Società
di Mario Adinolfi
L’IDEOLOGIA DELLA QUOTA ROSA
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La frase del titolo de La Stampa è mia, la ritrovate nel testo dell’articolo in cui ho detto chiaramente che il film di Paolo Sorrentino sulla morte dei suoi genitori, che si dischiudeva in un delicato inno alla vita e al cinema stesso, meritava il Leone d’Oro a Venezia rispetto alla solita pappa abortista che l’ha vinto per ragioni ideologiche e “di genere”. Donne, ribellatevi: Oscar, Leone d’Oro e Palma d’Oro sono andate quest’anno a tre registe. Di colpo esploso il talento femminile? No, di colpo è esplosa l’ideologia della quota rosa. Donne, ribellatevi: non si fa così la guerra (totally unnecessary, per citare Barney Panofski) della parità dei sessi. Così si costruiscono i cliché e i cliché sono il contrario dell’arte. Nomadland (premio Oscar) è stato recentemente definito persino su Repubblica “una cagata pazzesca” evocando Fantozzi; Titane (Palma d’Oro) ha fatto scrivere a Nanni Moretti di essere invecchiato “di colpo” perché è un film “in cui la protagonista rimane incinta di una Cadillac”; ora il Leone d’Oro a Venezia premia una che rimane incinta “umanamente” ma il figlio è un problema da eliminare, viva le leggi sull’aborto. Donne, ribellatevi ai cliché. E il cinema, come l’arte tutta intera, torni ad essere un inno alla vita. Siamo tutti condannati a morte lo sappiamo, come Caravaggio che ho citato, ma se l’arte non esplode in un tripudio all’esistenza spes contra spem restituendoci invece solo fotografie cupe e ideologiche, in cui la libertà dell’Occidente corrisponde solo ai “nuovi diritti civili” che sarebbero quelli di uccidere i bambini nel ventre materno con l’aborto o i sofferenti e gli anziani con l’eutanasia, allora che album di ricordi della nostra epoca (l’arte alla fine è questo) stiamo lasciando ai nostri figli? Donne, ribellatevi. Non diventate cliché, non siate portatrici di cupezza. Non è nella vostra natura. Siete voi stesse l’inno alla vita. E se il film di Sorrentino è meglio di quello della francese, lo si dica senza l’inutile inginocchiatoio al nuovo idolo della guerra ideologica del “women empowerment” che è solo farsa e politicamente corretto. Qualcosa che non vi piace, qualcosa che non ci piace: è un brutto film, nella storia proiettato già troppe volte, con esiti avvelenati. Lieto di aver condiviso parte di queste riflessioni (e lo spazio sulla paginata de La Stampa) con il sempre lucido vescovo Suetta. Un uomo coraggioso che non teme di andare controcorrente.