Storie
di Roberto Signori
Torture e violenze nelle carceri iraniane
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In Iran la tensione cresce e le proteste continuano a finire nel sangue. Le ultime testimonianze parlano di atrocità, torture, violenze e stupri avvenute nelle carceri ai danni dei manifestanti che protestano in piazza da settembre dopo l’assassinio della 22enne Mahsa Amini, morta mentre era in custodia della polizia morale. Intanto un altro 23enne è stato ucciso dalla polizia, si chiamava Hamed Salahshoor, e faceva il tassista. Il suo corpo mostrava segni scioccanti di tortura, dopo essere stato riesumato dalla famiglia, che ne ha dato notizia. È stato arrestato vicino a Izeh il 26 novembre, come hanno riferito i suoi famigliari all’edizione farsi della Bbc. Quattro giorni dopo, hanno fatto sapere i parenti, le forze di sicurezza hanno detto a suo padre che Hamed era morto e gli hanno fatto dichiarare che aveva avuto un infarto. Ma il suo corpo mostrava i segni di gravi ferite alla testa e pesanti interventi chirurgici. “La sua faccia era fracassata. Il suo naso, la mascella e il mento erano rotti. Il suo busto dal collo all’ombelico e sopra i suoi reni era stato ricucito“, hanno raccontato alcuni parenti della vittima.
Un rapporto di Amnesty International del 2020 e la ong Iran Human Rights Monitor confermano: “L’uso sistematico degli stupri nelle carceri non è una novità. Avvengono sia sulle donne che sugli uomini, senza differenza”. Un uso che pone sulle vittime ricattate dal regime lo stigma sociale. Ali prosegue: “Ci torturavano, sentivamo urlare gli altri dalle celle vicine. Li stupravano. Ci hanno privato della dignità”.