Politica

di Mario Adinolfi

La politica che lucra sulle dipendenze

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Ho scelto personalmente di candidarmi in tre aree geografiche per sostenere la battaglia del Popolo della Famiglia: a casa mia, Roma, con la sfida simultanea a Emma Bonino nel collegio senatoriale uninominale e a Monica Cirinnà nel collegio plurinominale, credo che le ragioni siano ovvie; al Sud in Sardegna perché del meridione è la terra più lontana e più dimenticata, pochi ne parlano e nessuno fa, infatti neanche uno tra i leader nazionali (tutti con cinque pluricandidature) ha scelto la Sardegna come luogo della sua sfida, anche perché l’isola è attraversata da una crisi economica devastante che ha mandato gambe all’aria tutti i settori della sua economia; al Nord ho scelto il collegio senatoriale plurinominale di Bergamo-Brescia insieme roccaforte leghista e culla di radicalismi chic, oltre che terra natìa di San Giovanni XXIII (il Papa di mio papà, chi ha letto O capiamo o moriamo sa perché) e il prossimo santo Paolo VI (il Papa della mia infanzia, che m’ha insegnato che “la politica è la forma più alta di carità”).

Trovo incredibile dovermi confrontare a Bergamo come a Brescia con leader politici che, dimentichi forse della radice popolare e cattolica degli abitanti di questa terra, stanno facendo la campagna elettorale tutta su una propaganda al male che lascia il sapore di una politica amorale. A sinistra c’è Pippo Civati, personaggio mite che conosco bene, che però si fa ritrarre in questi manifesti pro-droga, a favore dello Stato spacciatore per “creare 300mila posti di lavoro” e lucrare miliardi di euro sulla pelle dei poveri ragazzi che andranno a drogarsi massacrandosi il cervello. A destra la Lega invece propone l’altra liberalizzazione, quella del papponaggio di Stato con le prostitute a Partita Iva, sempre affacciando l’ipotesi di mirabolanti guadagni per la collettività.

La sinistre e le destre “tradizionali” propongono ricette che sono due facce della stessa medaglia: droga libera, puttane professioniste, soldi per tutti. La mestizia che si prova nel leggere classi dirigenti ridotte così fa spavento. A Bergamo e Brescia, culla di un cattolicesimo lombardo rigoroso e insieme estremamente produttivo, sembra incredibile questa deriva amorale presa dai seguaci di Laura Boldrini e Matteo Salvini, che sembrano tanto diversi ma in realtà non lo sono: entrambi sono privi di approccio etico alle questioni, scelgono un pragmatismo che appare opposto ma essendo disinteressato alla dimensione spirituale ha inevitabilmente aspetto di grevità. Se non guardi mai il cielo, rimarrai imprigionato tra canne e ghiande.

La proposta del Popolo della Famiglia è opposta, la incarno volentieri insieme a tutta la squadra dei candidati di Bergamo e Brescia, per significare che la ricchezza vera scatta solo se si torna ad investire sulla famiglia (reddito di maternità e riforma fiscale del quoziente familiare servono a questo) dando anche gli strumenti valoriali e morali per poter agire presso i figli. Perché se Giuseppe Civati intanto spiega loro che possono liberamente drogarsi e Matteo Salvini spiega loro che prostituirsi è una delle tante libere professioni che si possono scegliere per far quattrini, basta pagare l’Iva, allora il ruolo genitoriale va a farsi benedire. Anche per questo, a Bergamo e Brescia come in tutta Italia, il 4 marzo è utile scegliere il voto al Popolo della Famiglia. Si onorano così la memoria e il lascito di due grandi papi recenti, così vivi nella nostra memoria collettiva, come Giovanni XXIII e Paolo VI.

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20/02/2018
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