Società

di don Roberto A.M. Bertacchini

Molestie Sessuali ed impresentabili

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Piero Sansonetti non è mai stato un personaggio di destra, ma – che io ricordi –, a differenza di altri giornalisti, non è fazioso. Non per caso dirige un giornale dal titolo emblematico: Il Dubbio. Ebbene, il 21 novembre è uscito con un articolo dal titolo: “Brizzi, De Luca, Tavecchio: i tre volti della gogna”, nel quale molto coraggiosamente difende Tavecchio riconoscendone i meriti; e difende pure Cateno De Luca, dandogli la patente di perseguitato. In effetti quando uno subisce 14 processi e risulta 14 volte assolto, viene più di un dubbio che qualcosa non torni. Su Brizzi non si pronuncia, come è giusto che sia, perché attualmente non è emerso nulla di penalmente rilevante.

Il dato sociopolitico

Ma il punto di fondo è che pone una questione pesantissima, che ha ribadito anche da ospite della trasmissione “Virus”: i processi mediatici sono una barbarie. Ha ragione. Non dimentichiamo Gardini o altri simili suicidi, a seguito della gogna mediatica. Purtroppo non ci sono prove – o almeno io non le ho – di quanto sto per dire; ma sono del tutto convinto che né Stasi né la Franzoni sarebbero stati condannati, se non fossero finiti nel frullatore mediatico, e condannati dalla stampa egemone prima che dai tribunali.

Infatti si tratta di processi indiziari, dove il ragionevole dubbio avrebbe dovuto prevalere, ma non prevalse. E la nostra è una magistratura strana, tendenzialmente buonista, fatto salvo che l’imputato non abbia qualche “colpa sociale” (per es. la colpa di essere un “piccolo borghese”). So per certo di un caso avvenuto a Modena, dove un PM, pur essendo acclarato il reato di calunnia e noto al PM stesso (che aveva assolto da un presunto reato la vittima stessa della calunnia), non ha proceduto d’ufficio come sarebbe stato suo dovere. Non mi risulta che nessuno abbia preso provvedimenti al riguardo. Dunque, una magistratura strana.

E, quando la magistratura è condizionabile, il potere mediatico diventa devastante. Vedremo come andrà a finire il caso di Roberto Spada. Certo colpisce che si sia riusciti a incriminarlo per lesioni con aggravante mafiosa (e dunque a incarcerarlo), quando sino alla testata data al giornalista risultava incensurato. Come vien fuori l’aggravante? Solo perché una telecamera ha ripreso tutto? Non dovrebbe esserci stata un’attività mafiosa previa? E come mai, allora, era incensurato? Sia come sia, anche in quel caso, i media si sono scatenati a più non posso.

Che dire poi di Genovese jr., incensurato, e bombardato come “impresentabile”, un giorno sì e l’altro pure, fino a elezioni regionali avvenute, e anche oltre? Sarà un caso ma, dopo un tale trattamento, ecco che la magistratura lo incrimina. Negare che troppe volte vi sia un cortocircuito tra magistratura e mass-media è contro l’evidenza. Ma non è finita. Per settimane il tema degli “impresentabili” ha tenuto banco sui giornali e nei talk-show televisivi. Poi succede che venga incriminato anche Tamajo, eletto nelle liste PD. Ebbene, il Corsera ne dà notizia in un box stringatissimo a p. 13, e subito cessa il tam-tam mediatico [1], salvo il riaccendersi dei riflettori su Genovese jr., una volta incriminato.

Allora questa è malafede e ipocrisia. Si fanno campagne mediatiche non perché ci sia la notizia, ma per colpire la controparte politica. Mi ha fatto tenerezza Formigli, sconcertato dal comportamento della Provincia di Bolzano, che ha negato l’alloggio a una famiglia di immigrati, benché sollecitata dai medici che ne ebbero in cura il figlio, affetto da gravissima patologia. Mi ha fatto tenerezza, perché – nel caso – lui ha fatto un servizio onesto, dal quale emergeva che sotto elezioni quella Amministrazione di sinistra si asteneva da politiche di sostegno all’immigrazione, per non perdere voti.

E lui era sconvolto: ma come, giunte di sinistra? Amministrazioni di sinistra? E il punto è semplice: quando è possibile cavalcare notizie analoghe per mettere nel mirino la Lega, le corazzate mediatiche si scatenano a più non posso; invece, quando gli stessi comportamenti sono di amministrazioni di sinistra, si mette la sordina: un trafiletto a p. 13, sì e no. E allora si è ipocriti e Sansonetti ha ragione: stiamo precipitando nella barbarie.

Mi hanno molto colpito alcuni servizi su Ostia, dove mamme esasperate difendevano Spada e se la prendevano col giornalista. Era gente comune. Forse alcune di quelle donne neppure erano andate a votare. Un atteggiamento che la Merlino non è sembrata in grado di capire, né molti altri più o meno come lei. Mi chiedo: a nessuno viene il dubbio – Bersani a parte – che la sinistra – ma anche il giornalismo radical-chic di sinistra – stia perdendo contatto con il popolo? Quando il giornalismo è tendenzioso nelle sue linee editoriali, un massmediologo lo capisce e lo può anche facilmente documentare, purché sia intellettualmente onesto. Il popolo, invece, non ha gli strumenti per farlo; però, alla lunga, – inondato da una faziosità sfacciata – sente che qualcosa non quadra. Lo sente a pelle, e ti gira le spalle. E così il giornalismo, un po’ alla volta, perde potere e ascolti.

La frase di Grillo rivolta ai cronisti: «Vi mangerei per vomitarvi» è emblematica. È stata stigmatizzata da molti, ma sono convinto che gran parte degli elettori grillini l’abbiano condivisa. Infatti, il trattamento riservato alla Raggi è stato patetico. Tanto per dire, Marra era mediaticamente un delinquente molto prima di essere inquisito, per la sola colpa di esser stato un funzionario durante l’Amministrazione di Alemanno [2]. E la Raggi era criminalizzata per essersi avvalsa del suo aiuto. È solo un esempio. Ma il martellamento è stato costante e continua ancora, solo con minor frequenza. A qualcuno si perdona tutto, ad altri nulla; e, talvolta, si incrimina mediaticamente questo o quello per il solo fatto che abbia consenso, ma dalla parte “sbagliata”. E questa è barbarie.

È barbarie, ma non solo questo. Perché quando la barbarie ottiene la distruzione politica degli avversari (e, dalla distruzione di PSI e DC, in oltre vent’anni è cambiato assai poco), allora c’è un problema di tenuta della democrazia. Come si fa a credere a Renzi che oggi vorrebbe competere elettoralmente con Berlusconi, quando lui stesso ne assecondò l’espulsione dal senato? Come credere che sia un’anima candida, quando non s’indignò né per l’applicazione retroattiva della Severino, né del voto palese al senato, contro la prassi del senato stesso? Come argomentai, Hannah Arendt fu più equilibrata di lui, riconoscendo che il processo ad Heichmann – così come venne condotto – fu alla fine un abuso, proprio e anche perché condotto sulla base di una legge che si pretese retroattiva. Ed era un’ebrea. Ebrea, ma intellettualmente onesta.

L’ipocrisia è disonestà intellettuale. Sul breve termine può dar l’impressione di essere vincente. Magari uno si sente pure furbo. Ma alla lunga l’ipocrisia non paga. Si addebita la crescente astensione agli errori politici dei partiti e delle loro classi dirigenti. E che di errori ne abbiano fatti, è indubbio. Ma che l’astensionismo attuale sia addebitabile solo ai partiti, ho qualche dubbio. Infatti è attraverso i media che la politica è percepita in modo massivo. Sono i media che la squalificano e che si squalificano [3]. E dunque ci sarebbe non solo da fare un «mea culpa» solenne, ma anche da cambiare rotta.

Benedetto XVI ammonì severamente i media, nel discorso tenuto in chiusura del Convegno sulle Comunicazioni Sociali del gennaio 2008. Pochi giorni dopo l’Authority preposta alla Comunicazione (i giornali ne hanno riportato l’intervento il 2 febbraio) stigmatizzò duramente i processi mediatici: «In televisione – disse Calabrò – il processo o la mimesi del processo non si possono fare. L’informazione deve essere equilibrata, obiettiva, e deve garantire il contraddittorio senza anticipare giudizi su questioni ancora sub judice». Perciò: «l’informazione non può divenire gogna mediatica, né spettacolarizzazione ispirata più all’amore per l’audience che all’amore per la verità». Nelle parole di Calabrò vi è un’eco abbastanza chiara di principi enunciati da Benedetto XVI poco prima, e di fatto equilibrio e completezza nel giornalismo – non solo televisivo – sono deontologicamente irrinunciabili. Eppure, da allora – accusa Sansonetti – è cambiato ben poco. È vero: si è persino persa memoria di quell’intervento di Calabrò.

***

Scenari di genere

Se la politica merita il primo piano, anche sulla questione delle molestie vi è però qualcosa da dire. Che scoppi il bubbone, ben venga [4]. Come ho scritto, è vero che non pochi maschi in posizioni di potere hanno abusato di esso per ottenere favori sessuali. Ed è vero che in genere sono donne ad esser oggetto delle loro pressioni. Non è però vero che siano solo donne, perché Pasolini chiedeva sì favori, ma non a loro. E non fu l’unico. Però ci sono altre due questioni che meritano d’esser discusse.

La prima è molto semplice: cosa qualifica un atteggiamento maschile come molestia? Un diffuso settimanale ha recentemente avanzato la tesi che debba essere la vittima a stabilirlo. Quindi, se una donna prende come un complimento una pacca sul sedere, va tutto bene. E se un’altra considera un mazzo di fiori una molestia, alla gogna il malcapitato corteggiatore. Che qualcosa non quadri è troppo evidente. In un Paese civile il discrimine tra lecito e illecito deve essere oggettivo. Altrimenti arriveremo a processare qualcuno, solo perché abbia guardato storto una fanciulla. Non è possibile concedere alle donne un simile potere; e sono arroganti a chiederlo (la suddetta tesi è di una giornalista).

Ma, alcune di loro, non sono solo arroganti, sono anche superficiali: per es. considerano che questa patologia sociale svanirebbe come per un tocco di bacchetta magica, allorché fossero loro al potere. Come che siano tutte immacolate e impeccabili! Ed Erodiade? E Lucrezia Borgia? E la perfidia femminile? A me è capitato più di una volta di incontrare degli ex-mariti disperati per non poter co-educare i figli; e anche alcuni ridotti sul lastrico da sentenze che li privavano non solo della casa, ma anche di un equo sostentamento, sulla base del principio che la moglie aveva diritto a mantenere il tenore di vita antecedente alla separazione.

Situazioni in cui è evidente che l’ideologia femminista finisce per derogare dal buon senso. Se si sia così crudelmente punitive nei confronti di un marito, è ragionevole immaginare che non si cadrà in altri abusi, solo perché donne? Non è esercizio di potere quello? Io ho scritto diluvi di pagine a favore di un riequilibrio di genere, e alcune le pubblicai a doppia firma con p. Piersandro Vanzan sj. Però il troppo stroppia. E se una conveniente dose di umiltà non fa male agli uomini, neppure ha mai veramente danneggiato alcuna donna.

***

Il dato etico-formativo

Lo dico sommessamente, ma il vero problema non è l’insufficiente potere femminile e neppure la sudditanza psicologica di questa o quella fanciulla. Il vero problema è che, senza un’etica diffusa e condivisa, la vita sociale sarà sempre affetta da squilibri gravi. Ne ho parlato a proposito del servilismo, mostrando come la legge stessa sia funzionale alla gestione perversa del potere. Durante gli anni ’50 gran parte della classe dirigente veniva dall’Azione Cattolica, e fu una classe dirigente che fece molte cose buone. Ricordo Mattei, l’integrità di De Gasperi, le battaglie di La Pira, ma anche il piano-casa di Fanfani. Fu una classe dirigente competente e sostanzialmente onesta (non tutti: per es., quanto a Scelba, mi metto sotto l’ombrello del giornale di Sansonetti: Il Dubbio). E se fu sostanzialmente onesta, lo fu per la formazione che l’Azione Cattolica aveva dato durante il fascismo e continuò a dare nel dopoguerra. Ma oggi? Quale agenzia dà più in modo massivo spessore etico a giovani? E non è questo un problema politico? Io dico che è uno dei più gravi e urgenti. Ma – almeno in Italia – è anche uno dei più sottovalutati.

Il dato teologico: la corona di spine oggi

La corona di spine non è solo atroce sevizia fisica, ma anche supremo dileggio, irrisione e pubblico disprezzo verso chi abbia preteso una regalità non concessa dal mondo, dall’establishement. È curioso, ma si tratta di un unicum: nessun altro, prima o dopo di Cristo, fu incoronato in tal modo. Potremmo pensare che Gesù perpetui la sua incoronazione dolorosa in pochi carismatici stigmatizzati. E certamente ciò avviene anche in loro. Se però consideriamo l’aspetto morale del supplizio, allora la prospettiva cambia notevolmente. Infatti, c’è un elemento nel suo martirio che difficilmente o non sempre torna in chi riceva le ferite al capo. San Pio da Pietrelcina conobbe il disprezzo e l’irrisione anche in forme pubbliche, persistenti e religiose, ma non fu stigmatizzato al capo. In altri casi si hanno magari sofferenze fisiche anche più atroci, ma non associate a persecuzioni morali altrettanto drammatiche. Mai emerge poi quella dimensione politica che invece non fu marginale in Gesù, poco prima acclamato Re d’Israele.

Guardando però al Corpo mistico nel suo insieme, dobbiamo riconoscere la notevole prossimità a tale martirio del tritacarne mediatico. E questo perché: a) è un rituale di degradazione pubblica e infamia senza eguali; b) è applicato dal laicismo alla Chiesa come Istituzione; c) ne sono oggetto i «minimi» in cui Cristo si riconosce [5]; d) il suo esito è sempre drammatico (vedi le dichiarazioni della moglie di Brizzi) e talvolta tragico fino al sangue; e) è per sé un rituale politico, inteso a strutturare l’immaginario collettivo. Il tritacarne mediatico diventa allora il paradigma in grande di molti e più frequenti riti di degradazione non poco dolorosi (e talvolta tragici) che colpiscono l’umanità invisibile, sia in famiglia, sia sul lavoro, sia nella vita sociale in genere.

Quanto all’infamia gettata sulla Chiesa e sul cristianesimo (integralista, oscurantista ecc.) è vero che molto anticlericalismo ottocentesco fu viscerale, inaccettabile. Ma anche la critica di Dante punge: «tu entrasti povero e digiuno / in campo, a seminar la buona pianta / che fu già vite e ora è fatta pruno» [6]. Se ai suoi tempi già la divergenza storica dalla Chiesa apostolica era motivo di scandalo, non è che nei secoli successivi si sia separato il grano dalla zizzania. La Chiesa è orto di santità, ma anche di errori. E, dato che lo stesso Giovanni Paolo II ha riconosciuto con solennità la cosa, non insisto.

Il 24 e 25 ottobre 2007 il Corsera diede spazio a Sergio Luzzatto e al suo libro su p. Pio, che dai lanci giornalistici sembra un’evidente rilettura al ribasso del frate [7], e comunque ottiene l’effetto notevole di sottolineare l’incomprensione di due santi, dato che Giovanni XXIII ebbe riserve importanti sull’apostolato di p. Pio [8]. Sul libro non esprimo giudizi, ma sul piano mediatico la corona di spine emerge sia per l’attacco a due figure di moralità straordinaria che la Chiesa ha riconosciuto icone di Cristo, sia per il modo che ne nega la difesa. Essendo morti il Papa e il frate, siamo sul piano della Storia, dove il problema critico è già almeno in parte risolto. È restando sul piano della cronaca che il disorientamento prevale.

Che il mondo cattolico goda di trattamenti mediatici asimmetrici ha ormai troppi riscontri. Emblematico che Mastella sia finito nel frullatore per aver preso l’aereo di Stato andando a Monza, mentre Rutelli sia rimasto indenne dalla bufera. Sull’ex-sindaco di Roma, Vauro si è ben guardato dall’infierire come su «madre Mastella di Calcutta». È il modo stesso del dileggio che fa della tradizione democristiana e cattolica di Clemente il motivo stesso della discriminazione e rende chiara l’ipocrisia dello stracciarsi le vesti per una vignetta anti-islamica (la fede di Mastella non merita almeno lo stesso rispetto di quella musulmana?).

E qui siamo al piano ecclesiologico: gli incoronati meritano la solidarietà ecclesiale? Il card. Bertone non ebbe tema di difendere dal fango mediatico un importante Istituto salesiano. Ma i casi di mancata solidarietà sono talmente numerosi da essere del tutto prevalenti. Basti riflettere all’isolamento che per decenni avvolse p. Pio. Ecco allora che viene a proposito la lezione di Wilde [9]: non siamo immacolati, e certo Andreotti ebbe responsabilità politiche e morali gravissime quando invece di dimettersi dalla Presidenza del Consiglio firmò una legge laicista, che poi danneggiò in modo devastante la società italiana. Ma Andreotti fu pure processato per l’omicidio del direttore di OP e anche per mafia. Cioè subì la corona di spine, pur gravemente colpevole sul piano morale. Ma dal mondo cattolico fu poco contestato per quella colpa gravissima, e fu lasciato praticamente solo nel suo calvario successivo. C’è dunque qualcosa che non va – e di non secondario – nella formazione cristiana, che per un verso è incapace di correzione fraterna; e per un altro troppo incline ad abbandonare i fratelli di fede [10].

***

[1] Cioè il piccolo box a p. 13 del Corsera ha avuto l’effetto di un segnale: stop al bombardamento (infatti, continuando, si prestava il fianco alla controffensiva). Emblematico che Minniti, il 24 novembre a Milano per un congresso antimafia, abbia proposto un patto solenne a tutti i partiti, per rinunciare ai voti mafiosi. E questa è una implicita ammissione che nessuno aveva giocato pulito, e pure consapevolmente. Minniti è stato onesto. Il tam tam mediatico a senso unico molto meno.

[2] Un funzionario è uno che ha vinto un concorso. Non è un assessore di nomina politica.

[3] Il doppiopesismo non è detto che lo si avverta subito, soprattutto se si sia «tifosi sfegatati», per così dire. Ma alla lunga emerge e disgusta. Quando un giornalista si accalora contro Berlusconi, perché condannato come evasore fiscale, ma nel contempo omette di dire che per il medesimo reato furono assolti tutti i dirigenti che avevano deleghe amministrative, e lui fu condannato benché non ne avesse alcuna, solo per il teorema che «non poteva non sapere»… Che si deve dire? Non è che un certo giornalismo fa il pubblico più stupido di quanto in realtà non sia? Se Berlusconi era colpevole, perché assolvere i suoi dirigenti amministrativi? Dovevano essere condannati tutti. O no? Non è strana una magistratura simile?

[4] La gogna mediatica è una barbarie. Però è vero che si è andati troppo oltre, e che qualche contraccolpo è necessario, affinché si recuperi una situazione di maggior equilibrio.

[5] Ossia li crea, perché toglie stima sociale: disonora. Si pensi a Pacciani, e a ogni altro «mostro», in realtà non sempre tale. Nell’estate del 1996, fu dato alle stampe Il caso Pacciani, che come sottotitolo recava: Storia di una colonna infame? Un drammatico pamphlet di Francesco Ferri – galantuomo per cinque anni giudice penale di Cassazione, quindi Presidente di Corte d’Appello a Firenze, e in tal veste Giudice del processo di secondo grado al contadino di Mercatale – che ci prende come per mano, e passo passo mostra come la stessa tipologia di aberrazioni giuridiche di cui Manzoni rende conto nel suo libello, a oltre tre secoli da quei lontani fatti, si sia ripetuta – sebbene con una diversa, ma c’ è da temere più raffinata e abominevole crudeltà – nella teoricamente civilissima Italia della fine del XX secolo, in quel di Firenze.

[6] Paradiso, XXXIV, 109-111: Dante sta parlando a san Pietro.

[7] Cfr http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_24/luzzatto.shtml.

[8] Al Papa furono consegnate in modo malizioso registrazioni dove si sentivano i baci delle devote, omettendo di dire che erano innocenti baci alle mani piagate del frate.

[9] Nel De profundis Wilde dice di pagare ingiustamente il fio di una condanna misericordiosa. L’ossimoro stupisce, ma Wilde è un genio e ben vede il piano della sapienza divina, che gli risparmiò condanne più pesanti per altre e molte colpe da lui commesse, e ne permise una quando innocente, in modo che – essendo punito – dalla punizione non fosse disgiunta la gloria.

[10] Non è una novità, se anche Paolo se ne lamenta (cfr 2Tm 1,15 e 4,16). La novità è invece nella statistica, perché l’eccezione è divenuta regola. Tanto è vero che, scrivendo alla comunità di Roma, sant’Ignazio di Antiochia scongiura i fratelli di non intercedere per lui, e di lasciarlo martirizzare. Vuol dire che la solidarietà era la prassi normale. Oggi simili suppliche – se vi fossero – sarebbero prese come ironie o sarcasmi, e questo dice tutto.

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28/11/2017
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