Politica
di Alexander Vaskries
Kirill, Putin e l’Ucraina
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Il metropolita Hilarion di Volokolamsk è stato dimesso dal patriarca Kirill dal suo ruolo di presidente del Dipartimento delle relazioni esterne. Hilarion in diverse occasioni si era espresso contro la guerra, ed aveva ricordato che “in America, in Ucraina e in Russia ci sono politici che credono che la guerra sia giusta”. Inoltre ha elencato i motivi per i quali si è detto “convinto che la guerra non sia un metodo per risolvere i problemi politici accumulati”. Durante una intervista televisiva ha pure evocato Rasputin, che aveva avvertito lo zar:“se la Russia fosse entrata in guerra, avrebbe minacciato l’intero Paese con conseguenze catastrofiche”, arrivando alla “perdita di parte delle terre russe, e anche della Russia in quanto tale”. Nell’ultima visita compiuta pochi giorni addietro in Ungheria da Presidente del dipartimento per le relazioni estere del Patriarcato, Hilarion ha incontrato il Cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest. Durante la conversazione è stata discussa un’ampia gamma di questioni che riguardano le relazioni fra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana. Nel momento in cui si è svolta la visita, l’Unione Europea aveva escluso dal suo pacchetto di sanzioni anti-russe il Patriarca Kirill, su pressione fortissima dell’Ungheria. E l’Ungheria -come sottolinea Gagliarducci-, in merito al conflitto, ha preso una posizione precisa: si farà tutto per aiutare i rifugiati, non si farà niente che possa, anche indirettamente, colpire il popolo ungherese. Che, tradotto, significa che non si inviano armi, non si da sostegno militare all’Ucraina, e si mantengono gli accordi commerciali in essere, per tenere basso il prezzo della benzina e delle altre derrate alimentari. Oltre a questo aspetto, non bisogna dimenticare che l’Ungheria era uno dei luoghi probabili del secondo incontro tra il Papa e il Patriarca Kirill. La visita a Budapest del Presidente del. Dipartimento delle relazioni estere del Patriarcato di Mosca, con molta probabilità ha avuto tra gli argomenti trattati anche il mandato esplorativo per favorire l’incontro tra le due autorità religiose al Festival delle fedi organizzato dal Kazakhstan. Un “faccia a faccia” necessario per potersi presentare al consesso delle autorità mondiali religiose -da parte dell’ortodossia russa-, con uno sguardo conciliante sia ad intra che ad extra. Il lavoro del Metropolita Hillarion, non certo semplice, ha cercato di “ricucire” le tensioni all’interno dell’Ortodossia fedele al Patriarcato di Mosca, causate non solo dalla guerra ma anche da dispute interne con la Chiesa di Costantinopoli, in cui si contende il “primato d’onore”, che storicamente spetta al Patriarca di Costantinopoli. Il 31 Maggio 2022, Hilarion aveva commentato il riconoscimento della Chiesa macedone da parte del Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli, in riferimento a quanto accaduto similmente in Ucraina: “La Chiesa macedone nello stato in cui esisteva prima del 1967, cioè nello stato di ampia autonomia all’interno della Chiesa ortodossa serba, è ora riconosciuta dalla Chiesa serba. Gli ulteriori negoziati sul suo futuro, inclusa la sua eventuale autocefalia, si svolgeranno tra la Chiesa ortodossa serba e quella macedone. Questa è la differenza fondamentale tra la situazione degli scismatici ucraini e la situazione della Chiesa ortodossa macedone”. Insomma una infinità di precisazioni per affermare l’autorità del Patriarcato Russo su quella di Costantinopoli. Hilarion, sul fronte “Ucraino”, ha dovuto fronteggiare in questo tempo di guerra le lamentele della Chiesa Ortodossa Ucraina, che fa capo al metropolita Onufry, il quale ha prima aspramente criticato il sostegno del Patriarcato di Mosca alla “operazione militare speciale in Ucraina”, e ora, la scorsa settimana, è arrivata a dichiarare “la propria piena indipendenza e autonomia”, separandosi dal Patriarcato di Mosca, in una risoluzione che sottolinea che i membri della Chiesa Ortodossa Ucraina legata al patriarcato di Mosca non sono “d’accordo con la posizione del Patriarca Kirill di Mosca e di tutte le Russie sulla guerra in Ucraina. Hilarion ha parlato di “difficoltà temporanee”, e ha detto di confidare in una “soluzione pan-ortodossa o inter-ortodossa che permetterà di guarire le ferite inferte al corpo dell’ortodossia mondiale e ripristinerà la piena comunione”. Insomma un terreno non facile da gestire!
Andando ancora più indietro, nel 1992 (siamo qualche anno dopo il crollo del Muro di Berlino e della dissoluzione dell’URSS), si era formata la Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev, con un seguito di alcuni milioni di fedeli, non riconosciuta dalle altre chiese ortodosse. Inoltre nel 1990, dopo l’incontro con Giovanni Paolo II, Gorbačev “legalizzò” la Chiesa greco-cattolica ucraina, che poté uscire dalla clandestinità cui era stata costretta da Stalin nel 1946. La convivenza delle tre comunità negli anni Novanta fu caratterizzata da tensioni ed episodi di violenza, che si riverberarono sullo stesso dialogo teologico cattolico-ortodosso, con una lunga battuta d’arresto fino al 2006.
Dopo l’annessione russa della Crimea e le recriminazioni dei cittadini del Donbass nel 2014, la spinta politica a creare una Chiesa ucraina autocefala “canonica” crebbe considerevolmente. La metropolia di Kiev, culla storica della Chiesa ortodossa russa, dipendeva canonicamente dal patriarca di Costantinopoli fino alla fine del XVII secolo, quando la situazione politica ne provocò il passaggio al patriarcato di Mosca (eretto nel 1589). Nel 2018, il patriarca ecumenico Bartolomeo ritenne di revocare il tomos patriarcale del 1686 che concedeva al patriarca di Mosca il privilegio di consacrare il metropolita di Kiev. I fedeli fino ad allora ritenuti scismatici della Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev e della minoritaria Chiesa ortodossa autocefala ucraina furono accolti nella comunione con Costantinopoli e in un concilio, alla presenza di due esarchi nominati dal patriarca ecumenico, costituirono la Chiesa ortodossa d’Ucraina (15 dicembre 2018). A questa Chiesa, nel gennaio 2019, Bartolomeo concesse l’autocefalia. L’evento fu salutato dall’allora presidente ucraino Petro Poroshenko, che l’aveva fortemente voluto, come un nuovo “battesimo della Rus’”, e la nascita di “una Chiesa senza Putin, ma una Chiesa con Dio e con l’Ucraina”. Il Patriarcato di Mosca reagì rompendo la comunione eucaristica con Costantinopoli e con le Chiese che successivamente riconobbero la Chiesa ortodossa d’Ucraina (la Chiesa greca, il Patriarcato di Alessandria e la Chiesa di Cipro). In questo lasso temporale il metropolita Hilarion ricevette nel Febbraio del 2022 (quindi pochi giorni prima dello scoppio delle ostilità in Ucraina), dal Presidente Putin un’alta onorificenza statale. Il Metropolita nel discorso di ringraziamento disse: “il nostro Dipartimento è talvolta chiamato Ministero degli Affari Esteri della Chiesa, il che non è esatto, poiché ci occupiamo non solo di affari esteri, ma anche di relazioni interreligiose nella nostra Patria. E negli ultimi anni ci sentiamo sempre di più una sorta di dipartimento di difesa, perché dobbiamo difendere le sacre frontiere della nostra Chiesa. La Chiesa russa si è formata nel corso di più di dieci secoli e l’abbiamo ereditata entro i confini in cui è stata creata. Non l’abbiamo creata noi, e non possiamo distruggerla. Per cui continueremo a resistere alle sfide esterne che dobbiamo affrontare oggi”. Ecco il motivo principale: “difendere le sacre frontiere della nostra Chiesa”, cioè riportare il Patriarcato di Kiev nella comunione ortodossa con Mosca!
Per il momento in Ucraina esistono due scismi, uno dei quali è stato “legalizzato” dal Patriarca Bartolomeo, come costatò il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, sottolineando che: “Costantinopoli ha creato un tale subbuglio in Ucraina che gli stessi ucraini provano difficoltà a capire cosa sta succedendo”. Questa storica decisione ha avuto molteplici implicazioni nei rapporti tra le chiese ortodosse; geopolitiche, perché diminuisce significativamente lo status religioso di Mosca e taglia o almeno indebolisce un legame culturale tra Russia e Ucraina e complica i rapporti tra le Chiese e le società civili. Dunque, l’operazione militare speciale della Russia, ha agito come detonatore in una situazione complessa attraversata da tensioni irrisolte. Le reazioni delle Chiese le hanno rese manifeste. Non sorprendono i toni del primate della Chiesa ortodossa d’Ucraina, metropolita Epifanij: “un cinico attacco. Nostro comune compito è respingere il nemico, difendere la patria, il nostro futuro dalla tirannia dell’aggressore”, o dell’Arcivescovo maggiore della Chiesa greco cattolica ucraina, Svjatoslav Sevchuk: “il nemico fraudolento ha invaso il suolo ucraino, portando con sé morte e devastazione. E’ sacro dovere di ciascuno difendere la patria. La vittoria dell’Ucraina sarà la vittoria della potenza di Dio sulla bassezza e l’insolenza dell’uomo”.
Sul fronte del dialogo con la Chiesa Cattolica, nel primo incontro avvenuto tra il Metropolita Hillarion e Papa Francesco, sottolineò “che nel mondo diviso non si può sottovalutare il ruolo pacificatore e umanitario delle Chiese, e che il campo della cultura, con la sua lingua universale, gode di una enorme potenzialità per la comune testimonianza delle Chiese sui valori universali di pace, di amore, di misericordia e perdono”. E ancora: “negli ultimi anni i rapporti con la Chiesa cattolica sono sostanzialmente migliorati. Le relazioni che intratteniamo con il Vaticano, con le conferenze episcopali di vari Paesi, con organizzazioni e comunità cattoliche, monasteri, istituti teologici, non fanno che aumentare. Si è ormai stabilito uno scambio regolare di studenti e docenti, si realizzano progetti comuni, conferenze, pubblicazioni, cooperazione sul piano culturale”
L’impegno apostolico e il cammino verso l’unità, ha avuto negli anni anche diversi momenti visibili e oserei dire storici, tra cui l’incontro tra Papa Francesco e Kirill a Cuba. Era l’inizio di un nuovo tratto relazionale molto significativo atteso da tempo e desiderato con fervore da San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Le posizioni diverse tra i due leader religiosi (Kirill-Francesco), sui temi che riguardano la fede e la partecipazione dei credenti alla vita politica e il ruolo della Chiesa, hanno subito accelerazioni, ma anche significativi punti di distanziamento che sono diventati quasi insormontabili con lo scoppio della guerra in Ucraina. Hilarion, si è trovato in una posizione delicata: da un lato la fedeltà al Patriarca, dall’altro la voce della sua coscienza che ha cercato in un contesto nebuloso, di fare sintesi per raggiungere una visione aderente al Vangelo e dare risposte concrete alle domande sempre più impellenti delle Chiese, ma soprattutto alla richiesta di Cristo: “mi ami tu più di costoro?”. A volte le dinamiche ecclesiastiche legate alla politica interna, non coincidono con le esigenze del Vangelo. Hilarion ha tentato di percorrere un sentiero per costruire ponti di pace e di riconciliazione. Questa è l’ererdità che lascia il Metropolita di Volokolamsk, di cui tutti dobbiamo fare tesoro.