Politica
di Fabio Sebastianelli
LEGGE 194: ABROGARLA NON SERVE
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Tra i tanti obiettivi che il Popolo della Famiglia si è prefissato c’è quello della lotta all’aborto. Questo non presuppone l’essere semplicemente “contro” ma anche, e soprattutto, proporre soluzioni che diminuiscano o, meglio ancora, eliminino le cause dell’interruzione di gravidanza. Una tra tante: il Reddito di Maternità, che trasforma il figlio da un peso (così come viene prospettato oggi dal pensiero comune) a un guadagno. Un’altra proposta che viene spesso fatta è quella di chiedere la seria applicazione della legge 194 che, se davvero osservata alla lettera, permetterebbe una notevole diminuzione delle interruzioni di gravidanza le quali, è bene ricordarlo, non sono previste come diritto dalla legge stessa ma come concessione in determinati casi e solo se questi non possono essere risolti dalle istituzioni o dagli organi preposti.
L’art. 1 della legge sull’interruzione di gravidanza recita: Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
Su una frase voglio portare l’attenzione: lo Stato tutela la vita umana dal suo inizio. A noi già basterebbe questo per dichiarare che un concepito non può essere ucciso in quanto vivo e che, per questo motivo, la legge 194 non può esistere. Il problema però è più complesso. Lo Stato ha infatti decretato per legge il momento preciso in cui si diventa soggetto di diritto.
L’art. 1 del Codice civile specifica chiaramente che la capacità giuridica (cioè l’essere possessore di diritti) si acquisisce dalla nascita. Secondo questa norma un bimbo nel grembo materno, pur essendo vivo (il cuore batte, respira, mangia ecc), non ha capacità giuridica. Paradossalmente però alcuni diritti, pur se subordinati alla nascita, gli sono concessi. L’art. 462 del codice Civile, infatti, così garantisce al nato e anche al concepito la capacità di successione: “Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione”.
L’art. 687, inoltre, garantisce la revoca delle disposizioni testamentarie fatte da chi ignorava di avere figli e specifica che: “la revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento”-
L’art 715, infine, afferma che: “ Se tra i chiamati alla successione vi è un concepito, la divisione non può aver luogo prima della nascita del medesimo”.
A questo punto è inevitabile una triste constatazione: il nostro ordinamento giuridico tutela il diritto del concepito ad avere un’eredità ma non gli garantisce il diritto a nascere. La domanda che ne consegue è: cosa impedisce che un concepito venga abortito per evitare la revoca delle disposizioni testamentarie e che, una volta nato, possa ereditare beni che in sua assenza potrebbero invece andare ad altri? Potrebbe sembrare un’ipotesi fantascientifica se non vivessimo in una società che non si limita solo a porre gli interessi economici al di sopra della vita e della dignità umana, ma pretende addirittura di cancellare l’ovvio, il reale, a favore delle più strampalate teorie ideologiche. Una società in cui tutto è relativo e tutto ciò che si desidera diventa diritto. In un mondo così anche l’uccisione del figlio che si porta nel grembo, per ottenere un’eredità al posto suo, potrebbe essere considerata giusta. Ho usato volutamente la parola “giusta” perché l’uccisione del concepito “legale” lo è già. Sulla base di quanto esposto è evidente che qualsiasi intervento o proposta vengano fatti, compresa l’abrogazione della legge 194, non risolverebbe il problema. Al limite lo rimanderebbe fino alla promulgazione di un’altra legge simile.
Che fare allora? Il problema può essere risolto alla radice cambiando L’articolo 1 del Codice civile da: “La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita” a: “La capacità giuridica si acquista dal momento del concepimento”. Modificando un solo articolo di due righe si renderebbe illecita la legge 194 e si aprirebbe la porta a una ventata di diritti ai quali sarebbe soggetto il concepito (uno tra tanti, quello di essere seppellito in caso di aborto spontaneo, alla pari di un nato).
Concludo con una nota finale che ritengo necessaria, anche se temo che non mi renderà simpatico a molti, per la tutela della vita della madre: nel caso si riuscisse ad arrivare alla modifica citata andrebbe doverosamente garantita, in caso di accertato e inevitabile rischio di vita per la madre, la scelta tra la sua vita e quella del nascituro. Perché solo chi si trova in quella situazione può comprendere la difficoltà e le angosce che ne conseguono e non tutti hanno la fede e la forza della Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo o di Santa Gianna Beretta Molla. Oltretutto, non può essere una legge a stabilire quale delle due vite debba essere salvata e quale no. Quanto descritto in questo articolo non sarà di facile applicazione ma è una strada da seguire insieme al Reddito di Maternità, al Quoziente Familiare e alle altre proposte del Popolo della Famiglia. Se portata avanti con la coerenza e la fermezza che caratterizzano il PDF darà, a suo tempo, buoni frutti.