Politica
di Giuseppe Udinov
Crisi di Governo, per 6 docenti su 10 Draghi deve andare via
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Ma come gli italiani non sono tutti con Draghi? La risposta è negativa e non era difficile scoprirlo nonostante le inesattezze dei media e dei poteri forti.
“Occorre spingere il rinnovo dei contratti collettivi, molti sono scaduti da molti anni. La contrattazione collettiva è essenziale. Dobbiamo garantire livelli salariali dignitosi alle fasce in sofferenza”. Così il presidente del Consiglio Mario Draghi al Senato, per riferire in vista della fiducia. Un tema, quello del rinnovo contrattuale, che come abbiamo più volta riferito, lega a doppio filo la tenuta del Governo con le questioni scolastiche. Il rinnovo del contratto scuola 2019-2021, infatti, dipende dalle cifre della prossima Legge di Bilancio e dunque i sindacati del comparto scuola sperano che il presidente del Consiglio resti al suo posto anche solo per garantire che la firma del contratto venga rispettata e vada in porto. Eppure, nonostante questa forte motivazione che dovrebbe indurre gli insegnanti a sperare che il Governo in carica prosegua per la sua strada, 6 docenti su 10 dicono no a Draghi, da quanto risulta nell’ultimo sondaggio della Tecnica della Scuola, cui hanno partecipato 1.500 lettori (dei quali 8 su 10 insegnanti). Perché il no a Draghi? Semplicemente e soprattutto perché gli insegnanti non vogliono più il ministro Patrizio Bianchi. Una bocciatura del Presidente del Consiglio che in realtà è una bocciatura del ministro dell’Istruzione.
Dalle posizioni emerse dal sondaggio, infatti, viene chiarito esplicitamente che il problema non è Draghi ma la riforma del reclutamento e della formazione docenti, che stravolge le regole del gioco senza portare granché in più nelle tasche degli insegnanti, i quali – occorre ricordarlo – a fronte di una preparazione universitaria di altissimo profilo, tra lauree, master, abilitazioni, corsi di specializzazione, restano tra le categorie remunerate peggio in Europa: il rapporto Eurydice ha rivelato a questo proposito che ai nostri insegnanti viene corrisposto un importo annuale medio pari ad 8.000 euro in meno rispetto ai colleghi europei. E dopo un servizio di quindici anni il gap arriva ad 11.000 euro.
E non se la passano certo meglio il personale ATA: assistenti e collaboratori scolastici sono tra i meno pagati della PA. Non a caso uno dei commenti espressi nel sondaggio è: gli Ata percepiscono uno stipendio da reddito di cittadinanza.