Storie

di Roberto Signori

PAKISTAN - Violenze per blasfemia

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Un tribunale antiterrorismo (ATC) di Lahore ha emesso un verdetto sul caso dell’uccisione del cittadino srilankese Priyantha Kumara, ucciso da una folla a Sialkot nel dicembre 2021 con l’accusa di blasfemia

La Corte ha condannato a morte 6 persone, comminando inoltre l’ergastolo ad altri 9 uomini, mentre altre 72 persone sono condannate a due anni di reclusione. Inoltre un risarcimento complessivo di 600.000 rupie pakistane (circa 3.000 euro) è dovuto alla famiglia della vittima.

E’ l’epilogo di una vicenda che ha scioccato il paese: centinaia di manifestanti hanno ucciso Priyantha Kumara, cittadino dello Sri Lanka, dipendente della Rajco Industries a Sialkot e poi hanno bruciato il suo corpo sulla strada principale di fronte all’industria. L’uomo è stato brutalmente torturato a morte il 3 dicembre del 2021 perché accusato di blasfemia: aveva rimosso l’adesivo contenente la preghiera islamica dalla macchina di produzione dell’azienda. Priyantha Kumara, che non era a conoscenza del testo islamico sull’adesivo, stava monitorando il processo di pulizia per la visita di una delegazione internazionale all’industria di articoli sportivi.

Una denuncia (First Information Report) è stata depositato contro 900 lavoratori delle industrie Rajco e sono stati effettuati numerosi arresti. Il 12 marzo il tribunale antiterrorismo di Lahore ha incriminato 89 persone, 80 adulti e 9 minori. Nelle indagini sono stati inclusi video dai social media e dai telefoni cellulari di 55 persone accusate, oltre a media digitali, prove del DNA, testimoni oculari, prove forensi, per punire quanti hanno linciato Priyantha Kumara e bruciato i suoi resti.

Ashiknaz Khokhar, un attivista cattolico per i diritti umani in Punjab, accogliendo la decisione della Corte antiterrorismo, in un messaggio inviato all’Agenzia Fides, afferma: “L’incidente di Priyantha Kumara ha portato vergogna e cattiva fama al Pakistan. Molte persone vedono questa decisione del tribunale come una ventata di aria fresca per punire gli attacchi violenti della folla e sperano che questo sia un avvertimento per coloro che, in nome della religione, si fanno giustizia da soli”.

Khokhar aggiunge: “C’è anche la possibilità che questo verdetto venga impugnato davanti all’Alta corte. La violenza della folla solo sulla base di una presunta accusa o di un sospetto, non può essere tollerata o ammessa in uno stato di diritto e questo caso deve essere un esempio per il futuro”. “Lo stato deve vigilare sulla violenza all’interno della società e sull’odio interreligioso. Dovrebbero vigilare sui fondamentalisti responsabili di questo tipo di casi” conclude Ashiknaz Khokhar.

In un altro caso di blasfemia avvenuto alcune settimane fa, tre donne musulmane Aisha Nomani di 17 anni, Razia Hanfi di 21 anni e Umra Aman di 24, in servizio al seminario islamico Jamia Islamia Falahul Binaat, sono state arrestate la scorsa settimana per aver ucciso una donna musulmana di 21 anni Safoora Bibi, loro ex collega, dopo averla accusata di blasfemia.

La vittima è stata aggredita davanti al seminario islamico dopo che una studentessa di 13 anni, parente delle tre assassine, aveva raccontato che, in sogno, aveva visto la donna commettere la blasfemia e che, sempre in sogno, le era stato detto di ucciderla. Solo in base al sogno, la donna, una studiosa di rinomati studi islamici in Pakistan, è stata aggredita con bastoni e coltelli affilati e uccisa.

Sabir Michael, cattolico di Karachi impegnato per la difesa dei diritti umani, parlando a Fides, dichiara: “È un incidente molto triste, assurdo e tragico, e mostra come l’odio e l’intolleranza stiano aumentando nella nostra società. La situazione è disperata e non c’è rispetto per lo stato di diritto. Si uccide perfino per un sogno. Va detto che generalmente sono accuse infondate: in Pakistan i cittadini rispettano la religione e non commettono vilipendio contro nessuno dei Profeti, di nessuna religione. Condanniamo fermamente l’omicidio di una donna musulmana innocente e ci opponiamo all’abuso della legge sulla blasfemia”. “È responsabilità del governo - prosegue Michael - adottare misure solide per creare un clima di tolleranza e rispetto, soprattutto in materia religiosa, per la protezione delle persone accusate di blasfemia. Nessuno dovrebbe essere punito prima di un’indagine equa e di un giusto processo in tribunale”.

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29/04/2022
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