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di Roberto Signori

MYANMAR - Amnesty International: gravi violenze sui civili

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La violenza negli Stati birmani di Kayah e Kayin si è riaccesa dopo il golpe del febbraio 2021 ma si è intensificata dal dicembre scorso al marzo 2022: il risultato è l’uccisione di centinaia di civili e la presenza di 150.000 sfollati. Sono i civili a pagare il prezzo più elevato con continui omicidi, saccheggi e incendi che hanno tutte le caratteristiche della tattica di “punizione collettiva”. E’ quanto afferma il rapporto di Amnesty International “Pallottole piovute dal cielo: Crimini di guerra e sfollamento nell’Est del Myanmar” (“Bullets rained from the sky”: War crimes and displacement in eastern Myanmar), inchiesta condotta da Amnesty nei due Stati Kayin e Kayah, nell’area orientale birmana, al confine con la Thailandia.

“Tatmadaw”, l’esercito che risponde alla giunta militare, ha sottoposto i civili Karen e Karenni (presenti in quegli stati) a “punizioni collettive attraverso diffusi attacchi aerei e terrestri, detenzioni arbitrarie che spesso sfociano in torture o esecuzioni extragiudiziali e il sistematico saccheggio e incendio di villaggi”.

Oltre cento testimoni nella zona del confine hanno raccontato agli inviati di Amnesty storie terribili che hanno portato l’organizzazione a sostenere che Tatmadaw “ha commesso sistematicamente atrocità diffuse, come l’uccisione illegale, la detenzione arbitraria e lo sfollamento forzato di civili”. Tal operato è passibile dell’accusa di “crimini di guerra e probabili crimini contro l’umanità” per via di continui omicidi, saccheggi e incendi “che hanno tutte le caratteristiche della tattica di punizione collettiva tipica dell’esercito”, rileva il Rapporto.

Alcuni attacchi – si spiega - sembrano aver preso di mira direttamente i civili in quanto presunti sostenitori di gruppi armati o della rivolta post-golpe. In altri casi, l’esercito ha sparato indiscriminatamente in aree civili dove si trovavano anche obiettivi militari. Tali attacchi, secondo Amnesty, violano il diritto umanitario internazionale e costituiscono “crimini di guerra”. Se gli attacchi contro la popolazione civile devono essere “diffusi o sistematici” per costituire “crimini contro l’umanità” – prosegue il documento visionato da Fides - negli Stati di Kayin e Kayah, lo sono entrambi per crimini quali omicidio, tortura, trasferimento forzato e persecuzione su base etnica.

Nelle operazioni in corso, l’esercito del Myanmar ha ripetutamente sparato armi esplosive con effetti ad ampio raggio su aree civili popolate. Decine di testimoni hanno raccontato ad Amnesty International di bombardamenti durati giorni interi. L’organizzazione ha documentato 24 attacchi di artiglieria o mortai tra dicembre 2021 e marzo 2022 che hanno ucciso o ferito civili o che hanno causato la distruzione di case, scuole, strutture sanitarie, chiese e monasteri,

Secondo il Rapporto, i militari del Myanmar hanno effettuato detenzioni arbitrarie di civili sulla base della loro comunità o perché sospettati di sostenere le rivolte. Spesso i detenuti sono stati torturati, fatti sparire con la forza o giustiziati. Secondo i testimoni, i militari birmani hanno sparato ai civili, compresi quelli che cercavano di fuggire attraverso un fiume lungo il confine con la Thailandia. Inoltre, i soldati hanno sistematicamente saccheggiato e bruciato ampie sezioni di villaggi negli Stati di Kayin e Kayah

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03/06/2022
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