei. Certo, l’ossatura del gruppo dirigente del Popolo della Famiglia è composta da cattolici, che danno il segno caratteristico a questo movimento politico nato dopo il tradimento delle ragioni del Family Day operato attraverso il voto favorevole alla legge Cirinnà di moltissimi parlamentari sedicenti cattolici che pure al Family Day erano presenti.
Il nostro punto di vista è piuttosto chiaro: se i cattolici vogliono tornare ad avere un peso in questa cruciale fase di determinazione di nuove normative riguardanti elementi fondamentali della vita umana (dalla nascita, al matrimonio, alla morte), devono sapere raccogliere la sfida del consenso. Occorre una piattaforma di principi che una volta avremmo definito “non negoziabili” e oggi possiamo definire semplicemente “essenziali”, sui quali chiedere consenso agli italiani in sede elettorale. Noi vogliamo contrastare la piaga dell’aborto stabilendo il principio del diritto universale a nascere; vogliamo che il dettato costituzionale che riconosce la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio” tra un uomo e una donna sia rispettato; vogliamo che ogni bambino abbia il diritto riconosciuto ad avere una mamma e un papà e che sia definito crimine contro l’umanità il ricorso dei ricchi all’affitto dell’utero di donne in stato di bisogno; vogliamo che il malato, l’anziano, il sofferente sia curato e non considerato un peso da eliminare, con leggi come quella sull’eutanasia, figlia della “cultura dello scarto” più volte denunciata da Papa Francesco: vogliamo che la famiglia torni al centro delle politiche sociali, in particolare la famiglia numerosa, proponiamo quindi una riforma fiscale basata sul quoziente familiare; consideriamo la denatalità una tragedia per il nostro paese e vogliamo dunque tornare ad una stagione di fecondità istituendo per le donne che volessero dedicarsi alla cura della famiglia il reddito di maternità, che avrebbe un impatto molto minore sui conti pubblici rispetto al reddito di cittadinanza proposto da altri movimenti, generando invece un circolo economico virtuoso; siamo preoccupati per un paese che non sa accogliere dignitosamente l’immigrato, consente un flusso indiscriminato sulle nostre coste, che rischia di trasformarsi in fornitura di manodopera a basso costo che lede i diritti dei lavoratori e delle famiglia italiane; vogliamo una scuola libera, in cui la famiglia possa scegliere dove far crescere i propri figli, senza correre i rischi di indottrinamenti ideologici che vanno dal sessantottismo militante al gender.
Su una piattaforma programmatica cristianamente ispirata possiamo chiedere il consenso agli italiani, c’è lo spazio politico e il Popolo della Famiglia lo percorre con risultati che sono evidenti, nonostante il silenziamento mediatico. Abbiamo eletto consiglieri comunali in tutta Italia e superato lo sbarramento del 3% in molte cittadine, con punte che hanno superato di molto il 10% dei consensi ad Avola, a Goito, a Riolo Terme dove si terrà dal 23 settembre la nostra festa nazionale a cui, caro direttore, volentieri ti invitiamo. C’è davvero un evidente bisogno dei cattolici nell’agone politico e un movimento di natura programmatica, fermo nei principi e nato dal basso, può aprire una stagione di protagonismo del tutto nuova. Necessita il coraggio di percorrere la strada in autonomia, perché nessuna delle tre coalizioni maggiori oggi è disponibile ad una nettezza sui principi e il fallimento della presenza di parlamentari cattolici nei partiti esistenti è sotto gli occhi di tutti: non contano nulla e subiscono le decisioni prese da chi conta. Ovviamente da soli si farà più fatica, ma non vedo alternative davvero alla proposta messa in campo dal Popolo della Famiglia.
Con amicizia
Mario Adinolfi
presidente del Popolo della Famiglia
Risponde il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio
Programma affascinante e denso, caro Mario che stai articolando da tempo sul quotidiano online che dirigi, “La Croce”. Per realizzarlo servono argomenti forti, e tu fai politica e giornalismo da abbastanza tempo per ricordare che coincidono
con lunghe campagne informative e tenaci battaglie civili di “Avvenire”, sviluppate sostenendo l’impegno del Forum delle associazioni familiari. I tuoi argomenti lo sono, anche se personalmente emenderei il punto sul bando dell’utero in affitto (va bandito sempre, non solo se il soggetto committente è ricco e la donna è povera) e quello sullo sgoverno delle richieste di asilo e, in generale, delle migrazioni (non si può acconsentire neanche in modo obliquo alla retorica dell’invasione e della lesione agli italiani). Ma ci vogliono anche capacità di attrazione, intese più ampie possibili, saggia capacità di convinzione e mediazione. Sei sicuro che per cominciare il modo migliore sia di liquidare in blocco come nulla la presenza dei cattolici oggi impegnati in politica? Io ne vedo i limiti, ma non l’inutilità. Ne denuncio il sequestro “feudale” da parte di alcune logore figure di “capi” e la banalizzazione per colpa di volti troppo noti e poco stimati, non la dirittura dei più. E sono convinto quanto e più di te che tante energie preziose del nostro Paese, anche e soprattutto nei mondi vitali del cattolicesimo, siano oggi troppo lontane dall’impegno nell’agone politico proprio perché è diventato un’arena dove ci si combatte a colpi di ambizioni, presunzioni, sopraffazioni, omissioni, secessioni e proscrizioni… Il futuro non ha bisogno di parole-spada e parole-bandiera di fazione e fazioncina, ma di parole-seme capaci di far crescere fatti reali, frutti di condivisione. Se dico “Camaldoli” sono certo che tu, e non solo tu, capirai benissimo… Così è stato in un passato che non dobbiamo dimenticare e che non possiamo ripetere in modo identico. Per questo dai cattolici, anche e soprattutto nei rapporti tra di loro, pure io mi aspetto oggi per cominciare generosi e buoni esempi. La fraternità non è un optional, soprattutto per i cristiani. Auguri, dunque, per il tuo impegno alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, che lieviti nel segno della chiarezza e del dialogo (che nasce dalla stima se non proprio dall’amore cristiano): l’una e l’altra
rendono utile e buono ciò che facciamo.
QUESTA LA MIA CONTROREPLICA COME PRESIDENTE DEL PDF
Caro Marco, un ringraziamento intanto non rituale per lo spazio concesso e per la risposta articolata. Mi sembra un buon punto di partenza, che misura certo una distanza tra noi, ma forse non incolmabile. Non so davvero cosa siano le “parole-spada” o le “parole-bandiera”, so però, proprio perché una certa esperienza me la riconosci, che questo non è un tempo ordinario e non può essere affrontato con strumenti e soprattutto tempistiche ordinarie. Hai ragione, è immediatamente evocativa per me la parola “Camaldoli”, ma davvero credo che questa sia una stagione totalmente nuova che non possa essere affrontata ricalcando strade e metodi gloriosi, in fondo lo dici anche tu affermando che “non possiamo ripetere in modo identico”. Camaldoli si colloca in un versante della storia in cui i cattolici italiani erano protagonisti assoluti, in cui la Chiesa era la principale e più forte agenzia educativa del Paese, in cui il partito cristianamente ispirato si avviava ad essere egemone tanto da portare persino Palmiro Togliatti a votare prima l’articolo 7 e poi il successivo articolo 29 con cui la Repubblica “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, quando il segretario del Pci viveva lui stesso in una condizione diversa, more uxorio con Nilde Iotti. Il “pensare cristiano” era culturalmente ovunque, dettava la morale anche ai comunisti, da quel clima nasce il successo del Codice di Camaldoli, per decenni rimasto come mito inarrivabile di ogni momento di ricostruzione di una presenza organizzata dei cattolici in politica. Non devo stare a spiegarti, caro Marco, che le condizioni storiche e politiche sono profondamente mutate, quelle culturali poi in modo fin troppo netto. Oggi siamo veramente all’angolo, non passa settimana senza che arrivi una proposta di legge apertamente anticristiana, una sentenza contro la famiglia naturale, un’articolata proposta di qualche luogo mediatico che fa a pezzi qualche principio per noi cattolici essenziale. Allora, fattelo dire da un ragazzo ormai invecchiato che conosci da un quarto di secolo che non ha avuto paura di farsi definire “democristiano” per tutta la vita, che oggi i democristianismi non bastano più. Se oggi vogliamo riconquistare uno spazio in politica dobbiamo proporre, in special modo ai più giovani ma non solo, una capacità di radicalismo che sia testimonianza visibile della vitalità delle nostre idee. Sui principi non negoziabili è inaccettabile che centinaia di parlamentari cattolici eletti nel centrodestra come nel centrosinistra abbiano aperto il negozio e se li siano venduti per quindici denari, facendo approvare leggi vergognose come il divorzio breve e l’unione civile omosessuale che apre la strada all’utero in affitto (accetto subito il tuo emendamento, da mettere al bando sempre). Mi pare incredibile che solo 37 deputati su 630 abbiano votato contro la legge sul cosiddetto testamento biologico, che Forza Italia abbia lasciato libertà di coscienza, che esponenti di quel partito siano andati garruli a sfilare al gay pride, che la Lega proponga la legalizzazione della prostituzione e insieme a Fratelli d’Italia proponga Vittorio Feltri, tesserato Arcigay sostenitore aperto dell’eutanasia, come presidente della Repubblica e lo voti in aula. Sì, caro Marco, purtroppo in questa legislatura si è dimostrato il fallimento della presenza dei parlamentari cattolici nei partiti, non hanno contato nulla. La strada è nella costruzione di un programma (ti ringrazio di aver definito “denso” quel che per sommi capi ho accennato) e di un movimento dal basso che facendosi portatore di quel programma chieda il consenso agli italiani: quel movimento esiste e si chiama Popolo della Famiglia. Mi farà piacere se di tanto in tanto ci saranno occasioni per Avvenire per raccontare quel che quotidianamente facciamo come movimento politico aperto al contributo di tutti, per questo certamente non immemore del concetto di fratellanza a cui ci richiami, ma molto netto nella difesa della propria autonomia. Chiediamo agli italiani un milione di voti alle prossime elezioni politiche per portare il Popolo della Famiglia in Parlamento e far tornare protagonista il cattolicesimo politico in Italia. Riteniamo l’obiettivo assolutamente a portata di mano e ti chiediamo solo l’attenzione franca e critica che ci hai riservato oggi nella tua risposta.