Storie
di Giuseppe Udinov
Brinton si arrampica sugli specchi
Abbonati agli albi cartacei de La Croce e all’archivio storico del quotidiano
Guai per Sam Brinton, drag queen non binaria nonché pupillo di Joe Biden nominato vice assistente segretario dell’Ufficio per lo smaltimento dei rifiuti al Dipartimento per l’energia Usa: il 34enne — noto non tanto per il ruolo istituzionale ricoperto quanto per i travestimenti fetish e l’altezza dei tacchi a spillo con cui solca i corridoi della Casa Bianca — è accusato di furto dopo essere stato sorpreso a impossessarsi di una valigia al ritiro bagagli dell’aeroporto di Minneapolis. Il furto, immortalato dalle telecamere di videosorveglianza, sarebbe stato commesso a settembre. Se ritenuto colpevole, potrebbe dover scontare una pena detentiva di cinque anni, una multa di diecimila dollari o entrambi. Intanto, in attesa dei dovuti accertamenti e dell’udienza (prevista per il prossimo 19 dicembre) Brinton è stato sospeso dal suo impiego al Dipartimento.
Nella denuncia datata 27 ottobre si legge che Brinton è stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza dell’aeroporto mentre prendeva possesso di «una valigia a rotelle rigida blu navy» da un nastro trasportatore. Lo stesso giorno la legittima proprietaria del bagaglio ne aveva denunciato la scomparsa, specificando il valore totale degli effetti personali contenuti nella borsa: circa 2.325 dollari.
Nel video, che non è stato diffuso pubblicamente, si vede Brinton «rimuovere l’etichetta della valigia blu e inserirla nella propria borsetta» «lasciando l’area a passo rapido». L’accusato arrivava da Washington DC, dove attualmente vive, ma non aveva registrato alcun bagaglio da stiva al momento dell’imbarco. Non avrebbe quindi dovuto trovarsi di fronte al nastro trasportatore, perché non vi era alcuna valigia da prelevare.
Dopo una breve indagine le forze dell’ordine sono risalite alla drag queen, che ha inizialmente negato di avere sottratto il bagaglio, fornendo una giustificazione piuttosto contorta. «Se ho preso la borsa sbagliata, sono felice di restituirla, ma quelli non sono i vestiti di un’altra persona», ha detto Brinton alla polizia, secondo la denuncia. «Quando ho aperto la valigia ho trovato i miei vestiti». L’accusato ha infine ritrattato e ha chiamato la polizia aeroportuale ammettendo di non essere stato «del tutto onesto» accettando di rivedere le proprie dichiarazioni ufficiali e spiegando che l’errore era dovuto alla stanchezza: «Ero sovrapensiero e ho preso la valigia pensando che fosse la mia».
Solo dopo aver aperto la borsa Brinton si sarebbe reso conto che non era la sua, innervosendosi all’idea che qualcuno lo avrebbe accusato di aver rubato la borsa. «Non sapevo cosa fare». Anche qui una dichiarazione che suona più come un’arrampicata di specchi: un errore capita a tutti, Brinton avrebbe potuto semplicemente restituire il bagaglio sottratto scusandosi con la legittima proprietaria. Perché ha preferito fingere che fosse sua?
Nel frattempo, dei vestiti contenuti nella valigia non se ne è più saputo nulla: l’accusato sostiene di averli riposti in un cassetto dell’hotel in cui alloggiava, ma nessun capo di abbigliamento è mai stato ritrovato nella stanza: inoltre, al giorno della deposizione della denuncia, in ottobre, Brinton non aveva ancora restituito la valigia. Strane coincidenze per un semplice «errore dovuto alla stanchezza».