Società
di Stefano Di Tomassi
AD OSTIA I GIOVANI CHE ‘URLANO’ VANNO ASCOLTATI, COME DIO ASCOLTA IL GRIDO DEGLI UOMINI
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Una chiesa in uscita è anche quella che ascolta i giovani che ‘gridano’ e che si mette in comunicazione. A parlare è Generoso Simeone, marito, papà giovane, lavoratore, oltre che accolito e responsabile della commissione giovani della prefettura di Ostia, diocesi di Papa Francesco. “Una chiesa che va fuori dai vecchi limiti, perché Dio non ha limiti”. Generoso si sta prodigando per agevolare la rete tra oratori e scende tra le strade don don Giovanni Carpentieri e il diacono Mauro Colantuoni per parchetti e piazzette con ‘Ospedale da Campo per i Giovani’ a portare e mangiare un po’ di pizza con i ragazzi per strada e conoscerli. Ma va oltre.
“Noi vogliamo trovare una modalità di dialogo con questi ragazzi che scrivono e lasciano messaggi sui muri del nostro Territorio” – prosegue Generoso.
Il diacono, punto di riferimento dei ragazzi delle parrocchie di Ostia che è organizzata in commissione giovani, carità/volontariato e la neo commissione cultura, oltre al metodo, si riferisce in merito alle ultime scritte che compaiono specialmente di fronte alla chiesa di San Nicola – Via Passeroni – oggi chiesa prefettura che precede le altre chiese di Ostia nella carità e nell’organizzazione.
Giovani degli schieramenti politici agli estremi che ‘urlano’ le loro questioni, ma che difficilmente trovano chi gli risponda, anzi che quasi sempre vengono stigmatizzati e a volte isolati ed emarginati. Le sigle che compaiono sono quelle del ‘blocco studentesco’ piuttosto che quelle della federazione giovani comunisti FGC.
Bisogna distinguere tra la loro lecita necessità di attirare l’attenzione facendogli capire che poi devono ascoltare una risposta per avviare una comunicazione. Il rischio, se questo non avviene, è che questi ragazzi possano essere usati da certi adulti come megafoni e casse di risonanza per le ideologie che vogliono massificare e fare consensi.
Il Signore allora ci manda a spezzare certe catene, a liberare. Essere sul Territorio ci porta alla prossimità e a incontrarci nel quotidiano. Se invece organizziamo nelle chiese convegni o corsi, movimenti o seminari, separati dal reale, selezionando il pubblico presente, escludendo nella partecipazione piuttosto che nell’informazione tanti e tanti che non hanno la fortuna di avere un contesto agevole intorno faremmo come quelli che invitati non entrarono, perché di guardia ai cancelli, e non fecero entrare alla mensa del Signore che chiama tutti.
Come non fa bene quell’educatore che separa i bambini nel gioco che naturalmente invece avvicina tutti, così non fa bene quel formatore che separa i giovani nel dialogo perché crea che differenze di ceto ‘artificialmente’ li dove nella naturalezza Dio getta le sue reti e costruisce i suoi ponti.
In fondo questi giovani che scrivono sui muri e attaccano i loro manifesti gridano la loro presenza; fa tenerezza che inizino a urlare di fronte alle chiese di Ostia. Non possiamo allora che concludere con il valore che Papa Francesco da al ‘grido’ degli uomini:
“Il Signore è lì, presente, infatti, attende - per così dire - che siamo noi a coinvolgerlo, a invocarlo, a metterlo al centro di quello che viviamo. Il suo sonno provoca noi a svegliarci. Perché, per essere discepoli di Gesù, non basta credere che Dio c’è, che esiste, ma bisogna mettersi in gioco con Lui, bisogna anche alzare la voce con Lui, gridare a Lui; sentite questo: bisogna gridare a Lui. La preghiera, tante volte, è un grido: “Signore, salvami!”. (Angelus, 27 Marzo ’20)