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di Raffaele Dicembrino
I monti e la croce
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In un libro presentato a Roma la storia religiosa e sociale dei crocifissi collocati sulle cime più alte degli Appennini. L’autrice del libro, Ines Millesimi: al di là della fede personale, si tratta di segni che simboleggiano il senso di sacralità che si percepisce in questi luoghi così particolari
Il volume “Croci di vetta in Appennino”, edito da Ciampi e presentato all’Università Lumsa di Roma, nasce all’interno di un dottorato di ricerca dell’Università della Tuscia e fotografa un aspetto particolare, quello delle croci installate sulle vette più alte degli Appennini. Il lavoro sviluppato da Ines Millesimi è il primo nel suo genere e propone la catalogazione di tutte le croci sopra i duemila metri di altezza, definito uno “spazio geografico estremamente complesso”. “Abbiamo percorso queste vette e verificato che su 261 cime ben 68 sono attraversate dalla presenza di questo simbolo antropico”, spiega l’autrice del volume. “Nessuno - osserva - conosce la storia di queste croci e la complessità di questi ambienti. Il libro approfondisce anche il significato religioso della croce”. Le croci, prosegue Ines Millesimi, “sono state poste dalle comunità. Alcune infatti hanno lo scopo simbolico di proteggere il paese a valle, devono essere monumentali per essere percepite dal basso”. Un altro aspetto è invece quello delle “croci anonime”, messe per ricordare ad esempio un proprio caro disperso in montagna o per altri motivi. Questo caso, spiega l’autrice, “è un po’ problematico” perchè l’installazione fatta privatamente potrebbe portare a “immaginare una serie di vette coperta da una selva di croci. Alcune non sono belle e vanno a creare una sorta di inquinamento visivo dal punto di vista della percezione del paesaggio”. In effetti, si sottolinea, lo studio contenuto nel libro ha anche un approccio problematico e l’autrice si domanda se e quanto vi sia “bisogno di intervenire continuamente sulla natura” con segni legati a momenti personali della vita di una persona. Il volume si presenta arricchito da molte pagine e illustrazioni e tuttavia, precisa la Millesimi, non si rivolge a un pubblico di studiosi: “In primo luogo mi sono posta il problema, da amante della montagna, se chi non è mai salito in vetta possa avere in un solo libro la possibilità di percepire il paesaggio. Il libro è pertanto rivolto anche a chi non è mai salito in vetta e attraverso questo volume c’è la possibilità di vedere cosa l’uomo abbia portato a duemila metri”. Tante delle croci fissate in vetta agli Appennini, riferisce, “sono molto semplici, spingono verso una dimensione intima e religiosa del sacro, che a mio giudizio può essere vista in senso ampio, non direttamente legata a una misura confessionale. Il libro - conclude l’autrice - si rivolge a chi si pone il problema di una presenza spirituale e metafisica sacra del sentire all’interno della natura. Se crediamo che la natura vada protetta, questo libro lo aiuta”.