Politica
di Mario Adinolfi
SULLA DOTTRINA MENTANA-MONTI
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Enrico Mentana propone l’applicazione tecnica della dottrina esplicitata da Mario Monti sulla informazione “somministrata”. Lo fa con il disprezzo tipico di chi ritiene di possedere l’informazione, di esserne proprietario, con il pubblico che è mero cliente. Visione pericolosa anche se ampiamente utilizzata nel sistema radiotelevisivo e di carta stampata. Credo che i giornalisti liberi dovrebbero aggregarsi per contrastare in campo aperto l’opzione Monti-Mentana, che appare davvero una fotografia da Ancien Régime. Mancava che le dichiarazioni le facessero con dei parrucconi addosso, che comunque in controluce si vedevano bene. Mentana in particolare è un teorico del diritto all’autodeterminazione, ma solo negli ambiti a lui graditi. Monti ha almeno la chiara consapevolezza di essere parte attiva di un sistema di potere che è escludente, a cui lui ritene debbano accedere solo i “saggi”. La democrazia dell’informazione (e, verrebbe da dire, la democrazia tout court) non funziona così, non prevede la grazia di stato per i sacerdoti elevati alla somministrazione. Nella società democratica l’informazione conquista autorevolezza sul campo, mai escludendo la parte sgradita dal campo. Purtroppo da anni serpeggia tra le élites una tentazione sostanzialmente autoritaria, che sull’informazione si è già espressa di fatto come dominio e in politica su è risolta con una sorta di commissariamento della democrazia che dura dal 2011 e che ho avuto la fortuna di vivere anche da parlamentare, misurando l’irrilevanza del ruolo. Questa condizione è solo italiana, sarebbe inimmaginabile negli Stati Uniti o in Gran Bretagna o in Francia o in Germania escludere a priopri dal territorio dell’informazione, premessa per escluderli dalla competizione democratica, interi segmenti di popolazione. E infatti negli USA un destrorso sgradito ai media come Trump arriva a furor di popolo alla Casa Bianca, in Gran Bretagna si afferma un governo che non solo è ostile ad ogni forma di green pass ma ha cancellato ogni disposizione ostativa da agosto, in Francia si candida alla presidenza con grande seguito mediatico un estremista come Zemmour e in Germania la destra estrema con nostalgie nazionalsocialiste di Alternative für Deutschland supera agevolmente lo sbarramento e siede al Bundestag. Nella logica Monti-Mentana il Trump che si cura con l’idrossiclorochina, il Johnson totalmente alternativo alla logica dei green pass, gli estremisti alla Zemmour (prima era la Le Pen, che oggi al confronto appare una moderata di centro) o alla Afd dovrebbero prima essere silenziati dall’informazione, per poi centrare l’obiettivo di cancellarne ogni potenzialità politica. C’è un problema però che Monti e Mentana non colgono: tutti quei fenomeni sono rappresentativi di un segmento significativo di popolazione. E per questo nessuno in quei Paesi si sogna di adottare sistemi di azzeramento assoluto delle loro voci. Le contestano, certo, anche duramente. Ma non si sognerebbero mai di parlare di informazione “somministrata” perché sanno che l’informazione è un bene primario in una democrazia e appartiene a tutti, non ci sono proprietari e chi si considera proprietario e in virtù di tale condizione opera plateali censure, presto o tardi verificherà di essere fuori tempo, con il suo bel parruccone addosso. In Italia l’anomalia di un’informazione padronale e antidemocratica sta attecchendo da un decennio, quel che in questo senso accade in Rai fa rimpiangere i tempi della Rai tripartitica con democristiani al Tg1, socialisti al Tg2 e comunisti al Tg3. Era un pluralismo costruito attraverso la somma di faziosità, ma era almeno un pluralismo. Ora c’è la melassa mentaniana somministrata secondo il metodo Monti. Non potrà durare a lungo. Anche l’Italia dovrà rassegnarsi ad accettare la forza di alcune voci fuori dal coro e considerare intollerabile un tizio che si ritiene “padrone” dell’informazione e esprime il suo disprezzo per il “31.2% della popolazione tra cui il 4.2% di laureati” che non accetta la narrazione a senso unico. L’Italia deve riallinearsi in termini di democrazia dell’informazione e di democrazia tout court agli standard minimi accettabili per un popolo maturo che non è mero cliente e non è fesso.