Storie
di Emilia Flocchini
Avrebbe compiuto oggi 50 anni Santa Scorese
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Avrebbe compiuto oggi cinquant’anni la Serva di Dio Santa Scorese, della diocesi di Bari, se la sera del 15 marzo 1991 non fosse stata colpita a morte da un uomo che desiderava averla per sé. Lei, però, aveva le idee chiare:voleva essere del Signore e spendere la vita al servizio del prossimo. Appare comunque riduttivo considerarla solo come una vittima del desiderio di possesso da parte del suo persecutore, o dello “stalking” come lo si chiama oggi. Proviamo dunque a ripercorrere le tappe della sua maturazione, in un percorso di vita durato appena ventitré anni. Santa è nata a Bari il 6 febbraio 1968, appunto, nella sua casa di via Dante Alighieri 256, quartiere Libertà. Quattro anni prima di lei i genitori, Piero Scorese, agente di Pubblica Sicurezza, e Angela Dachille, casalinga, hanno avuto Rosa Maria. Quasi venti giorni dopo la nascita, il 25 febbraio, viene portata al fonte battesimale della parrocchia del Santissimo Redentore, a soli cinque minuti da casa: il nome che riceve è lo stesso della nonna materna, che le fa da madrina insieme al marito. Fin da piccolissima frequenta la parrocchia, retta dai Salesiani, insieme alla sorella maggiore. Quando è il momento giusto, comincia il catechismo: è molto vivace, curiosa, desiderosa di conoscere meglio Gesù. La tradizione salesiana le rende familiari figure come san Giovanni Bosco e san Domenico Savio, il suo giovanissimo allievo. Soprattutto, però, inizia a conoscere e ad amare la Madonna. Comincia a farsi strada in lei un carattere determinato, che si vede anche nella scuola e nel rapporto con i compagni: è estroversa e sa prendere l’iniziativa. Nel 1981 viene a sapere che don Rosario Adamo, il suo parroco, viene trasferito. Santa è molto dispiaciuta, perché aveva un buon rapporto con lui. Inizia quindi a scrivergli delle lettere, dove gli confida le angosce che le causano la sofferenza fisica dello zio Luigi, malato di tumore, e le incomprensioni con la famiglia e con i compagni di scuola. Gli espone anche i dubbi per la scelta della scuola superiore, ma alla fine sceglie il liceo classico. Si iscrive quindi all’ «Orazio Flacco», dove non si sente molto a suo agio, specie a causa di alcuni professori. Con le compagne, in compenso, riesce a fare amicizia. Con l’amica Maria decide di darsi a qualche sport, ma, un giorno, vede insieme a lei un manifesto della Croce Rossa, con l’annuncio di alcuni corsi formativi.Santa si getta con la sua solita determinazione in quell’impegno ed entra nella Componente dei Pionieri. In particolare, è attenta ai bambini e ai ragazzi malati di poliomielite e di distrofia muscolare. A scuola continua a farsi notare per il tono con cui difende le proprie convinzioni. Un giorno, il professore di filosofia lancia una sfida agli studenti: scommette diecimila lire dell’epoca se qualcuno di loro riesce a dimostrargli una verità assoluta. I ragazzi ci provano, ma senza esito. Santa si alza in piedi e dichiara: Dio è l’unico bene assoluto. Anche i compagni, a volte, la prendono in giro perché va a Messa tutti i giorni, ma qualcuno si ricrede quando lei interviene,domandando al padre quel favore, per liberare uno di loro, arrestato durante una rivolta studentesca. A quindici anni, comincia a frequentare le Missionarie dell’Immacolata Padre Kolbe, consacrate di un Istituto Secolare fondato da padre Luigi Faccenda, francescano conventuale, nel 1954. Le ha incontrate nel 1984, in una missione parrocchiale nella sua comunità e subito ha intuito che non sono come le altre suore che conosce. Grazie a loro aderisce alla Milizia dell’Immacolata. In parallelo, frequenta il Movimento dei Focolari e inizia il cammino con le altre Gen, ossia le ragazze che hanno deciso di vivere l’ “Ideale” presentato da Chiara Lubich. Nel suo diario ricorrono molte espressioni della spiritualità focolarina, come «vivere l’attimo presente», «Dio-Amore», «Gesù Abbandonato» o «Gesù in mezzo». Che non siano solo termini gergali lo dimostra un episodio accaduto proprio durante le prove del complesso musicale «Corriamo insieme»,delle Gen di Bari. Santa si accorge che una compagna ha risposto in maniera scortese all’invito di un’altra: «…Se non c’è amore tra noi non ha senso cantare o suonare: il canto dev’essere espressione di questa nostra vita… Gesù deve essere qui, in mezzo a noi!», reagisce. Tutte queste appartenenze sono segno della sua ricerca di Dio, sempre meno superficiale man mano che passano gli anni. La sintesi fra di esse si trova nella figura della Vergine Maria: Ausiliatrice in parrocchia, Immacolata dalle Missionarie, rivissuta nel carisma focolarino. Ancora adolescente, scriveva al suo vecchio parroco di voler diventare una «vera donna». Ora, in Maria, vede perfettamente realizzata quell’aspirazione e sceglie di assomigliarle sempre di più: «Non avevo mai prestato attenzione alla frase del Vangelo “Madre ecco tuo figlio, figlio ecco tua madre” e sentire che in essa è racchiuso tutto il segreto della maternità dell’universo intero, era una rivelazione strana e nuova per me, però mi piaceva. Ho cominciato così a capire finalmente che cosa mancava in me: dei punti fermi, delle immagini a cui rifarmi, insomma un Ideale e un modello di donna e Maria mi sembrava proprio quello giusto». Con quel modello nel cuore e nella mente, prende la decisione di entrare tra le Missionarie dell’Immacolata. Rosa Maria l’appoggia, ma i genitori appaiono contrari; intanto, la famiglia si è trasferita a Palo del Colle, in provincia di Bari. La determinazione di Santa non vacilla, come testimonia la sua lettera a Bruna Casali, del 29 aprile 1988: «Questo periodo, invece, mi sto sforzando di viverlo cercando di fidarmi di Dio e di abbandonarmi in Lui senza più pensare né rimettere in discussione il mio amore per Lui perché quando l’ho scelto non ho messo dei “però” o dei “ma”, ma ho detto il mio sì senza condizioni e senza ripensamenti. Se in questo momento rimettessi tutto in discussione sarebbe come non aver fatto un cammino, non avere sperimentato l’Amore di Dio per me e penso che la mia scelta davvero sembrerebbe il capriccio di un momento. Io sento che la mia vita è legata a Dio, qualunque sia la sua volontà, e non ho ripensamenti!». Intanto s’iscrive alla facoltà di Medicina, per essere ancora più preparata al servizio del prossimo, ma poi passa a quella di Pedagogia. Tuttavia, dai primi mesi del 1988, qualcuno la segue in maniera ossessiva. È un certo Giuseppe, un giovane che l’ha vista leggere in chiesa. Cerca di continuare i suoi impegni di studio, di volontariato e di preghiera, ma lui non la perde di vista. Il 6 gennaio 1989 l’aggredisce per la prima volta. Nel suo diario, Santa annota: «Credo e spero che un’esperienza così non si ripeta mai più nella mia vita. È stato tremendo!! Non so nemmeno se ho la capacità di scrivere quello che provo tanta è la confusione, lo scoraggiamento che ho dentro. Oggi G. il matto, ha cercato di usarmi violenza. Mi ha prima detto che ero morta, e poi mi ha sbattuto per terra e lui cercava di baciarmi. Che sensazione orribile!! Ho urlato con tutta la voce che avevo, con tutta l’anima, ma nessuno mi ha sentita. Ho invocato Gesù dicendogli che non poteva lasciar fare e ho chiamato Maria. Per fortuna pare che loro mi abbiano ascoltata e così ho cercato di liberarmi da quel pazzo che mi teneva stretta e sono andata alle missionarie. Non ricordo bene quello che è successo lì, ma ricordo che qualcuno mi ha aperto la porta e ho vistoCarmencita [Picaro, una delle consacrate, ndr]. Mi sono aggrappata a lei e sono scoppiata in pianto». Sente che quello che prova per il Signore è così forte da non potersi esprimere a parole: «Come fai – aveva scritto ad Anna Marzano il 3 giugno 1988 - a spiegare che Dio si è innamorato di te e tu di Lui e vuoi corrispondere al Suo amore? Come non esiste una spiegazione all’amore umano, tra un uomo e una donna, tanto più non ci può essere spiegazione all’amore di un Dio per una tapina come me. Sai, non riesco neanche io a capire come Lui possa amarmi di un amore così grande e speciale e unico. Conosco bene i miei limiti e Lui li conosce ancor meglio di me e proprio per questo è un tipo speciale: mi ama così come sono. Sapessi quanto sono cambiata e adesso capisco che ciò è avvenuto perché Dio mi ha amata per primo e da sempre e perché ha avuto la pazienza di aspettare, di farmi la corte nonostante il mio carattere e il mio desiderio di vivere autonomamente, anche lontano da Lui. Ma quando ho capito quale grande avventura mi proponeva non ho resistito!». La sera del 15 marzo 1991 Santa partecipa a un incontro di catechesi nella chiesa matrice di Palo del Colle, Santa Maria alla Porta. Il suo intervento è particolarmente acceso: vuole che la Chiesa sia ancora più vicina ai poveri. Con tutta sicurezza, ha presente i primi sbarchi di migranti albanesi sulle coste della Puglia. Don Tino Lucariello, il viceparroco nonché suo padre spirituale, cerca di tenerla a freno come può. Alla fine della serata, Santa torna a casa in automobile, da sola. Appena scesa dall’auto, nel cortile di casa, si trova davanti Giuseppe: viene ferita con tredici coltellate. I parenti e gli amici di Santa avevano provato a denunciare i comportamenti pericolosi del suo aggressore, ma senza esiti significativi. Viene soccorsa e portata al Policlinico di Bari, ma è praticamente dissanguata. «Ho 23 anni, non posso morire così!», la sente mormorare la sorella: è solo un momento di dispiacere, prima del perdono verso il suo aggressore. Sette anni dopo la sua morte, la diocesi di Bari avvia il suo processo di beatificazione, per l’accertamento del martirio in difesa della castità del corpo. Il processo informativo diocesano è iniziato il 5 aprile 1998 e si è concluso il 7 settembre 1999. La documentazione relativa è stata consegnata alla Congregazione delle Cause dei Santi il 18 ottobre 1999; da allora, la causa procede nella fase romana. La vicenda di Santa è diventata famosa grazie alla pubblicazione del Diario, che stava rischiando di essere distrutto, delle Lettere e di due biografie: una scritta dalla Missionaria dell’Immacolata Carmencita Picaro e una da Pasquale Lubrano, che mette l’accento sull’esperienza da lei vissuta tramite i Focolari. I racconti della sua vita hanno dato rilievo soprattutto alla parte finale, dimenticando forse quanto lei aveva dichiarato poco prima di morire, determinata più che mai, al suo padre spirituale: «Qualunque cosa mi succeda, sappi che ho scelto Dio»