Società
di Fabio Annovazzi
Rivoglio ginocchia sbucciate e schiamazzi soavi
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Mi si apre letteralmente il cuore quando vedo ancora i ragazzini giocare alla palla, o a nascondino, per le vie anguste e scoscese dei nostri paesi. Sono scene paradisiache agli occhi del sottoscritto e prenderei letteralmente a scarpate chi si azzarda a fargli reprimende o peggio ancora a multarli, come avvenuto recentemente. Sono schiamazzi soavi, ed il vociare concitato dei fanciulli è un corroborante per l’anima assetata di bellezza. Queste grida fanno tornare alla mente il bambino che è in noi, guai se lo annichiliamo col nostro fare di adulti boriosi. Chi sa rimanere ragazzino dentro, custodendolo gelosamente dagli attacchi dei “grandi”, rimane giovane anche se avesse cent’anni. E lo capisci subito, basta uno sguardo approfondito per verificarlo. Di bimbi che giocano sereni all’esterno ne vedo sempre meno purtroppo, e questo è fonte di profonda riflessione e inquietudine. C’è un bisogno immenso di riscoprire la socialità in questa fase della vita così preziosa ed irripetibile! Stanno rubando la vera felicità ai ragazzi, tarpandogli le ali con aggeggini elettronici che creano dipendenze quanto e più della cocaina. Agendo in tal modo si creerà una società formata da amorfi ripiegati su stessi, che mancano di una essenziale spina dorsale per portare sulle spalle un futuro accettabile. Mi sembra di vedere tanti robot senza cuore che girano telecomandati ad arte. Penso invece che ci sarebbe un incredibile bisogno ancora di ginocchia sbucciate. Non è solo una nostalgia per un qualcosa di un passato che fu, che agli occhi degli attuali genitori iper protettivi potrebbe sembrare ancestrale, è la constatazione di una furto grave e reiterato che deruba i nostri ragazzi di una giovinezza felice. Di questo disastro esistenziale a mio modo di vedere non ce ne rendiamo conto appieno, se ne prendessimo coscienza rimarremmo inorriditi. Facciamoci caso, anche quei pochi marmocchi circolanti per le strade hanno uno sguardo distratto, persi come sono nel cercare ossessivamente nelle tasche questi diabolici congegni. Davvero triste e cupo. Pongo una domanda per coloro che accettano serenamente questo modus vivendi: sicuri che il mondo sarà poi migliore? Non ne sono affatto convinto. Mancano relazioni e amicizie vere, tutto si basa su una effimera realtà virtuale che porta solo tanta depressione e auto isolamento. E la serenità dell’infanzia va a farsi benedire. Sconcertante che vi sia un aumento vertiginoso di genitori costretti a portare i propri figli da psichiatri e psicologi per lenire patologie tipiche dei tossicodipendenti. Queste porcherie, utili ma non indispensabili, stanno defraudando il periodo più bello dell’esistenza a tanti ragazzi. Una violenza inaudita, un latrocinio di un tempo che non tornerà più e che poi verrà rimpianto. Rendiamocene conto ripeto, e non nascondiamo la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Occorre disintossicare i nostri figli, e alla svelta. Facile a dirsi ma difficilissimo a farsi. Tutte le dipendenze sono ostiche da debellare, questa in particolare. Le crisi di astinenza potrebbero provocare reazioni inaspettate e sorprendenti, degne dei peggiori eroinomani. Si è creato un circuito vizioso, per cui il ragazzo che al giorno d’oggi è privo di un cellulare si sente monco, percepisce questa mancanza come un offesa alla propria libertà e i genitori sono costretti, loro malgrado, a correre ai ripari acquistandoglielo. Certo, si possono imporre dei tempi di utilizzo, all’occorrenza è possibile usufruire di filtri protettivi per smussare le variegate porcherie del web, ma ciò non toglie che l’arguzia dei ragazzini in campo supera alla grande quella degli adulti e a lungo andare riescono a bypassare tranquillamente anche questi piccoli, ed insignificanti, ostacoli. A mio modo di vedere, e l’ho già scritto, dare in mano in pianta stabile uno smartphone sotto i 14 anni rimane un gravissimo crimine contro l’umanità che andrebbe perseguito. In un età tanto bella incatenare ad uno schermo un bambino è un qualcosa di orripilante da stigmatizzare al massimo. Invece si lascia fare con una scrollata di spalle e con giustificazioni vergognose, perché così fan tutti. Se nel successivo periodo adolescenziale poi è praticamente impossibile proibirne l’utilizzo, in quanto l’uso è ormai scolastico, vediamo di dare un freno a questa connessione perenne impropria nell’età più fragile. Sembra talora di percepire che non si possa più fare a meno del virtuale nell’attuale società occidentale, e queste mie parole potrebbero risuonare alle orecchie di tanti benpensanti come bestemmie inaudite e fuori tempo. Già odo in sottofondo il termine medioevale farsi preponderante nei riguardi delle tesi del sottoscritto. Basta però aprire gli occhi nell’accorgersi di quanto siamo succubi di tali marchingegni. Anche chi sceglie uno svago nella natura talvolta sembra più propenso a cercare ossessivamente l’attimo da immortalare sul telefonino che a godersi la maestosità del creato. Tutto deve venire rigorosamente fotografato, anche le cose più ridicole, intime ed inopportune, in questa società dove trionfa la fiera delle apparenze. E spesso gli adulti danno un cattivo esempio molto forte ai giovani in merito. Quindi evitiamo di fare prediche a vanvera e compiamo un salutare esame di coscienza prima di sparare sentenze di condanna al mondo giovanile. Perché questi feticci diabolici sono divenuti una vera e propria nuova droga di cui siamo, volenti o nolenti, tutti succubi. Proporrei l’istituzione di comunità di recupero per disintossicare chi è palesemente schiavo della tecnologia e la creazione di una giornata annuale in cui per almeno 24 ore gli smartphone siano riposti in maniera tassativa nei cassetti. So che sono utopie pure, però le lancio come provocazione. Una grossissima tassazione la imporrei invece a tutta la varia pornografia online circolante, così forse ripaghiamo un po’ di debiti pubblici accumulati e scoraggiamo questo turpe, ma fiorente, mercato. La verità è che sin che il telefono è rimasto attaccato ad un filo paradossalmente eravamo molto più liberi. Ora, dopo che nel tempo ha perso i cavi, siamo noi ad essere avvinghiati completamente a lui. Talmente legati che se non poniamo attenzione ne diveniamo succubi e ci stritola nelle sue fameliche spire. Un ladro scaltro che ci ruba il tempo della vita e manco ce ne accorgiamo. Mi sono sempre chiesto perché a volte nel vangelo Gesù usasse espressioni durissime con i suoi discepoli, tipo quella che sia meglio entrare nel Regno dei Cieli monchi di una gamba o di un braccio piuttosto che sprofondare in eterno nella Geenna. Stupidamente mi chiedevo il motivo per cui il Cristo ci volesse come degli specie di autolesionisti o sadomasochisti ad ogni costo, degli eroi forzati contro la nostra stessa volontà. Un apparente contraddizione rapportata con Le sue guarigioni miracolose. Ora capisco appieno il significato di questo invito. E’ una richiesta esplicita di liberarsi da catene che ci tengono schiavi, vittime inconsapevoli di carcerieri che spesso creiamo e finanziamo noi. La felicità falsa delle cose materiali che ci riduce a condurre un esistenza piatta dove lo sguardo non è capace di alzarsi da terra e da uno schermo. Per cui anche se non ce ne accorgiamo stiamo costruendo una vita infernale e senza una radicale inversione rischiamo davvero di sprofondare sempre più. Vediamo di non divenire i martiri dell’inferno, come li chiamava la mistica Santa Caterina da Genova. Occorre recidere queste catene, anche se costa sacrificio. Attenzione che non sto dicendo che dobbiamo privarci di scoperte umane efficaci ed importanti, sto semplicemente affermando che dobbiamo essere noi a comandarle, e non divenirne succubi. Intanto io però vorrei ancora rivedere quegli schiamazzi soavi, quelle gambe ammaccate per un tuffo sul selciato che i ragazzini un tempo si procuravano facilmente. Date retta a me, erano meno dolorose di quel che può sembrare e non inquinavano l’anima ai fanciulli. Un cerotto e via di nuovo dietro quella palla. Buttate via questi stupidi orpelli piuttosto che darli in mano ad un ragazzino, senza volerlo gli state mozzando le ali, derubandolo del pezzo di vita più sereno ed appagante. Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite, direbbe quel Qualcuno che vuole la nostra felicità già sin d’ora su questa terra. Sono quasi sicuro che giocherebbe Lui stesso a calcio e a nascondino con loro. Per cui lasciatemelo gridare: viva le ginocchia sbucciate!