Politica
di Mirko De Carli
Il problema è che non sanno quello che fanno
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A Pisa i ragazzi dell’Istituto Ulisse Dini si mobilitano da giorni per consentire a una loro compagna di scuola di potersi far chiamare Geremia anziché Giulia: il motivo è semplice e riguarda la scelta della ragazza di vestirsi da uomo sentendo adeguata per sé la scelta di vita transessuale. Per questo è in corso una vera e propria occupazione affinché il dirigente scolastico consenta l’utilizzo del così detto nome d’elezione anziché quello ufficialmente registrato all’anagrafe comunale. Ricordate la vicenda dell’abbonamento dell’autobus dedicato alle persone lgbtq? Stessa vicenda riproposta in contesti diversi: dopo il naufragio parlamentare del #ddlZan si tenta di introdurre il concetto di identità di genere nei vari ambiti della vita della pubblica amministrazione attraverso azioni di sensibilizzazione subdole dell’opinione pubblica.
Le ragioni che più creano disorientamento riguardano la definitiva scomparsa del buon senso e di una vera e sana giustizia sociale: come posso consentire a una qualsiasi ragazza di cambiare nome a piacimento, adducendo a motivazione una presenta discriminazione (le cui ragioni facciamo davvero fatica a rintracciare), mentre tutti gli altri ragazzi (i veri discriminati) sono chiamati a rispettare la legge che prevede l’utilizzo del nome con cui siamo riconosciuti nel documenti d’identità? Non è forse una discriminazione al contrario? Quello che poi più ci sconcerta sono le motivazioni di fondo che stanno portando i ragazzi a mobilitarsi (occupando l’istituto) e il dirigente scolastico ad avviarsi ad adottare un provvedimento per adeguare le procedure scolastiche alle richieste di Giulia (che vuole essere chiamata Geremia): “vogliamo che possa sentirsi a suo agio con la scelta fatta” dichiarano gli alunni, “abbiamo in programma di studiare la carriera alias attraverso il nostro referente del progetto sugli stereotipi di genere” afferma il dirigente scolastico.
Il vero problema non è solamente l’irrazionalità di quello che stanno mettendo in atto, alunni e dirigenza scolastica, ma che non sanno realmente quello che stanno facendo: sarei curioso davvero di affrontare la questione in punta di legge e ascoltare attentamente le risposte fornite. Perché si tratta di una questione di giustizia sociale e non di principio: quale discriminazione si realizza nel chiamare una persona col proprio nome? Oggi, in Italia, il sesso (maschile e femminile) è collegato al registro dell’anagrafe comunale e al documento d’identità rilasciato dal Comune di residenza: questa è la legge, non un parere politico di parte. Questa impostazione normativa fa riferimento al riconoscimento di un principio di diritto naturale (che viene prima del così detto diritto positivo) che riconosce due sessi legati al dato sessuale “di nascita della persona”: per cambiare questo dato occorre seguire una procedura legislativa chiara e puntuale di cambio di sesso (reale e non immaginifico) regolamentata dallo Stato italiano. Il resto sono chiacchiere ideologiche pericolose e dannose. Un suggerimento a chi vuole fomentare l’opinione pubblica per cambiare le legge attraverso sentenze o atti amministrativi: troverete sempre un’argine popolare che, nel Paese e in Parlamento, vi boccerà ogni iniziativa legata all’introduzione dell’identità di genere nel nostro paese.
Un consiglio a Giulia: non farti usare dalla campagna arcobaleno, vivi la tua vita, fai le tue scelte consapevolmente e chiedi rispetto vero per la tua vicenda senza avanzare rivendicazioni ideologiche che non ti danno niente di più rispetto a quello che cerchi nel cammino della tua gioventù.
Un appello al dirigente scolastico: rispetti la legge, non adotti atti procedurali illeggitimi e sospenda l’occupazione dei suoi studenti.
Un messaggio agli studenti in occupazione: anche io ho protestato per i dritti da studente negati ma mobilitarsi per introdurre l’identità di genere significa che vi fate mettere l’anello al naso dai potenti abbandonando la possibilità di andare controcorrente veramente chiedendo rispetto per Giulia e per tutti voi attraverso l’applicazione della legge e non la liquefazione definitiva dello stato di diritto.