Chiesa
di la redazione
Padre Lombardi: papa Ratzinger cristallino sui mali della chiesa
Abbonati agli albi cartacei de La Croce e all’archivio storico del quotidiano
Riportiamo le parole di padre Lombardi sul papa emerito dopo la lettera di ieri. Ecco l’intervista rilasciata ai media vaticani.
Mi ha colpito proprio la sua sincerità, la sua intensità e la sua profondità”. Padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, commenta la lettera diffusa dal Papa emerito:
Che cosa l’ha colpita di questa lettera?
Mi ha colpito proprio la sua sincerità, la sua intensità e la sua profondità. Come lui dice nel testo della lettera, ha vissuto un periodo doloroso in cui ha fatto un esame di coscienza, egli stesso: sulla sua vita, sui suoi comportamenti, sulla situazione della Chiesa oggi. Ha riflettuto su questo. La lettera che è il risultato di un tempo profondo, doloroso, di esame sincero davanti a Dio. È una persona anziana, che sa di andare verso l’incontro con il Signore e quindi verso il giudizio di Dio, e questo dice la grande sincerità e profondità del testo e del modo in cui egli vive questa risposta che dà, dopo un periodo che è stato certamente di riflessione e di sofferenza per lui, ma anche di grande dibattito nella Chiesa, di confusione, di sconcerto … Lui dà la sua testimonianza, un aiuto per vedere con verità, con obiettività e con sincerità e serenità, la situazione e le prospettive.
Che significato ha la richiesta di perdono contenuta nella lettera?
Padre, il Papa emerito è stato accusato di avere mentito circa la sua partecipazione alla riunione del gennaio 1980, quando si decise di accogliere nella diocesi di Monaco un sacerdote abusatore. Che cosa è accaduto?
C’è un riferimento anche nella lettera del Papa emerito e poi c’è una spiegazione più dettagliata in un allegato che viene pubblicato, firmato dai consulenti, dagli esperti giuridici che hanno aiutato il Papa nella risposta agli addebiti, sia nella prima risposta che avevano dato, sia adesso in una presa di posizione sintetica e conclusiva su questa vicenda. C’è stato, nella prima risposta – lunga, di 82 pagine – data a coloro che stavano redigendo il Rapporto, un errore: si diceva che il Papa non aveva partecipato a una riunione. Proprio pochi giorni dopo la pubblicazione del Rapporto, il Papa stesso – il Papa emerito, sempre – naturalmente ha fatto fare una dichiarazione in cui diceva: “No, non è vero: io ho partecipato a questa riunione, e chiederò di spiegare come è avvenuto questo errore che ha suscitato una certa – diciamo – confusione, naturalmente, e una certa eco. E nell’allegato, coloro che hanno redatto questa risposta spiegano come questo è avvenuto all’interno del processo di redazione di questa lunga risposta. Spiegano però che questo non influisce sulla sostanza del fatto che l’arcivescovo – allora Ratzinger – non conoscesse la realtà dell’accusa di abuso nei confronti di questo sacerdote e che quindi l’errore è il risultato di una svista nella redazione, ma non qualcosa che fosse stato consapevolmente scritto per negare una presenza (che del resto risultava dal protocollo della riunione e da altre situazioni) e che quindi non c’era motivo di negare. Qui, adesso, non entrerei troppo nel particolare. Il punto è questo: il Papa emerito ha sofferto di questa accusa che gli è stata fatta di essere un mentitore, di avere consapevolmente mentito a proposito di situazioni concrete. Non solo, ma anche nel complesso del Rapporto le accuse diventano di essere stato consapevolmente un copritore di persone abusatrici, e di avere avuto quindi mancanza di attenzione e disprezzo nei confronti delle sofferenze delle vittime. Allora il Papa emerito risponde: “No, io non sono un mentitore. Quest’accusa mi ha suscitato grave sofferenza, ma io attesto di non essere un mentitore”. Io devo dire, anche personalmente, che sono assolutamente convinto, credo che sia giusto che lui rivendichi la sua veridicità. Perché è una caratteristica della sua personalità e del suo comportamento durante tutta la vita, che io posso anche testimoniare, avendo vissuto vicino a lui come collaboratore per diversi anni: il servizio della verità è stato sempre al primo posto. Egli non ha mai cercato di nascondere quello che poteva essere doloroso riconoscere per la Chiesa; non ha mai cercato di dare una bella immagine falsa della realtà della Chiesa o di quello che avviene. Quindi io ritengo assolutamente che non si possa dubitare in nessun modo della sua veridicità. E questo lui lo attesta, credo che sia giusto accoglierlo con fiducia e con convinzione.
Certamente questa lettera manifesta un atteggiamento penitenziale profondissimo e molto sincero, di coinvolgimento e di condivisione della sofferenza delle vittime ma anche di tutto ciò che questo ha significato, non solo per le vittime ma anche per la comunità ecclesiale. E questo atteggiamento penitenziale sincero davanti a Dio è – credo – una grande testimonianza cristiana che egli ci dà. C’è un ultimo aspetto, però, che egli ha voluto esprimere nella lettera e che mi sembra importante, ed è quello che per quanto sia giusto riconoscere la gravità della colpa – gravissima colpa – e il peso delle sue conseguenze anche su di noi, spiritualmente, non bisogna perdere la speranza. Egli, sentendosi di fronte al giudizio di Dio, imminente, al termine della sua vita, lui dice: “Ma, in questa situazione, io tuttavia, per quanto possa avere paura o timore di fronte al giudizio, sento la vicinanza di Gesù Cristo come amico, come fratello e sento che la grazia di Dio mi aiuterà a passare anche attraverso la porta della morte e ad incontrare il Signore”. Ecco: questo fatto che noi viviamo una situazione di grande umiliazione, di grande sofferenza della Chiesa insieme alle vittime e a partire da quello che è successo, non deve farci disperare. Dobbiamo continuare a guardar anche alla grazia del Signore, ad avere fiducia in lui.