Storie
di Davide Vairani
Non siate complici di quest’omicidio
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Inghilterra, Francia e Italia: un filo rosso lega questi tre Paesi nel promuovere una legislazione pro-eutanasia. Alfie, Charlie, Ishaia (e chissà quanti altri): storie differenti tra loro, eppure accomunate dal destino che hanno subito o che stanno per subire (vedi Alfie Evans). Tutti e tre piccoli bimbi, con gravi disabilità, le cui vite terrene sono state giudicate “non degne di essere vissute” e - dunque - soppresse dopo battaglie giudiziarie (inutili) condotte dai loro genitori, nel nome di una “morte dignitosa”. Tradotto, significa sospendere idratazione ed alimentazione, lasciarli morire soffocati (pur con dosi di tranquillanti per renderli completamente incoscienti e non provare dolore), staccando loro i macchinari che li aiutavano a rimanere in vita.
Sottolineiamo, perchè sia chiaro. Stiamo parlando di minori, con una prognosi di morte non imminente ma certa, senza neanche un periodo ben stabilito, con una bassa qualità di vita, per i quali ospedali e giudici non ci si pongono il problema di accompagnarli alla morte, ma di interrompere questa vita perché non sarebbe di loro massimo interesse continuare a vivere. Parliamo di bambini con malattie molto gravi, neuro-degenerative. Quella di Alfie non ha neppure un nome, ma fa parte di questa triste famiglia di patologie. Si sta dunque consolidando un metodo: una sorta di atto eutanasico di tipo omissivo, cioè si sospendono sostegni vitali ancora efficaci. Una volta che inizia il contenzioso, poiché i medici decidono che il massimo interesse per quel bambino è morire, per loro quella sentenza va eseguita. E per Alfie, ad esempio, tutti i gradi di giudizio interni inglesi hanno confermato questa posizione dei medici dell’Alder Hey, cioè hanno detto che quella posizione era corretta dal punto di vista legale. E anche la Corte dei diritti umani di Strasburgo, ormai per la terza volta dopo Charlie e Isaiah, ha ritenuto opportune le procedure inglesi. Ma questi genitori – i genitori di Alfie così come quelli di Charlie – non volevano portare il loro bambino da un ciarlatano: volevano spostarlo da un ospedale internazionale importante, come l’Alder Hey, a un altro ospedale importante a livello internazionale come il Bambino Gesù, oppure portalo a casa propria garantendo tutte le condizioni medico-sanitarie e le strumentazioni idonee pagandole di tasca propria senza pesare o gravare sulla spesa sanitaria pubblica, cioè sui soldi dei cittadini. Quindi è veramente in gioco la libertà di cura.
Sta accendo lo stesso meccanismo - proprio in questi giorni - a poche centinaia di chilometri dall’Inghilterra, a Rèims, in Francia: l’ospedale di Reims si è pronunciato per l’interruzione dei trattamenti a Vincent Lambert. A suo avviso il paziente, il cui caso sin dalla prima sentenza del 2013 divide l’opinione pubblica francese, sarebbe oggetto di una “ostinazione irragionevole”. In Italia pochi ne parlano. Vincent Lambert è un infermiere francese di 38 anni, che si trova in stato di minima coscienza dal 2008. Dopo un grave incidente automobilistico, Lambert ha subito danni irreversibili al cervello, ma nonostante questo, non è attaccato ad alcun macchinario, respira autonomamente e risponde agli stimoli: la sua è una condizione di gravissima disabilità, non di fine vita.
Per Jean-Marie Le Méné, presidente della “Fondation Jérôme Lejeune”, l’interruzione dei trattamenti deve essere chiamata con il suo nome: si tratta di un’eutanasia. “Questa è la quarta procedura collegiale - ha dichiarato in una intervista a ‘Boulevard Voltaire’ -. Praticamente tutti i canali giudiziari sono stati esauriti. Questa decisione porterà all’eutanasia di Vincent Lambert. La nutrizione e l’idratazione di Vincent Lambert non saranno più assicurati, perché la legge Leonetti li considera irragionevoli”.
In Francia, la legislazione in materia è disciplinata dalla legge Leonetti e risale al 2005. Dieci anni dopo, è stata rivista: introduce - per la prima volta - il concetto che l’alimentazione o l’idratazione possano essere assimilati a un trattamento, cioè ad una cura di natura sanitaria. Pertanto, quando si decide di interrompere i trattamenti di una persona per non essere implacabilmente terapeutici perché inutili, si interrompe anche, allo stesso tempo, la nutrizione e l’idratazione. Ciò ha la conseguenza di uccidere la persona non a causa della malattia - purtroppo incurabile - che lo colpisce, ma a causa della privazione di cibo e acqua. Questo quello che ha deciso l’Ospedale di Rèims con l’avvallo delle corti giurisdizionali di ogni ordine e grado francesi.
“Preciso che - aggiunge Jean-Marie Le Méné - Vincent Lambert è una persona disabile, come ce ne sono migliaia in Francia e altrove. Un incidente stradale lo ha reso tetraplegico, cioè paralizzato. Ha anche un’attività relazionale relativamente debole e uno stato alterato di coscienza. Questo è il motivo per cui noi parliamo di uno stato semi-relazionale, vale a dire che la qualità delle relazioni è piuttosto debole. Tuttavia, non possiamo dire che non ne abbia. Allo stesso modo, non possiamo dire che non ci sia coscienza. Vincent Lambert non è malato, non è alla fine della vita, non soffre, è relativamente giovane e non ha mai voluto morire. La prova migliore è che quando un medico interruppe la sua dieta per trentuno giorni, Vincent Lambert si aggrappò alla vita e non voleva morire”.
La madre di Vincent Lambert non sa più a che santo appellarsi. Ha scritto una lettera al Presidente Macròn, dopo che la precedente lettera/appello all’allora Presidente Hollande è caduta nel vuoto: “Signor Presidente, le chiedo di ricevermi urgentemente, accompagnato da medici specializzati che conoscono Vincent per averlo visto e che possono spiegare il reale stato clinico”. Lei, insieme a suo marito, sono gli unici nella famiglia di Vincent a battersi per la vita: la moglie Rachel è stata nominata tutore legale di Vincent dal 2016, la quale - appoggiata da sei dei suoi fratelli e sorelle e dal medico dell’ospedale, Vincent Sanchez, - ne chiede a tutti i costi l’interruzione di ogni trattamento
“Vincent non è in coma, non è malato, non è collegato ad alcun macchinario che lo tega in vita”, spiega. “Non è una macchina che tiene in vita mio figlio, respira senza assistenza, si sveglia al mattino e si addormenta la notte”. “Vincent sarà sacrificato, perchè possa essere l’apri-pista per una eutanasia legalizzata”.
Dobbiamo rassegnarci anche noi italiani? A quanti ancora si ostinano a credere alla menzogna, vorrei sottolineare che in Italia tutto pronto per avere anche noi i nostri Vincent Lambert.
Legge 22 dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, vigente dal 31 gennaio 2018, art.li 5 e 6:
“5. Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, con le stesse forme di cui al comma 4, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento, con le stesse forme di cui al comma 4, il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento. Ai fini della presente legge, sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici. Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà, l’accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.
“6. Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali”.
Un combattivo comitato di amici (che documenta la vicenda sui profili Facebook e Twitter «Je soutiens Vincent») sta facendo di tutto per salvare Lambert: “Nous n’abandonnerons pas Vincent Lambert. Nous refusons son euthanasie. Nous vous tiendrons au courant des actions chaque jour”.
Signez l’Appel!: “Sauver Vincent, tout simplement”. Firmiamo anche noi l’appello (è in francese) andando sul sito www.jesoutiensvincent.com
Non vogliamo essere complici di un omicidio legalizzato.