Società
di Roberto Signori
Norme anti-covid, le famiglie rinunciano al cinema
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Il super green pass introdotto prima di Natale, che ha vietato l’accesso ai tamponati, ha influito sicuramente sul calo degli ingressi al cinema, ma, secondo i gestori delle sale, a incidere di più sono stati altri due fattori: primo, il terrorismo esercitato dalle tivù, e, secondo, il divieto di consumazione all’interno delle stesse sale. La paura di contrarre la nuova variante Omicron e il non poter sgranocchiare pop corn o bere una bibita mentre si guarda il film insieme a tutta la famiglia avrebbe convinto gli appassionati del grande schermo a restare a casa, davanti alla tivù, magari guardando le ultime novità sulle piattaforme televisive. A confermarcelo è stato Maurizio Paganelli, gestore di cinque sale cinematografiche: l’Aladdin di Cesena, il Cineflash di Forlimpopoli, l’Astoria, il Saffi di Forlì e una sala a Ferrara.
“Il calo che abbiamo registrato oscilla tra il 65 e il 75% rispetto allo stesso periodo del 2020 - spiega Paganelli -. E’ un disastro annunciato. Annunciato perché ormai è chiaro a tutti che ai nostri politici interessa poco o nulla della cultura. Altrimenti non sarebbe spiegabile un trattamento così differente tra la nostra attività e quella dei ristoranti. Perché in un ristorante, dove si trovano decine e decine di persone nel giro di pochi metri quadrati e i soffitti sono sicuramente più bassi (quindi circola meno aria) si può mangiare mentre in una sala cinematografica, dove attualmente c’è una persona ad almeno 2 metri dall’altra e c’è un ricambio di aria continuo, non si può nemmeno bere una coca cola? Questo me lo devono spiegare altrimenti non lo capisco”.
“Invece, grazie anche a questi nuovi decreti e al terrorismo dei media, il messaggio che passa è che i ristoranti sono sicuri, i cinema no - attacca -. Vi assicuro che non è così negli altri Paesi. In Russia e in Inghilterra, dove sono stato per presentare il mio film “Est” nelle ultime settimane, le notizie sul covid, nonostante i numeri di contagi fossero più alti che in Italia, sono notizie sempre secondarie. Non ci aprono tutti i giorni il telegiornale come, invece, facciamo noi in Italia. La paura che inoculano ai cittadini più le prescrizioni incomprensibili scritte da persone che non vanno al cinema e non amano la cultura, diventano un connubio esplosivo”.