Società
di Roberto Signori
PAKISTAN - Richiesto rilascio di un cristiano accusato di blasfemia
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“Chiediamo la liberazione di un cristiano pachistano, il 44enne Rehmat Masih, in carcere da cinque mesi. È innocente ed è falsamente accusato di aver dissacrato le pagine del Corano. Gli agenti di polizia devono svolgere il loro dovere in modo imparziale, senza farsi influenzare da convinzioni religiose. La legge sulla blasfemia ha creato una società in cui le persone, compresi i denuncianti e i loro sostenitori influenti, si credono autorizzate a farsi giustizia da sole, ignorando lo stato di diritto. Il caso di Rehmat Masih è un altro esempio di come la legge sulla blasfemia venga usata in modo improprio o per nuocere a qualcuno”: lo dice all’Agenzia Fides Joseph Jansen, presidente di “The Voice for Justice”, Ong che sta seguendo il caso di Rehmat Masih.
Joseph Jansen afferma: “In questo caso non ci sono prove a suo carico; l’uomo è stato percosso e torturato per estorcergli la confessione di un crimine che non ha commesso. Allo stesso tempo, la sua famiglia si sta per trasferire in una città più sicura, sotto il peso di stress e indigenza”.
Rehmat Masih è stato accusato di blasfemia il 3 gennaio 2022 per aver contaminato e profanato le pagine del Corano e dei libri islamici presso la casa editrice “Zam Zam Publishers” di Karachi in cui lavorava come addetto alle pulizie da circa vent’anni. La casa editrice è rinomata in tutto il mondo per la stampa di qualità, l’editoria, la distribuzione e l’esportazione di libri islamici dal 1992.
La vicenda è iniziata quando i funzionari di polizia della città hanno ricevuto un video che mostrava pagine del Corano in uno scarico di acque reflue delle fogne, il 25 dicembre 2021. Giunti in loco e rinvenendo quelle pagine, gli agenti di polizia hanno depositato un primo verbale di informazione (FIR) contro ignoti, ai sensi dell’articolo 295 comma B del Codice Penale del Pakistan, in cui si punisce l’atto di profanare il Corano.
Il 28 dicembre, quando Rehmat Masih è tornato al lavoro dopo le celebrazioni natalizie, la direzione dell’azienda gli ha chiesto informazioni sulle pagine del Corano trovate nella fogna. L’uomo ha detto di non esserne a conoscenza. La direzione dell’azienda ha affermato, mentendo, che Rehmat Masih aveva ammesso il suo crimine. Il 3 gennaio 2022, agenti di polizia hanno arrestato Rehmat Masih e lo hanno torturato per fargli ammettere la profanazione delle pagine del Corano.
Il 24 gennaio 2022 il giudice del Tribunale di Primo grado ha respinto la cauzione per Rehmat Masih e nella recente udienza del 31 maggio 2022 il giudice ha registrato una sua dichiarazione, in cui Rehmat Masih si dichiara “non colpevole” rispetto alle accuse mosse contro di lui.