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di Mirko De Carli
Franco Di Mare offende i cattolici polacchi a spese pubbliche
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Ad UnoMattina è andata in onda l’ennesimo esempio di “informazione di regime” della televisione pubblica italiana. Il conduttore Franco Di Mare ha preso la parola per esternare un pistolotto di oltre cinque minuti teso a bollare come “manifestazione di regime pro Presidente polacco” la mobilitazione di un milione di cattolici polacchi, ai confini della propria nazione, per un “Rosario di Riparazione”. Gli organizzatori stessi, dell’associazione “Solo Dio basta”, lo avevano già chiarito da giorni criticando le parole dei principali giornali polacchi di proprietà di Soros con questa precisa ed inconfutabile dichiarazione: “”Crediamo che se il Rosario venisse recitato da un milione di polacchi lungo il confine del Paese potrebbe cambiare non solo il corso degli eventi, ma anche aprire il cuore dei cittadini alla grazia di Dio. Cent’anni fa Maria ha affidato ai tre bambini portoghesi un messaggio di salvezza: pentitevi ed offrite riparazioni per i peccati contro il mio cuore e recitate il Rosario”.
Di Mare, invece di citare le parole dei promotori dell’iniziativa si addentra a giudizi falsi e totalmente inopportuni: “Storicamente è sempre avvenuto, ma ogni volta la scena mette i brividi. Quando la religione si piega agli interessi della politica la storia prende sempre strane e pericolose pieghe. Le cronache delle Crociate ne sono un esempio: Franco Gardini, medievalista cattolico, ha scritto volumi sui motivi storici che alimentarono quelle guerre di religione. I crociati che intorno all’anno 1.000 arrivarono alle porte di Antiochia, Siria, si trovarono di fronte le mura di una città meravigliosa, con palazzi dalle cupole d’oro. Nell’armata brancaleone che assediò la città, tanto per ricordare, c’erano anche i “tafuri” un gruppo di gentiluomini che non facevano prigionieri perché se li mangiavano: erano cannibali. Tutto questo in nome di Dio. La storia è costellata di misfatti compiuti in nome del creatore, Suo malgrado. I conquistadores Spagnoli catechizzarono le popolazioni del Sud America con la spada. Non furono i soli. Gli ottomani islamizzarono parte dei Balcani impalando coloro che non si convertivano al Corano. Non esiste religione, in pratica o quasi, che non abbia commesso scempi di questo tipo e non esiste tiranno o satrapo, leader radicale che non si sia servito dei simboli destinati alla preghiera per fomentare l’odio e la divisione. Lo fa l’Isis oggi , usando i versi del Corano come bandiera per sgozzare i nemici, lo facevano i razzisti del Klu Klux Klan in Alabama e Georgia negli anni sessanta per bruciare i neri sulla Croce, sul massimo simbolo della cristianità che veniva utilizzato per uccidere e alimentare l’odio. Altri segnali di una nuova deriva storica che potrebbe portarci all’imbarbarimento collettivo sembrano arrivare dalla Polonia. Un milione di cattolici si sono riuniti nel confine al fronte sud del Paese da dove arriva il flusso dei migranti. I fedeli riuniti hanno pregato per sconfiggere il male, individuando nel maligno i profughi in marcia verso l’Europa”.
Queste parole hanno qualche pertinenza con la mobilitazione polacca e lo spirito testimoniato dagli organizzatori? Nulla. Solo mistificazione e dileggio. Non un fatto. Si cita la giornata dedicata alla Madonna del Rosario? No. Si cita la ricorrenza della vittoria di Lepanto? No. Si realizza un vergognoso assioma tra fondamentalismo islamico e presunto integralismo cattolico. Se prima di sabato nessun giornalista di regime aveva avuto l’ardire di parlare di questo avvenimento oggi, davanti ai numeri imponenti di partecipazione anche in Italia, hanno messo in atto la macchina del fango: affibbiare l’etichetta fondamentalista a chi vive in un paese pienamente democratico e laico.
Perché non ripartire dalle parole di Benedetto XVI a Ratisbona dove affronta sì il tema del delicato rapporto tra fede e violenza ma giudicando i fatti e non immischiando Dio in faccende che non lo riguardano: “È necessario accogliere le vere conquiste dell’illuminismo, i diritti dell’uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l’autenticità della religione. Come nella comunità cristiana c’è stata una lunga ricerca circa la giusta posizione della fede di fronte a quelle convinzioni – una ricerca che certamente non sarà mai conclusa definitivamente – così anche il mondo islamico con la propria tradizione sta davanti al grande compito di trovare a questo riguardo le soluzioni adatte. Il contenuto del dialogo tra cristiani e musulmani sarà in questo momento soprattutto quello di incontrarsi in questo impegno per trovare le soluzioni giuste. Noi cristiani ci sentiamo solidali con tutti coloro che, proprio in base alla loro convinzione religiosa di musulmani, s’impegnano contro la violenza e per la sinergia tra fede e ragione, tra religione e libertà. In questo senso, i due dialoghi di cui ho parlato si compenetrano a vicenda”. Questa è una posizione che apre e non chiude, per rifarmi a Papa Francesco, il cuore dell’uomo a un Fede che diventa bene per tutti e non strumento di odio e di conflitto.
Come ha giustamente chiarito l’arcivescovo di Cracovia, Marek Jedraszewski, invitando i polacchi a pregare “per le altre nazioni europee, perchè capiscano che bisogna tornare alle radici cristiane perché l’Europa rimanga l’Europa”. Tutto questo ha qualche pertinenza con il pistolotto moralista e ipocrita di Di Mare? Assolutamente nulla.
Il giornalista Rai arriva persino a “tirare per la giacchetta” Sua Santità dicendo che la Polonia sta realizzando “un uso improprio della religione. La preghiera è il momento di maggiore intimità nel suo rapporto con Dio: evidentemente, in questo caso, sembra che la religione si sia messa al servizio degli interessi del Presidente polacco, che è uno degli esponenti del fronte dell’Europa dell’Est di cui fa parte un altro cristiano come il Presidente ungherese Orban”. Pregare in pubblico per riaffermare la matrice identitaria greco-romana-giudaico-cristiana in pace significa “fare un uso improprio della religione”? Mi sembra altro, ben altro. Significa rendere la Fede non ostacolo al dialogo ma terreno fertile dove la sua espressione laica, la ragione, diventa “ragion d’essere” del dialogo stesso.
Di Mare arriva poi a contestare persino il protagonismo di Radio Maria polacca: “La macchina della propaganda si è messa in moto e i mass media controllati dal regime sono in pieno lavoro. Radio Maria a Varsavia e il suo canale televisivo sono scesi in campo per l’iniziativa contro i migranti facendo delle dirette. Sono le stesse emittenti che normalmente censurano Papa Francesco quando parla di riforme della Chiesa e di accoglienza e solidarietà. Siamo a questo? un insieme di cristiani che usa i simboli della cristianità per negarne i valori?” Di Mare ha mai ascoltato le trasmissioni di Radio Maria? No, non credo proprio. Purtroppo il giornalismo soffre di una male molto pericoloso: leggere i fatti internazionali con gli occhiali dei mass media europei (occidentali). Storpiati dagli interessi delle lobby e da un ateismo neutralista dilagante.
Peccato che tutto questo accada nella principale emittente pubblica e nella trasmissione di punta del mattina. Il tutto pagato con le tasse di noi contribuenti attraverso il canone Rai. Ma questa è la Rai lottizzata di Renzi e Berlusconi: basta ascoltare i discorsi di Gentiloni e di Minniti per comprendere da dove tragga riferimento i monologo di Di Mare. Una sola opzione per noi ora è possibile: entrare nel palazzo e invertire la rotta. Questo significa che, una volta presenti in Parlamento, dovremo avere il coraggio di entrare nel Consiglio di Amministrazione della Rai e bloccare ogni deriva inaccettabile come quella verificatasi ieri mattina durante UnoMattina. Avremo sule spalle una grossa responsabilità, a voi il compito di affidarcela col voto.