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di Nathan Algren

Libano - Deputati cristiani ed impasse presidenziale

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Sbloccare l’impasse in cui è piombata l’elezione presidenziale. Questo è l’obiettivo del patriarca maronita, che ha invitato tutti i deputati cristiani a un momento di “ritiro spirituale” durante la Settimana Santa. Di contro, le aspettative politiche sollevate da un tale incontro sono modeste, almeno questa è l’opinione diffusa negli ambienti del Vaticano e dell’opinione pubblica.

Dopo alcune settimane di contatti fra le parti, il patriarca maronita ha infine trovato il modo migliore per riunire i 64 deputati cristiani sotto la propria egida: convocandoli per un “ritiro spirituale” di alcune ore. Egli lo ha annunciato in occasione della festa di san Giuseppe, la domenica passata. Il “ritiro” si svolgerà nell’ostello per pellegrini a Bethania (Harissa), il prossimo 5 aprile, nel piano della Settimana Santa.

Nell’omelia della messa di san Giuseppe, il card. Beshara Raï si è riferito esplicitamente all’elezione presidenziale oggi in stallo, invocando un “dialogo onesto e imparziale” e un “ascolto reciproco, un attento discernimento della decisione da prendere, senza che venga imposta a forza una opinione di parte e senza calcoli nascosti o doppi fini”.

Andando oltre l’elemento religioso di cui appare ammantato l’incontro, il suo obiettivo politico appare subito lampante: sbloccare l’elezione presidenziale. Il capo della Chiesa maronita ha fatto obbligo morale di una risposta positiva alla propria iniziativa, non fosse altro per sbarrare la strada a ogni possibilità di respingere l’invito subito dopo aver ricevuto un rifiuto da parte delle Forze libanesi di avviare un dialogo intra-maronita a Bkerké.

E lo stratagemma sembra essere riuscito perché le Forze libanesi, il cui capo Samir Geagea ha sinora rifiutato ogni incontro con Gebral Bassil accusandolo di aver tradito la fiducia del partito, hanno confermato la presenza dei propri deputati all’incontro di Harissa, insieme al capo del Movimento patriottico libero. Da parte sua, il genero dell’ex presidente Michel Aoun, ha accolto l’iniziativa senza esitazione. Stessa risposta positiva del Kataëb e del blocco del Rinnovamento di Michel Mouawad. I deputati cristiani della protesta sono stati lasciati liberi di accogliere o declinare l’invito. Tuttavia, una di loro, Najat Saliba, ha già dichiarato che non si presterà “a questi giochini di un’altra epoca”.

Di contro, l’iniziativa del patriarca maronita solleva più di una preoccupazione dalle parti di Hezbollah. La formazione sciita si ostina, insieme al movimento Amal, a voler far eleggere il suo candidato, Sleiman Frangié, sebbene questa nomima si scontra con i veti dei due grandi blocchi cristiani alla Camera: le Forze libanesi e il Movimento patriottico libero, nonché l’ostilità del “grande elettore” sunnita sulla scena libanese: l’Arabia Saudita.

Parlando a nome della formazione filo-iraniana, lo sceicco Ahmad Kabalan ha ricordato che Hezbollah è favorevole a “un compromesso nazionale” a condizione che possa passare “attraverso il Parlamento”. Il partito di Dio fa l’impossibile - senza successo per il momento - per riunire intorno al suo candidato i 65 voti che ne assicurerebbero l’elezione al secondo turno di votazione. Su questo punto può contare su un argomento di peso: il voto della comunità sciita, senza il cui sostegno ogni candidato presidente sarebbe considerato non consensuale.

D’altro canto, in nome dello stesso principio di mutuo consenso, il Psp (socialisti progressisti) del leader druso Walid Joumblatt ha già detto di voler votare solo per un presidente eletto al primo turno, con una maggioranza dei due terzi (pari a 86 deputati). In altre parole, un candidato non certo imposto con la forza alle due grandi formazioni cristiane che possa beneficiare, almeno, del sostegno di una di esse. L’iniziativa patriarcale aprirà la strada di Baabda a un candidato consensuale? “È troppo sperare” assicura un ex deputato maronita, ricordando che il patriarca Raï, dopo essersi dimostrato neutrale nei confronti delle candidature di Sleiman Frangié e Michel Mouawad, è alla ricerca di “una terza via”.

Anche le dinamiche regionali vanno in questa direzione, dopo l’accordo raggiunto una decina di giorni fa, per il ripristino delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita. Un evento che, agli occhi di alcuni osservatori, sarebbe in grado di facilitare un consenso politico intorno al futuro capo dello Stato.

Ma a causa delle profonde divisioni tra i due grandi campi politici, le aspettative sollevate da un tale incontro devono rimanere moderate. “Una crisi così grave come quella del Libano - afferma dietro anonimato una fonte diplomatica vicina al Vaticano - non sarà risolta con un incontro di carattere spirituale”. Lo stesso scetticismo relativo è espresso da un vescovo maronita, che si dice “preoccupato” per la complessa logistica della riunione del 5 aprile, e teme che un suo fallimento e la defezione di alcuni deputati ortodossi possa riflettersi in modo negativo “sull’autorità morale del patriarca”.

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23/03/2023
0306/2023
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