Politica
di Giuseppe Bruno
Ragionando ancora un po’sull’astensionismo
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Ancora una volta il vero vincitore di queste elezioni è il partito astensionista. I motivi per cui metà o più degli italiani non vada a votare possono essere i più vari. Ma uno credo sia comune a tutti loro: la convinzione che comunque non cambierà nulla. Ed è vero, infatti, a parte le cervellotiche analisi dei giornalisti schierati - quasi tutti - anche questa volta non cambia nulla. Certo può far piacere che il PDF in qualche parte, aggregandosi con un movimento similare abbia conseguito un certo numero di consensi o addirittura qualche consigliere, o che sia stato ormai drasticamente ridimensionato, anzi “fagocitato”, cambiando di fatto la sua natura, il movimento Cinque stelle; ma, appunto, ciò, assieme a qualche altro ininfluente elemento, cosa ha cambiato? Il movimento Cinque stelle, per retare sul pezzo, nonostante tutto continua a far sentire la sua “stridula” voce nel governo e il PDF a fare il suo umile lavoro certosino di tener accesa la lampada di certi irrinunciabili valori. Nobile intento certo, quest’ultimo e votato per scelte a lunghe scadenze. Ma nell’immediato il partito degli astensionisti ha, ancora una volta, avuto ragione. Si dirà, ma se non vanno a votare è il gatto che si morde la coda. Il problema però rimane perché se gli astensionisti si sono astenuti ancora, e in qualche parte di più, vuol dire che anche questa volta nessun politico, civico e non civico che fosse, è riuscito a convincerli. Perché succede questo? Il problema è serio e mette in discussione alla radice tutto il nostro sistema democratico. E solo Letta, dopo queste elezioni, può avere il coraggio di dire che il Pd “rappresenta il Popolo italiano”. Al massimo rappresenterebbe la maggioranza relativa di meno della metà del Popolo Italiano, se davvero avessero contato con attenzione i risultati, che nella realtà parlano di un sostanziale pareggio con gli storici avversari. Quindi il problema resta, anzi diventa sempre più serio. È un problema di mancata adeguata comunicazione. Questo è senz’altro vero. A volte, infatti si preferisce intrupparsi col potente di turno più vicino o meno lontano da certe idee, piuttosto che far conoscere davvero e fino in fondo idee che forse o quasi certamente avrebbero un impatto molto più innovativo di quello che si potrebbe pensare. In questo non certo ci vengono incontro i media che a livello di Tv sempre più spesso (è la moda) mandano in onda per le elezioni squallidi e caotici spettacoli sul modello dei reality e a livello di giornali si esibiscono in analisi e commenti preconfezionati che rispecchiano al massimo l’auspicio, neanche tanto nascosto, dell’autore. Ci vuole coraggio, molto coraggio per raddrizzare questa situazione. Innanzitutto, il coraggio di non sottostare a tutto quello che ci dice l’Europa. Ma è possibile fare ciò e uscirne senza grosse ammaccature se non con tutte le ossa rotte (dipende dal grado di disobbedienza)? A giudicare dai risultati elettorali no. Quale politico e relativo movimento ha semplicemente provato in questa tornata elettorale a fare ciò? Nessuno. Infatti, l’etichetta di sovranista come una mannaia è già pronta a scattare prima ancora che possa profilarsi una possibile realizzazione di questo legittimo desiderio e, nel malaugurato caso dovesse realizzarsi, l’esercito dei globalisti (leggi, ovviamente, anche UE) è pronto a scendere in guerra su tutti i fronti: dall’informazione manipolante, agli scandali confezionati, alla giustizia ad orologeria e, dulcis in fundo, nel caso di resistenze estreme, al vero e proprio ricatto istituzionale. E allora non hanno ragione gli astensionisti: chi votare? Chi sa meglio servire dietro i funambolici travestimenti il globalismo imperante?
Magari molti non fanno questa raffinata analisi, ma il cittadino sveglio, e i cittadini italiani lo sono, anche se non ha piena contezza di queste cose le intuisce e ciò provoca in alcuni fastidio, in altri indifferenza e in altri ancora addirittura disgusto. Eppure, le amministrative avrebbero potuto essere un ottimo terreno per recuperare l’esercizio della vera democrazia. Persone realmente esperte nei vari ambiti, lontane dai ricatti o dai favori politici, innamorate del loro territorio. Si forse inizialmente qualcuno c’era, ma quando entri nel gioco politico vi entri, per definizione, per vincere e la paura di perdere paralizza anche le più nobili intenzioni o, nella migliore delle ipotesi, le annacqua. Così bene o male le amministrative che dovrebbero essere le più concrete e lontane dalle solite beghe nazionali finiscono inevitabilmente per perdere la loro identità e trasformarsi nel gioco di sempre. Quale la causa? Vincere o almeno portare a casa un risultato apprezzabile. E qui scatta l’arma della propaganda che si fa con i mezzi che si hanno. Se hai dietro apparati politici o organizzativi forti e ricchi che non lesinano gli aiuti sei su tutti i muri, sulle bocche di tutti e, a parte gli imprescindibili, ma sempre più rari momenti di “par condicio”, occupi gli spazi maggiori nei media. Viceversa, vivacchi, speri di coinvolgere chi ti stima, ma poi alla fine anche chi ti stima, a meno che non abbia preso un impegno preciso, comincia a pensare che votarti possa essere un voto sprecato, perché sei Davide contro Golia e potrebbe farti vincere solo l’aiuto di Dio. Meglio andare su qualcosa di più sicuro, già collaudato che non faccia danni o sia capace di limitarli. Ma si dirà, così non se ne esce mai. No, se ne esce col coraggio di rischiare e di parlare chiaro e soprattutto di cominciare a lavorare per tempo molto per tempo nel proprio territorio di azione, su tutto e a trecento sessanta gradi, affrontando o, meglio, provocando “gli altri”, in un dialogo, se ne sono ancora capaci, su tutti i temi più scottanti. Dopo un lavoro coraggioso fatto così per vari anni resistendo a tutte le invidie, le trappole i ricatti, gli abbandoni, i tradimenti, le minacce o peggio, sei pronto per tentare di contribuire a far rinascere la democrazia, almeno nel tuo territorio. Ma se i territori in cui si lavora così sono tanti e coprono l’intero Paese siamo pronti a far rinascere la democrazia anche in tutto il Paese.